Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-04-2011) 14-07-2011, n. 27771 Stupefacenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il P.M. presso il Tribunale di Napoli emetteva in data 27-9-2010 decreto di sequestro probatorio di sostanze stupefacenti, attrezzature informatiche, contabilità fiscale nei confronti di C.F. – titolare della ditta Tessier Ashpool con sede in Milano -, indagato per il reato D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73.

Il procedimento aveva tratto origine da accertamenti compiuti a seguito della segnalazione del malore accusato in data 12-7-2010 da un giovane di Napoli dopo l’assunzione del cannabinoide sintetico JWH- 018 contenuto in una sigaretta preparata con tabacco ed una miscela di erbe presente in un deodorante denominato "spice artic synergy", prodotto quest’ultimo acquistato presso l’esercizio commerciale "Legalized" sito in (OMISSIS). Nel corso della perquisizione presso detto esercizio venivano sequestrate anche 3 bustine di un prodotto denominato "Bonzai" che, dalle analisi compiute presso il Laboratorio Chimico dell’Agenzia delle Dogane, risultava essere costituito da "un mix di piante e fiori con gradevole odore sul quale era stata fatta assorbire una soluzione di 6 – dimetilanino – 5 – metil – 4,4 – difenil – 3 – esanone (denominazione comune JWH-018) contenente un principio attivo compreso nella tabella I D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 13-14".

Le indagini conducevano, quindi, ad individuare la ditta Tessier Ashpool quale fornitrice delle sostanze anzidette che venivano rinvenute occultate al di sotto del pavimento galleggiante degli uffici posti al primo piano ed in parte in una cella frigorifera situata al piano terra. Nell’occasione venivano sequestrate le sostanze, materiale informatico e tutta la documentazione fiscale riferita agli anni 2006/2010.

Gli accertamenti compiuti consentivano appunto di qualificare le sostanze come appartenenti alla classe dei cannabinoidi sintetici.

2. Proposta impugnazione ai sensi degli artt. 257 e 324 cod. proc. pen., il Tribunale del Riesame di Napoli respingeva l’istanza.

Rappresentava che risultava infondata l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall’indagato, ritenendo competente invece il Tribunale di Milano. Difatti, in mancanza di precisa prova circa il luogo di consumazione del reato (il contratto di fornitura dei prodotti tra la ditta Tessier Ashpool e l’esercizio Legalized di Napoli poteva essere intervenuto anche solo telefonicamente), doveva applicarsi il criterio residuale di competenza ex art. 9 c.p.p., comma 3, con riferimento all’ufficio del P.M. che aveva per primo provveduto ad iscrivere la notizia di reato nel registro.

Nel merito del riesame, osservava il Tribunale che correttamente era stato eseguito il sequestro delle sostanze vietate e degli altri strumenti e documentazione necessari per la ricostruzione dei canali di approvvigionamento e di distribuzione delle sostanze stupefacenti, sempre al fine del completo accertamento del reato ipotizzato di violazione della legge in materia di stupefacenti.

3. C.F. proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen.. a) Eccepiva la violazione dell’art. 25 Cost., comma 2 e dell’art. 2 c.p., comma 1. Al riguardo, osservava che, in verità, l’episodio del malore accusato dal giovane di Napoli era avvenuto in data 14-4-2010 e non, come affermato dal Tribunale del Riesame in data 12-7-2010; ne conseguiva che all’epoca del fatto non era ancora entrato in vigore il D.M. 16 giugno 2010 (pubblicato sulla G.U. del 25-6-2010 n. 146) che aveva aggiornato le tabelle contenenti l’indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 13 e 14, con l’inserimento delle sostanze denominate JWH-018, JWH-073 e Mefedrone. Parimenti, la vendita del prodotto Bonzai, di cui alla fattura del 28-6-2010 della ditta Tessier Ashpool, era appunto avvenuta prima dell’entrata in vigore del citato D.M. del Ministero della Salute (in vigore dal 10-7-2010). b) Ribadiva la fondatezza dell’eccezione di incompetenza del Tribunale di Napoli, atteso che, in mancanza di precisi elementi attestanti il luogo di perpetrazione del reato, doveva applicarsi il criterio suppletivo della residenza dell’imputato e cioè Milano e non quello assolutamente residuale indicato nell’art. 9 c.p.p., comma 3. c) Rilevava che le vantazioni effettuate dai tecnici del Laboratorio Chimico dell’Agenzia delle Dogane di Napoli sul contenuto del principio attivo presente nel prodotto "Bonzai" risultavano errate.

