Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 06-04-2011) 14-07-2011, n. 27713

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- P.G., imputato ex art. 81 cpv cod. pen., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis, art. 80, comma 2 – per avere ceduto a più persone sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana e per avere detenuto notevoli quantità delle medesime sostanze, dalle quali avrebbero potuto ricavarsi più di diecimila dosi singole – propone ricorso, per il tramite del difensore, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, del 4 ottobre 2010, che ha confermato la sentenza del Gup del locale tribunale, del 15 marzo 2010, che lo ha riconosciuto colpevole del delitto contestato e, ritenuta la continuazione tra le condotte criminose contestate ed applicata la diminuente del rito, lo ha condannato alla pena di sei anni, quattro mesi di reclusione e 28.000,00 Euro di multa.

Deduce il ricorrente violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata con riguardo: a) al riconoscimento dell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2; b) alla ritenuta continuazione tra la detenzione e lo spaccio della sostanza stupefacente; c) al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

-2- Il ricorso è infondato.

La corte territoriale ha, invero, compiutamente esaminato le censure proposte dall’imputato con i motivi d’appello e le ha respinte, nel rispetto della normativa di riferimento e con argomentazioni condivisibili e coerenti sul piano logico, osservando:

a) Che ai fini della valutazione dell’ingente quantità, nei termini indicati dalla norma richiamata, il riferimento alla saturazione di una quota di mercato non poteva ritenersi coerente rispetto alla più recente giurisprudenza di questa Corte che lo ha da tempo ritenuto non utile ai fini della riconoscibilità dell’aggravante in questione.

Questa, invero, dalla giurisprudenza di legittimità si ritiene sussistente allorchè il quantitativo sia tale da rappresentare un pericolo per la salute pubblica ovvero per un numero molto elevato di tossicodipendenti, senza che rilevi la situazione del mercato e la sua saturazione. Elemento, quest’ultimo, ritenuto estraneo alla ratio della norma, oltre che difficilmente accertabile in vista della clandestinità di tale mercato.

Il principio, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte già con sentenza n. 17/2000, è stato in seguito ripetutamente ribadito (Cass. nn. 44518/03, 45427/03, 12186/04, 47891/04, 30075/06, 43372/07, 10384/08, 39205/08), di talchè oggi si ritiene, generalmente, che per la sussistenza dell’aggravante in questione occorre riferirsi: 1) all’oggettiva eccezionalità del quantitativo sotto il profilo ponderale; 2) al grave pericolo per la salute pubblica che lo smercio di un tale quantitativo comporta; 3) alla possibilità di soddisfare le richieste di numerosissimi consumatori per l’elevato numero di dosi ricavabili.

Tali parametri, peraltro, sono stati ancora di recente ribaditi, in opposizione ad altro indirizzo giurisprudenziale secondo il quale non potrebbero ritenersi "ingenti" i quantitativi che, presentando un valore di purezza medio, abbiano un peso inferiore ai due chilogrammi per le droghe pesanti (cocaina, eroina) ed ai cinquanta per le droghe leggere (marijuana, hashish).

In contrasto con tale indirizzo, invero, è stato condivisibilmente sostenuto, da un lato, che la concreta individuazione della quantità ingente non potrebbe che spettare al legislatore, non certo al giudice, dall’altro, che il criterio in questione non presenta i necessari caratteri di concretezza e certezza, al cospetto di una realtà articolata, dalla quale non è possibile rinvenire elementi di certezza sotto nessun profilo, compreso quello dell’individuazione dei valori "medi" di principio attivo, estremamente vari e dipendenti dai fattori più diversi ed imprevedibili (Cass. nn. 24571/10, 9927/11).

Sono, in definitiva, i parametri della quantità, del pericolo per la salute pubblica e del soddisfacimento di numerosissimi consumatori i parametri di riferimento per la verifica della sussistenza della richiamata aggravante; parametri ai quali si è correttamente riportata la corte territoriale, di guisa che la doglianza proposta deve ritenersi del tutto infondata. b) Che esattamente è stata ritenuta dal primo giudice la continuazione tra le condotte delittuose contestate all’imputato, non solo perchè le condotte di detenzione e cessione non si erano consumate nell’ambito di un unico contesto spazio-temporale, ma anche perchè plurime erano state le cessioni, a diversi soggetti, dello stupefacente.

Sul punto, il ricorrente si limita ad osservare, genericamente, che la detenzione della droga era avvenuta in un unico contesto, senza porre argomentazioni in contrario rispetto a quanto dedotto dalla corte territoriale.

Anche tale censura si presenta, quindi, infondata, ai limiti dell’inammissibilità in ragione della sua genericità. c) Che la gravità delle condotte delittuose contestate non induceva a particolare indulgenza, anche in vista dell’assenza di elementi positivi idonei a giustificarla, non essendo a tal fine sufficiente, di per sè sola, la semplice mancanza di precedenti penali. Mentre, all’"ampia confessione" segnalata nel ricorso, giustamente non è stato attribuito particolare significato in termini di concreta resipiscenza, poichè l’imputato è stato sostanzialmente arrestato in flagranza di reato.

In definitiva, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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