Cons. Stato Sez. IV, Sent., 20-07-2011, n. 4414 Ricorso per revocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame, il signor P. A. e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe, nella loro qualità di "delegati comunali nel procedimento finalizzato allo svolgimento del referendum di variazione territoriale regionale", propongono ricorso per revocazione della sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. IV, 4 maggio 2010 2552.

Tale decisione, nel respingere l’appello avverso la sentenza 25 marzo 2008 n. 2576 del TAR Lazio, ha confermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sui provvedimenti assunti dall’Ufficio centrale per il referendum in merito ai referendum ex art. 132 Cost, tenutisi i giorni 26 e 27 marzo 2006 per il distacco dei Comuni di Pramaggiore, Gruaro e Teglio Veneto dalla Regione Veneto e la loro aggregazione alla Regione Friuli – Venezia Giulia.

La sentenza impugnata ha affermato che:

– "il procedimento del referendum per la modificazione territoriale delle Regioni ha carattere legislativo in quanto non è funzionale alla cura di un interesse pubblico concreto e specifico, ma è volto a consentire l’accesso ad una fase, successiva, di produzione normativa primaria, demandata al Ministero dell’Interno";

– nell’ambito di tale procedimento, l’Ufficio centrale per il referendum "non identifica un organo amministrativo a composizione mista ma un’unità organizzativa della Corte di Cassazione, deputata allo svolgimento specifico dei compiti di controllo nel procedimento referendario ad essa demandati dalla legge";

– ne consegue che "le ordinanze dell’Ufficio centrale sono provvedimenti emanati da un organo rigorosamente neutrale non nell’esplicazione di potere amministrativo… ma nella prospettiva della tutela dell’ordinamento generale dello Stato", con conseguente difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Con il ricorso in esame, viene richiesta la revocazione della sentenza "nella parte in cui il Collegio non si è pronunciato sul motivo di ricorso relativo alla violazione di legge posta in essere dal Ministero dell’Interno nell’ambito del procedimento referendario di variazione territoriale, attraverso la mancata predisposizione nei termini di cui all’art. 6 l. n. 40/1979, delle cartolineavviso da trasmettere agli elettori iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) dei comuni interessati al voto referendario".

Secondo i ricorrenti "il Collegio appare quindi aver obliterato che la procedura referendaria, ex art. 132, co. 2, Cost., relativa ai Comuni ricorrenti, è stata viziata da un’autorità amministrativa del tutto estranea all’Ufficio centrale per il referendum, qual è il Ministero dell’Interno", di modo che non si distingue "tra la pura e semplice impugnazione dei provvedimenti adottati dall’Ufficio centrale per il referendum in data 12 aprile 2006 sulla proclamazione dei risultati referendari di variazione territoriale regionale e l’impugnazione della violazione di legge relativa a termini temporali di procedura violati dal Ministero dell’Interno, quale atto presupposto ai provvedimenti dell’Ufficio centrale".

Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell’Interno, i quali (nella relazione 13 dicembre 2010) hanno preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, per difetto di notifica al domicilio eletto ex lege, e la sua irricevibilità per tardività; hanno infine concluso per il rigetto del medesimo, stante la sua infondatezza.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso per revocazione è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

L’art. 43 della legge 25 maggio 1970 n. 352, prevede che

"L’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione secondo le norme dell’articolo 12, accerta che la richiesta di referendum sia conforme alle norme dell’articolo 132 della Carta costituzionale e della legge, verificando in particolare che sia raggiunto il numero minimo prescritto dalle deliberazioni depositate.

L’ordinanza dell’Ufficio centrale che dichiara la legittimità della richiesta di referendum è immediatamente comunicata al Presidente della Repubblica e al Ministro per l’interno, nonché al delegato che ha provveduto al deposito.

L’ordinanza che dichiara illegittima la richiesta è affissa all’albo della Corte di cassazione e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica."

Il successivo art. 45 dispone:

"L’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, procede alla somma dei risultati del referendum relativi a tutto il territorio nel quale esso si è svolto, e ne proclama il risultato.

La proposta sottoposta a referendum è dichiarata approvata, nel caso che il numero dei voti attribuiti alla risposta affermativa al quesito del referendum non sia inferiore alla maggioranza degli elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni nei quali è stato indetto il referendum, altrimenti è dichiarata respinta.

Un esemplare del verbale dell’Ufficio centrale per il referendum è depositato presso la cancelleria della Corte di cassazione, unitamente ai verbali, trasmessi dagli Uffici provinciali del referendum. Altri esemplari del verbale sono trasmessi al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti delle due Camere e ai presidenti delle regioni interessate; del risultato del referendum è data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica a cura del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Nel caso di approvazione della proposta sottoposta a referendum, il Ministro per l’interno, entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di cui al precedente comma, presenta al Parlamento il disegno di legge costituzionale o ordinaria di cui all’articolo 132 della Costituzione.

Qualora la proposta non sia approvata, non può essere rinnovata prima che siano trascorsi cinque anni."

Alla luce delle disposizioni riportate, appare evidente come il legislatore abbia inteso affidare all’Ufficio centrale per il referendum il controllo sull’intero procedimento referendario, stante la sua rilevanza costituzionale (definito dalla sentenza impugnata di "carattere legislativo"), dal momento della richiesta del referendum al momento della proclamazione del risultato.

Come ha esattamente affermato la sentenza impugnata, l’Ufficio centrale per il referendum "non identifica un organo amministrativo a composizione mista ma un’unità organizzativa della Corte di Cassazione, deputata allo svolgimento specifico dei compiti di controllo nel procedimento referendario ad essa demandati dalla legge".

Proprio per la rilevanza costituzionale delle procedure referendarie, il legislatore ha inteso affidare il controllo sulle stesse direttamente alla Corte di Cassazione, onde garantirne al massimo grado imparzialità ed autorevolezza; a maggior ragione laddove si rifletta sulla circostanza – anch’essa evidenziata nella sentenza impugnata – che solo all’esito dei controlli sulla regolarità della procedura, può e deve avviarsi un procedimento legislativo che deve concludersi con l’adozione di legge.

Nel caso di specie, non sussiste errore di fatto revocatorio in quanto il Consiglio di Stato, confermando il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo già pronunciato dal TAR, ha implicitamente escluso di potersi pronunciare (anche) sul motivo di ricorso, afferente alla prospettata violazione dell’art. 6 l. n. 40/1979.

Ed infatti, il vizio denunciato, in quanto relativo alle modalità di svolgimento della procedura referendaria, rientra lato sensu nei poteri di verifica e controllo dell’Ufficio centrale per il referendum, cioè a quelle "funzioni che non hanno natura amministrativa, ma sono riconducibili alla nozione di funzioni pubbliche neutrali, ossia di carattere intermedio tra l’amministrazione e la giurisdizione ed espletate in posizione di terzietà ed indipendenza"; funzioni alle quali, stante tale natura, "non si applica la disciplina del provvedimento amministrativo".

Non è possibile distinguere, dunque, come nella prospettazione dei ricorrenti, tra impugnazione dei provvedimenti dell’Ufficio centrale (sottratti al sindacato del giudice amministrativo) e singoli atti del procedimento referendario (invece impugnabili) poiché questi ultimi comunque rifluiscono nei provvedimenti dell’Ufficio centrale, di modo che è ad entrambi che si riferisce il pronunciato difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Per le ragioni esposte, il ricorso per revocazione deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata (non essendo esaminabili le proposte eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità).

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione proposto da P. A. ed altri (n. 10024/2010 r.g.), lo rigettA e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore delle costituite amministrazioni statali, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, che si liquidano nella complessiva somma di Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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