T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 19-07-2011, n. 1934 Concessioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il presente gravame la ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe, con i quali la regione Lombardia ha respinto la richiesta di pagamento dei contributi relativi al ripianamento del disavanzo dei costi di esercizio del servizio di pubblico trasporto per gli anni 20002002, chiedendo, altresì, l’accertamento del succitato diritto e la condanna dell’amministrazione intimata alla corresponsione della relativa somma, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria.

A sostegno del proprio ricorso, la società deduce, sostanzialmente, la violazione del regolamento CE n. 1191/69, dell’art. 41 della Costituzione, degli artt. 5 e 6 della legge n. 151/81, l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria e di motivazione, sviamento, irragionevolezza e manifesta illogicità, contraddittorietà.

La ricorrente ha, altresì, formulato la richiesta di condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni.

Si è costituita la regione Lombardia, che ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità e l’irricevibilità del ricorso chiedendo, comunque, la reiezione del medesimo per infondatezza nel merito.

Si è costituito il comune di Como, che ha chiesto l’estromissione dal giudizio per carenza di legittimazione passiva, non essendo stata formulata alcuna istanza nei confronti dello stesso.

Successivamente la ricorrente e la regione Lombardia hanno presentato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 21 giugno 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il collegio dispone, innanzitutto, l’estromissione dal giudizio del comune di Como per carenza di legittimazione passiva, non essendo stata avanzata alcuna pretesa nei confronti del medesimo.

Devono, poi, scrutinarsi le numerose eccezioni sollevate dall’amministrazione regionale, in relazione alla assunta inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, per intervenuta acquiescenza, per carenza di legittimazione attiva, per mancanza della preventiva diffida, per mancata impugnazione di atto presupposto, per mancata produzione in giudizio dei documenti comprovanti il diritto fatto valere in giudizio, per prescrizione delle relative somme, oltre che sulla irricevibilità del ricorso per tardività.

Con riferimento all’asserita inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, il collegio è consapevole dell’orientamento altalenante della giurisprudenza sul punto.

Secondo una prima opinione, espressa ripetutamente dalla Suprema Corte di Cassazione ma seguita, a volte, anche dal Consiglio di Stato: "la domanda, avanzata da un’impresa concessionaria di servizi di trasporto pubblico regionale, di adeguamento dei contributi dovuti dall’ente territoriale, secondo il criterio dei costi effettivi sostenuti e non di quelli standardizzati o forfettari, in quanto fondata sulla richiesta di diretta applicazione del regolamento Ce n. 1191 del 1969, come modificato dal regolamento Ce n. 1893 del 1991, è assoggettata alla giurisdizione del g.o., non essendo ravvisabili, nel procedimento amministrativo di accertamento del quantum, momenti di valutazione comparativa degli interessi privati e pubblici in gioco ma esclusivamente l’applicazione di un parametro di natura normativa, di cui si contesta la corretta applicazione, ed essendo, conseguentemente, qualificabile come diritto soggettivo ad ottenere l’adempimento di un’obbligazione pecuniaria la posizione giuridica soggettiva astrattamente azionata. Ne consegue che, a tal riguardo, è irrilevante la riconduzione della controversia nella materia dei pubblici servizi, mancando l’esercizio di un potere autoritativo della p.a., né opera l’art. 244 d.lg. n. 163 del 2006 (codice degli appalti pubblici) che, in materia di revisione prezzi, attribuisce la giurisdizione al giudice amministrativo, essendo esclusa, per espressa previsione di cui all’art. 23 del medesimo d.lg., la prestazione di servizi di pubblico trasporto dall’ambito di applicazione del citato "codice degli appalti pubblici" (cfr., per tutte, Cass. Civ., S.U., 11 gennaio 2011, n. 1);

"Le controversie relative ai contributi di esercizio in favore delle imprese di trasporto locali in concessione rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, dovendo i medesimi essere qualificati come "corrispettivi", come tali sottratti (unitamente a "indennità" e "canoni") alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alla luce del criterio di riparto della giurisdizione stessa quale risultante, nella specifica materia dei pubblici servizi, dalla sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2004 n. 204" (Cons. Stato, sez. VI, 22 giugno 2007, n. 3466).

