T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 19-07-2011, n. 1937

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società ricorrente impugnava gli atti indicati in epigrafe con cui venivano bloccate le procedure per il rilascio del certificato di intervenuta bonifica e si imponevano ulteriori monitoraggi delle acque di falda, oltre ad un progetto di messa in sicurezza di emergenza da attivare qualora si fossero superati i limiti i presenza di sostanze inquinamenti all’esito degli ulteriori monitoraggi.

La I. S.C.R.L. è una società consortile creata per progettare e realizzare le opere di bonifica ambientale e di urbanizzazione primaria e secondaria per dare attuazione al programma integrato di intervento denominato " Garibaldi Repubblica ".

Il Piano integrato di intervento è stato dichiarato di pubblica utilità all’esito di un accordo di programma tra la Regione Lombardia e il Comune di Milano e sono poi iniziate le opere di bonifica a cura della società ricorrente che ha operato nell’unità U 1 divisa in due lotti.

Per il primo lotto denominato Corso Como la Provincia di Milano aveva rilasciato il certificato di avvenuta bonifica in data 1.9.2009, mentre per il secondo lotto gli scavi venivano completati in data 19.4.2010 e il 15.7.2010 veniva trasmessa la relazione di fine lavori con successiva richiesta del certificato di avvenuta bonifica, oltre alla richiesta al Comune di svincolo edilizio per poter iniziare i lavori.

L’ARPA comunicava di aver rilevato in uno dei quattro piezometri realizzati dalla società ricorrente per effettuare i monitoraggi il superamento del livello di Arsenico nell’acqua di falda; si trattava in particolare di un piezometro posto a valle del primo lotto per il quale come riferito in precedenza era stato ottenuto il certificato di bonifica in data 1.9.2009, ma a monte del secondo lotto e pertanto nessuna influenza potevano aver avuto i lavori effettuati successivamente.

Rilevava, invece, la società come dall’inizio del 2010 si fossero intensificati i lavori di scavo della costruenda linea 5 della metropolitana che si svolgevano anche a livello inferiore a quello di falda.

Da ciò derivava un ritardo ingiustificato nella concessione del certificato di avvenuta bonifica per il secondo lotto ed un rinvio della conferenza di servizi che il Comune aveva convocato per dare luogo allo svincolo edilizio e consentire l’inizio vero e proprio dei lavori di costruzione.

La società faceva effettuare nuovi monitoraggi per sbloccare la situazione che consentivano di verificare che il superamento delle soglie consentite di arsenico era avvenuto in un piezometro diverso dal precedente e posto a valle dei lavori effettuati per la metropolitana.

Il ricorso si fonda su quattro motivi.

Il primo censura la violazione degli artt. 240, 242 e 244 D.lgs. 152\2006 e dell’Allegato 3 parte quarta del medesimo decreto oltre all’eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, difetto di istruttoria e carenza di motivazione.

La messa insicurezza dei siti è richiesta dall’art. 242 citato all’autore della contaminazione che deve essere individuato dall’amministrazione all’esito delle opportune indagini come prevede il successivo art. 244.

La responsabilità della contaminazione deve essere accertata in concreto come richiesto anche da molteplici pronunce giurisprudenziali sul punto fin dall’epoca in cui si applicava l’art. 17 D.lgs. 22\97.

Nel caso di specie non è stato compiuto alcun specifico accertamento e l’onere del progetto di bonifica è stato accollato alla società consortile ricorrente con attribuzione per mera comodità visto che la stessa stava operando sul sito ed in spregio al principio comunitario " chi inquina paga ".

Non si può far discendere dall’onere di effettuare i monitoraggi per sorvegliare le acque durante i lavori di scavo, anche la responsabilità di un piano di messa in sicurezza quando oltretutto i lavori di scavo non hanno mai raggiunto la profondità delle acque di falda.

Il secondo motivo contesta gli stessi vizi del precedente sotto altro profilo.

Dai rilievi effettuati dalla società ricorrente risulta come la contaminazione delle acque di falda dovrebbe provenire dalle aree a monte e non vi è ragione per accollarle il progetto di messa in sicurezza quando oltretutto per le sue lavorazioni non ha mai utilizzato arsenico.

Il terzo motivo lamenta la violazione delle norme già indicate in precedenza oltre all’eccesso di potere per abnormità manifesta, carenza di motivazione e sviamento di potere.

