Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-03-2011) 14-07-2011, n. 27750

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Catania con sua ordinanza ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione (dal giorno 8/8/2008 al 20/2/2009 presso la Comunità Alloggio il Focolare) proposta da B.E. assolto con sentenza del 20/2/2009, divenuta irrevocabile, dal delitto previsto e punito dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, a lui addebitato.

Il B. ha proposto ricorso per cassazione domandando l’annullamento del provvedimento impugnato.

Il Ministero dell’Economia si è costituito e ha concluso per la declaratoria di inammissibilità o per il rigetto della impugnazione con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

All’udienza camerale del 24/3/2011 il ricorso è stato deciso con compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.

Motivi della decisione

Il ricorrente denunzia:

Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all’art. 314 c.p.p., per avere la Corte di Appello di Catania, a fronte di una assoluzione del B. per non aver commesso il fatto, ritenuto la ricorrenza di una condotta dolosa o colposa del cautelato nella determinazione della applicazione della misura cautelare in contrasto con le testimonianze acquisite al processo che dimostravano la estraneità del minore ai fatti contestati.

Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per mancanza di motivazione in relazione all’art. 125 c.p.p., comma 3, per avere la Corte di Catania costruito una motivazione sostanzialmente apparente costituita da poche brevissime considerazioni apodittiche e da principi di diritto astratti e non collegati al caso deciso.

Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per mancanza della motivazione e manifesta illogicità della stessa in relazione all’art. 125 c.p.p., comma 3, per non avere il provvedimento impugnato valutato la condotta del cautelato anteriore e successiva ai fatti addebitati e per avere il provvedimento impugnato posto a base della ritenuta colpa grave condotte ben spiegabili con le stesse motivazioni della sentenza assolutoria o anche meri sospetti.

Osserva questa Corte che la motivazione del provvedimento impugnato individua la colpa grave del B. in specifiche sue condotte che non risultano indubitabilmente funzionali al delitto addebitato e dunque non risultano essere suscettibili di creare quelle apparenze che inducono l’autorità giudiziaria ad assumere provvedimenti restrittivi proprio per causa di quelle apparenze create dallo stesso cautelato. Pur tenuto ben fermo che il giudizio assolutorio di merito non esaurisce l’ambito di valutazione del giudice della riparazione che verifica, al di là del mancato accertamento di responsabilità da reato, la addebitabilità di comportamenti imprudenti, contrari agli obblighi di solidarietà sociale quali sono intesi nella ordinaria convivenza civile, che hanno contribuito a causare l’applicazione delle misure cautelari, si deve escludere che nel caso qui sottoposto a controllo di legittimità, la motivazione impugnata abbia fornito una motivazione coerente, adeguata e logica della esistenza di una così fatta colpa grave. L’accertamento della presenza dell’allora minore in ambienti di pertinenza del fratello senza che la detenzione e il confezionamento della sostanza stupefacente ivi detenuta fossero accertatamente noti, percepiti e ostacolabili dall’allora imputato, risultando ancora l’accesso del giovane nei locali della salumeria posta di fronte alla sua abitazione (ove era custodita altra sostanza simile a quella detenuta dal fratello) e della quale era cliente, chiusa per ferie ma non provatamente aliena da qualche occasionale vendita ai vicini, l’andare dell’imputato, dopo un ritorno a casa seguito a quell’accesso, verso i giardini pubblici nei quali si praticava anche, ma non esclusivamente, la vendita di sostanze stupefacenti, non è adeguatamente collegato da necessari vincoli causali con la presenza della sostanza stupefacente nei locali prima visitati, tanto più che non risultando dal testo del provvedimento impugnato alcuna osservazione di atti di cessione in quei giardini, anche in questo caso restava non tanto incerta la congetturata presenza a fini di spaccio o di collaborazione allo spaccio, ma non abbastanza delineata un qualsiasi condotta imprudente o asociale o comunque sufficiente a produrre una apparenza di colpevolezza dei fatti addebitati. La motivazione impugnata risulta poi incompatibile, per insanabile contraddizione, con la motivazione assolutoria nella parte in cui esclude la certezza di una consapevole partecipazione del B. alla detenzione della sostanza stupefacente.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Catania.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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