Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 01-04-2011) 14-07-2011, n. 27712 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. A.S. veniva tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Melfi per rispondere del reato di furto aggravato, ai sensi dell’art. 625 c.p., nn. 2 e 7, in quanto accusato, in concorso con altri soggetti, di essersi impossessato, al fine di trame profitto, di sacchi e buste contenenti castagne asportate dal castagneto appartenente a L.L. per caricarle su un’autovettura Mercedes appartenente a Al.Gi..

2. Il Tribunale di Melfi, con sentenza in data 1-10-2008, dichiarava A.S. colpevole per il reato ascritto e, concesse le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sull’aggravante contestata (esclusa quella di cui all’art. 625 c.p., n. 2), lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 104,00 di multa.

3. Proposta impugnazione, la Corte di Appello di Potenza confermava la sentenza di primo grado. Rilevava che la partecipazione degli imputati, compreso A.S., risultava da una serie di indizi gravi, precisi, concordanti desumibili dall’intervento in loco effettuato da militari dell’Arma dei Carabinieri e dalle testimonianze rese da L.L. (proprietaria del fondo) e da Al.Pi., dipendente della L..

In particolare, gli elementi probatori consistevano nei seguenti:

– la presenza sul posto degli imputati in coincidenza cronologica con la scoperta dell’azione delittuosa da parte del dipendente Al. con la richiesta di immediato intervento dei Carabinieri;

– l’utilizzazione, per raggiungere il castagneto, dell’autovettura Mercedes di proprietà della madre di Al.Gi., facente parte del gruppo degli imputati, ed in uso a quest’ultimo;

– il rinvenimento di quattro sacchi ancora vuoti all’interno del vano portabagagli dell’autovettura Mercedes, di tipo identico a quelli già riempiti di castagne;

– il possesso da parte di A.S. di un paio di guanti idonei a lavori agricoli ed utilizzati, verosimilmente, per la raccolta delle castagne;

– l’assenza da parte degli imputati di spiegazioni alternative circa la ragione della loro presenza in loco (un’area di collina destinata alla coltivazione di castagne, per di più recintata) e circa il possesso dei sacchi e dei guanti. Aggiungeva la Corte che il reato doveva ritenersi consumato e non soltanto tentato: difatti, al momento in cui erano sopraggiunti i Carabinieri, gli imputati si erano già impossessati del prodotto riempiendo i sacchi pur non avendo avuto il tempo di caricarli sull’autovettura. Doveva pure ritenersi sussistente l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede atteso che la vastità del fondo (circa 60 ha) non consentiva certamente alla proprietaria ed ai dipendenti una effettiva custodia diretta e continua delle piante.

4. Il prevenuto A.S. proponeva ricorso per cassazione.

Censurava la ricostruzione dei fatti, nel senso che non sussisteva alcuna testimonianza che aveva accertato la sicura presenza dell’imputato nel terreno appunto appartenente alla L.. Sul punto, ricorreva un indubbio travisamento del dato fattuale fornito dalla prova testimoniale.

Osservava che, comunque, il reato, se ritenuto sussistente, non poteva dirsi consumato ma piuttosto era configurabile il tentativo di esso.

Contestava pure l’impugnante la ricorrenza dell’aggravante ex art. 625 c.p., n. 7, tenuto conto che il fondo dove era stato perpetrato il delitto era recintato ed altresì vi era la sorveglianza da parte degli operai alle dipendenze della proprietaria.

Chiedeva l’annullamento della decisione impugnata.

Motivi della decisione

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile perchè manifestamente infondato e contenente delle mere valutazioni in fatto sulla vicenda in esame.

Come è noto, la verifica che la Corte di Cassazione è abilitata a compiere sulla completezza e correttezza della motivazione di una sentenza non può essere confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite da contrapporsi a quella fornita dal giudice di merito. Nè la Corte di legittimità può esprimere alcun giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, poichè esso è in principio riservato al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti sul piano logico con una esauriente analisi delle risultanze probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimità.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Potenza ha manifestato un logico ed adeguato apparato argomentativo con il quale sono stati in modo congruo evidenziati ed esaminati gli elementi di prova a disposizione circa la ricorrenza del reato ed il ruolo svolto dall’imputato nella vicenda, è stata fornita una ragionevole interpretazione di essi, sono state indicate le specifiche ragioni che hanno indotto a scegliere alcune conclusioni e non altre. In particolare, la Corte ha dedotto in modo esaustivo la configurazione della fattispecie criminosa come consumata ed ha giustificato la ricorrenza della circostanza aggravante; conseguente risulta la declaratoria di responsabilità penale dell’imputato.

2. La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non emergendo ragioni di esonero, anche al versamento della sanzione pecunia ria ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della casa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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