A tale opinione si contrappone la tesi per la quale: "Il diritto patrimoniale ai contributi di esercizio spettanti alle imprese che gestiscono i servizi di trasporto pubblico locale non nasce direttamente dalla legge, ma da una manifestazione di volontà dell’amministrazione regionale, espressa nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali. Pertanto, l’azione di accertamento del diritto al contributo di un certo ammontare spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo, perché avente ad oggetto non una tariffa relativa al rapporto fra gestore ed utente, ma un corrispettivo relativo al rapporto fra amministrazione e gestore, in relazione al quale la legge impone solo il rispetto di parametri di proporzionalità e di equilibrio finanziario delle gestioni (Cons. Stato, sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3335).

Nel senso che in tale fattispecie sussista la giurisdizione del giudice amministrativo si è espressa, tuttavia, anche una decisione della Cassazione civile a Sezioni Unite (16 maggio 2008, n. 12372), per la quale, in materia di contributi di esercizio a favore delle imprese di trasporti locali in concessione, sebbene tali contributi debbano essere qualificati come corrispettivi, costituendo prestazioni nei confronti di concessionari di pubblici servizi di trasporto, destinati ad indennizzarli di particolari costi sostenuti per la gestione, allorché la controversia attenga alla spettanza del contributo di esercizio, che sia ancora oggetto di valutazione della P.A. o che sia stato negato nell’esercizio di poteri discrezionali, la posizione giuridica del privato ha consistenza di interesse legittimo e, pertanto, la controversia esula dalla giurisdizione del giudice ordinario e spetta alla giurisdizione amministrativa.

Nella fattispecie in questione deve rilevarsi che la ricorrente ha proposto la domanda per l’accertamento del diritto a percepire contributi di esercizio del servizio gestito relativamente agli anni 2000 – 2002 in misura corrispondente ai disavanzi certificati dei relativi esercizi cumulativamente alla domanda di annullamento della nota prot. 0028937 del 17 luglio 2008, con la quale il dirigente della Direzione Infrastrutture e Mobilità della regione Lombardia ha rigettato la richiesta di contributi avanzata da SPT; tale oggetto rende evidente, a parere del collegio, la giurisdizione del giudice adito sulla materia controversa, appartenente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo proprio in virtù della commistione di posizioni di diritto e di interesse alla stessa sottese difficilmente differenziabili tra di loro, oltre che dell’indubbia permanenza di potestà autoritativa in capo all’amministrazione.

Riguardo alle restanti eccezioni il collegio, in adesione al principio di sinteticità previsto dall’art. 3 del c.p.a., osserva quanto segue:

Con riferimento all’assunta irricevibilità del ricorso per tardività in relazione all’emanazione del decreto di acconto dei contributi di esercizio in questione, all’eccezione di inammissibilità per acquiescenza, per mancanza della preventiva diffida, per mancata impugnazione di atto presupposto (decreto di acconto), per prescrizione e per la mancata produzione in giudizio dei documenti comprovanti il diritto fatto valere in giudizio, il collegio osserva che l’oggetto principale del giudizio consiste nella domanda di accertamento e di condanna al ripiano dei disavanzi di esercizio in relazione ai costi sopportati per l’effettuazione del servizio di pubblico trasporto – come risulta dalla documentazione contabile prodotta in giudizio dalla società ricorrente – domanda che, come comprovato dalla documentazione versata in atti, è stata preceduta da almeno due diffide nel 2006 e nel 2008 (cfr. la documentazione depositata in giudizio dalla ricorrente all’esito dell’ordinanza istruttoria n. 821/11).

Riguardo, invece, alla assunta inammissibilità per carenza di legittimazione attiva in relazione alla cessione dell’attività concernente l’esercizio del servizio di pubblico trasporto, deve osservarsi che tale cessione è avvenuta nell’anno 2003 per il successivo esercizio del servizio, mentre il presente giudizio ha per oggetto contributi relativi agli anni 20002002, senza dubbio di competenza della ricorrente perché relativi a costi dalla stessa sopportati.