Oltre ad aver individuato erroneamente nella società ricorrente la responsabile della contaminazione, i provvedimenti impugnati impongono un’attività di messa in sicurezza della cui necessità non sono stati accertati i presupposti circa il rischio di diffusione della contaminazione che determinano un emergenza da affrontare con un progetto di messa in sicurezza.

Nel caso di specie si tratta del rilevamento di un fenomeno peraltro decrescente di inquinamento diffuso.

Il quarto motivo eccepisce la violazione degli artt. 242 e 248 D.lgs. 152\2006 e le’ccesso di potere per sviamento e carenza di motivazione.

E’ illegittimo subordinare il rilascio del certificato di avvenuta bonifica e lo svincolo edilizio ad un’indagine più accurata delle acqua di falda.

Il certificato richiesto va rilasciato una volta attestata la conformità dell’intervento compiuto con il progetto autorizzato, inoltre una volta realizzati gli interventi programmati non è possibile mantenere un vincolo edilizio sulle aree interessate.

Si costituivano in giudizio sia il Comune che la Provincia di Milano chiedendo il rigetto del ricorso.

Peraltro la Provincia di Milano depositava il certificato di avvenuta bonifica anche per il lotto due del 29.12.2010 che faceva sì che quanto alla mancata concessione del certificato di avvenuta bonifica si fosse verificata la cessazione della materia del contendere.

Si costituiva altresì la società controinteressata chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o improcedibile poiché la società ha provveduto autonomamente ad effettuare i controlli richiesti mentre la necessità di un piano di messa in sicurezza e meramente eventuale e per essere stati impugnati atti endoprocedimentali e comunque infondato soprattutto in relazione al palese tentativo di attribuire alla società controinteressata la responsabilità del superamento delle soglie previste per l’arsenico.

Alla camera di consiglio del 17.1.2011 veniva respinta l’istanza cautelare per assenza di periculum, senza entrare in valutazioni circa la fondatezza del ricorso.

Nella memoria presentata per l’udienza di merito il Comune di Milano faceva presente che all’esito del certificato di avvenuta bonifica aveva ripreso piena efficacia la D.I.A. a suo tempo presentata dalle società interessate all’intervento che non sono comunque la società ricorrente che sotto questo profilo sarebbe carente di legittimazione attiva.

Il ricorso è divenuto improcedibile quanto alle censure relative al mancato rilascio del certificato di avvenuta bonifica e quanto al mancato svincolo edilizio poiché in corso di giudizio il certificato è stato rilasciato e perciò è venuto meno ogni ostacolo all’inizio dei lavori edilizi successivi all’intervenuta bonifica.

E’ parimenti improcedibile in relazione alla richiesta di effettuare i previsti monitoraggi poiché gli stessi sono stati comunque effettuati dalla società.

Rimangono da esaminare le censure inerenti la richiesta di effettuare un progetto di messa in sicurezza che si evince dal verbale della conferenza di servizi del 2.11.2010 che conservano una loro attualità poiché allo stato non risulta che la richiesta sia venuta meno per effetto degli atti intervenuti successivamente alla presentazione del ricorso.

Sotto tale profilo il ricorso può essere accolto in base alla considerazione che alla luce degli ultimi monitoraggi effettuati sarà necessario che gli organi competenti assumano nuove determinazioni sulla necessità di tale intervento, ma anche in virtù di quanto denunciato nel terzo motivo di ricorso e cioè che l’intervento di messa in sicurezza presuppone una condizione di emergenza.

Il fenomeno monitorato non mostrava la sussistenza del rischio di una diffusione immediata della contaminazione e quindi la necessità di un intervento urgente, ma presentava piuttosto le caratteristiche di un fenomeno endemico.

La soluzione ad una situazione come quella rilevata risulta essere un intervento organico di bonifica che abbia ricostruito le cause del fenomeno, che sia in grado di risalire a chi ha la responsabilità dell’inquinamento e che individui le misure opportune per eliminare l’inquinamento presente.

Tutto ciò non può essere ottenuto attraverso un intervento di messa in sicurezza e pertanto per quello che attiene la prescrizione in esame, il verbale del 2.11.201° deve essere annullato.

La particolarità della vicenda ed il suo esito giustificano una compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile e lo accoglie per il resto nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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