Invero, si era sostenuto che in detto prodotto era presente il principio denominato "6 – dimetilamino – 5 – metil – 4,4 – difenil – 3 – esanone" qualificato come principio attivo della sostanza cannabinoide sintetica JWH-018; per contro, la denominazione chimica di detto cannabinoide era diversa dovendosi individuare nella seguente "(naftalen-1-il) (1-pentil-1H- indol-3-il) anche denominato metanone". Ne conseguiva che, comunque, nessuna sostanza stupefacente era presente nei prodotti sequestrati. Chiedeva l’annullamento della decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso deve essere respinto perchè infondato.

Si osserva che il ricorrente ha posto in esame delle questioni corrette che, peraltro, potranno avere influenza solo in sede di giudizio di cognizione in ordine all’accertamento della responsabilità dell’imputato nei cui confronti si procede. Al riguardo, si fa riferimento al principio da evidenziarsi, secondo cui la nozione di stupefacente ha natura legale nel senso che sono soggette alla normativa che ne vieta la circolazione solo le sostanze indicate nelle tabelle allegate al T.U. sugli stupefacenti; ne consegue che, in mancanza di una definizione farmacologica generalmente individuante e recepita legalmente ed in mancanza dell’inclusione della presunta droga nel catalogo, questa rimane esclusa dall’applicazione della vigente normativa in materia di stupefacenti, (v. così, Cass. n 34072/2003; Cass. n 20907/2005).

Sotto altro profilo, va detto che la definizione legislativa di sostanza stupefacente configura una qualificazione proveniente da fonte sub primaria integratrice il disposto penale; per cui, a tale fonte integrativa vanno applicati i principi di cui all’art. 2 cod. pen., ed in specie quello di non retroattività della legge penale sostanziale. Ne discende che l’utilizzazione di una sostanza contenente principi stupefacenti, ma non inserita nella tabella, non costituisce reato prima del suo formale inserimento nel catalogo.

2. Tuttavia, sotto l’aspetto del sequestro probatorio operato, secondo il disposto ex art. 253 e segg. cod. proc. pen., deve dirsi che il procedimento seguito risulta corretto.

Innanzitutto, il P.M. ha adeguatamente applicato la normativa in tema di competenza territoriale (v. artt. 8-9 ed anche art. 54 quater cod. proc. pen.), che stabilisce,in base al consolidato orientamento della Corte di Cassazione, che l’individuazione di un ufficio del P.M. competente a procedere, diverso da quello requirente, non spiega alcuna incidenza sull’efficacia delle misure cautelari in corso di applicazione, la quale viene meno solo in caso di dichiarata incompetenza del Giudice che le abbia disposte, (v. Cass. n. 29343/2009; Cass. n. 49419/2009).

Per quanto concerne la sostanza stupefacente sequestrata come corpo di reato in relazione al contestato reato di detenzione di stupefacenti, essa non è sicuramente restituibile all’interessato, in considerazione della confisca obbligatoria ex art. 240, comma 2, lett. 2, alla quale dovrà essere, comunque, sottoposta la droga.

In ordine agli altri oggetti, attrezzature e documenti sequestrati, questi sono qualificabili sicuramente come cose pertinenti al reato (v. da ultimo. Cass. n. 2622/2011), in quanto strumentali all’accertamento dei fatti oggetto di indagine, anche al fine di accertare l’epoca in cui sono avvenuti i fatti (prima o dopo l’entrata in vigore del D.M. 16 giugno 2010): il che evidentemente avrà riflessi sull’esistenza o meno della fattispecie criminosa.

Pertanto, va mantenuto il sequestro dei beni in questione sino all’esaurimento della fase istruttoria.

3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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