Passando all’esame del merito del ricorso, il collegio si richiama alle sentenze del Consiglio di Stato, sez. V, del 29 agosto 2006, n. 5043 e del 27 luglio 2009 n. 4684 e sez. IV, del 9 marzo 2010 n. 1405, nonché alla decisione della Corte di Giustizia CE, sez. II, 7 maggio 2009, nella causa C504/2007, alle cui motivazioni aderisce integralmente.

Secondo tali pronunce, sinteticamente, il regime di erogazione di contributi di esercizio previsto dall’ordinamento interno in base alla l. n. 151 del 1981 e alle altre legislazioni del settore per il riconoscimento dei costi sostenuti dalle imprese di trasporto esercenti un’attività di pubblico servizio non esclude l’immediata applicazione in via integrativa della disciplina derivante dal Regolamento CE n. 1191/69 e volta all’integrale copertura dei costi d’impresa conseguenti all’assunzione degli obblighi di servizio (Cons. Stato, sez. V, 29 agosto 2006, n. 5043).

In considerazione della forza immediatamente dispositiva del succitato regolamento comunitario negli ordinamenti interni, così come successivamente sostituito dal Regolamento n. 1370/07, la società vanta una pretesa, avente la consistenza di diritto soggettivo, in relazione alla puntualità, immediatezza e diretta pertinenza con cui le norme comunitarie qui richiamate disegnano la tutela della sua posizione di impresa di trasporto esercente una attività di pubblico servizio, consistente nel diritto al ristoro effettivo dei costi sostenuti per l’adempimento agli obblighi di servizio pubblico a titolo di compensazione.

Al fine di contribuire al risanamento dei trasporti pubblici locali di competenza regionale è, dunque, intervenuta una sostanziale correzione al disegno iniziale mediante l’introduzione di un parametro di determinazione dei contributi, non più alla stregua dei costi medi sopportati dalle imprese esercenti il trasporto pubblico locale, ma tenendo conto dei disavanzi effettivamente verificatisi. Si è, quindi, passati da un sistema basato su costi e ricavi standardizzati ad un sistema basato su costi e ricavi effettivi, e quindi dichiarati negli stessi bilanci delle aziende di trasporto pubblico locale, pur restando nell’ambito del potere dell’amministrazione regionale la rideterminazione e riclassificazione dei bilanci, non essendo tenuta ad accettare e prendere atto passivamente delle risultanze formali dei bilanci delle imprese, ma potendo e dovendo verificarli, all’uopo decurtando il disavanzo da costi ritenuti non pertinenti od inerenti ad altre contabilità che avrebbero dovuto tenersi separate (Cons. Stato, sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3977).

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto, disponendosi, per l’effetto, l’annullamento dei provvedimenti impugnati nella parte in cui negano alla società ricorrente il diritto a percepire i contributi a titolo di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, in questa sede accertato, nonché la condanna della regione Lombardia alla corresponsione di tali contributi il cui ammontare dovrà essere determinato dall’Amministrazione, nel termine di giorni 90 dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione o, se anteriore, dalla notifica a cura di parte, sulla base dei dati certi ricavabili dalla contabilità dell’interessata, dai quali emerga la differenza fra i costi imputabili alla parte dell’attività dell’impresa interessata dall’obbligo di servizio pubblico e gli introiti corrispondenti, con interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo.

L’istanza risarcitoria non può, invece, allo stato, trovare accoglimento, in quanto solo all’esito della suddetta determinazione da parte dell’amministrazione potrà eventualmente emergere un danno residuo non coperto dalla stessa, che dovrà essere dedotto e dimostrato dalla società interessata.

Sussistono giusti motivi, in considerazione della peculiarità della fattispecie, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione quarta, disponendo preliminarmente l’estromissione dal giudizio del comune di Como e definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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