Cons. Stato Sez. IV, Sent., 20-07-2011, n. 4406 Provvedimenti contingibili ed urgenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – La questione in controversia tra le parti ha ad oggetto il compendio immobiliare di V. C., esistente in Firenze tra le vie Barsanti ed Accademia del Cimento, occupato dal 1995 da soggetti non autorizzati dalla proprietà e le tre ordinanze contingibili ed urgenti che, a seguito di esposti di cittadini, il Comune di Firenze emanava, in stretta sequenza anche temporale, per lo sgombero forzoso di detto compendio immobiliare da persone e cose, ingiungendo anche prescrizioni alla proprietà.

2. – Con la sentenza impugnata il TAR della Toscana, adito dalla Società proprietaria V. C. S.r.l., già V. C. di N. N. e C. S.a.s. (di seguito per brevità: la Società) per l’annullamento di tali provvedimenti, previa riunione dei tre ricorsi giurisdizionali al riguardo proposti da detta Società, ha emesso le seguenti decisioni:

– ha dichiarato improcedibile il primo di detti ricorsi (n. 1726 del 2000), perché l’atto impugnato (n. 2473 del 7 aprile 2000) è stato superato da altro e successivo provvedimento comunale (n. 7616 del 2 novembre 2000) e, quindi, la Società non ha più alcun interesse alla sua decisione;

– ha ritenuto fondato il secondo ricorso (n. 174 del 2001) nella sola parte in cui la Società si è doluta, con parte del primo motivo, che il Comune non ha tenuto nel debito conto che l’occupazione abusiva in atto del compendio immobiliare V. C. da parte di extracomunitari impediva l’attuazione delle disposizioni contenute nell’ordinanza impugnata (n. 7616 del 2000) e cioè la rimozione delle bombole di gas esistenti, la derattizzazione dell’intera area, la chiusura di tutti i vani di accesso al compendio immobiliare ed agli edifici interni allo stesso, nonché la vigilanza "h24" dell’intero compendio); ha respinto la restante parte del primo motivo in cui la Società si doleva del fatto che il Comune di Firenze non fosse intervenuta per risolvere i gravi problemi di ordine pubblico creati dalla continuata occupazione abusiva di V. C.; ha dichiarato assorbita ogni altra pronunzia sui restanti motivi di impugnazione, essendo sufficiente quella resa a produrre l’annullamento del provvedimento impugnato;

– ha accolto anche il terzo ricorso (n. 985 del 2001), quanto alla censura di illegittimità derivata del provvedimento impugnato, in conseguenza della già accertata illegittimità del’ordinanza n. 7616 del 2000, ed ha assorbito ogni altra pronunzia sui restanti motivi risultando soddisfatto l’interesse azionato in giudizio già in ragione della pronunzia resa su tale profilo.

3. – Con l’appello in epigrafe il Comune di Firenze ha chiesto la riforma di detta sentenza articolando motivi di impugnazione così rubricati:

i) – erroneità ed insufficienza della motivazione; travisamento dei fatti e carenza istruttoria; violazione delle norme di legge a tutela dell’igiene e della salute pubblica, nonché della pubblica incolumità;

ii) – contraddittorietà della motivazione della sentenza.

4. – La Società appellata, costituitasi in giudizio ha diffusamente controdedotto alle tesi di parte appellante ed ha anche proposto, con lo stesso atto, debitamente notificato, appello incidentale con il quale, attraverso il primo motivo, ha denunziato l’eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità e difetto dei presupposti in cui sarebbe il primo Giudice laddove ha respinto il secondo profilo del primo motivo del ricorso di prime cure n. 174 del 2001; con il secondo motivo ha riproposto gli ulteriori motivi dei ricorsi di primo grado n. 174 del 2001 e n. 985 del 2001 dichiarati espressamente assorbiti dalla sentenza impugnata, oltre che i motivi aggiunti al secondo di detti ricorsi per l’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 4680 del 2001, implicitamente assorbiti e comunque non esaminati.

5. – Con memoria depositata il 15 marzo 2001 il Comune di Firenze ha ulteriorment6e ribadito le proprie argomentazioni difensive.

6. – All’udienza pubblica del 19 aprile 2011 l’appello principale e l’appello incidentale sono stati introitati per la decisione.

7. – L’appello principale è infondato.

7.1 – Giova premettere che il sindacato richiesto nella specie è limitato alla sola parte della pronunzia di primo grado che concerne la decisione di accoglimento del secondo e del terzo gravame proposto dalla Società, non contestandosi da parte dell’appellante Comune di Firenze la declaratoria di improcedibilità del primo dei ricorsi sperimentati dalla Società stessa, e cioè il ricorso n. 1726 del 2000.

7.2 – Ciò precisato, può darsi ingresso all’esame del primo motivo di impugnazione della sentenza in epigrafe con il quale il Comune di Firenze sostiene che sarebbe contraddittoria ed erronea la decisione di accoglimento del secondo ricorso (n. 174 del 2001), fondata sulla "…sintetica ed immotivata affermazione secondo cui l’occupazione in atto impediva di fatto qualsiasi adempimento dell’ordine ricevuto…", in quanto essa sarebbe frutto di una valutazione superficiale, sia del contesto in cui andava a collocarsi, che del quadro normativo vigente, avuto presente che con essa, da un lato, si affermerebbe che non sussiste a carico del Comune l’obbligo di intervenire nelle aree di proprietà privata per questioni di sicurezza e di ordine pubblico, mentre dall’altro si riconoscerebbe fondata la censura di illogicità ed errata valutazione dei presupposti dell’intervento per non avere lo stesso Comune considerata l’impossibilità di ogni adempimento dell’ordine, in presenza della costante occupazione abusiva del compendio immobiliare.

Inoltre, il TAR avrebbe ancora errato a non considerare:

– che l’ordinanza impugnata richiedeva alla proprietà di svolgere "…una serie di attività preparatorie, che in nessun modo potevano risultare ostacolate dalla presenza di extracomunitari all’interno della struttura,…" che, invece, la Società, "…perseverando nella sua colpevole inerzia…", non avrebbe svolto, così rendendo essa stessa impossibile l’efficace esecuzione dell’ordine;

– che non sarebbe stata mai fornita alcuna prova del fatto che alla data di emissione dell’ordinanza contestata (2 novembre 2000) la struttura di V. C. fosse occupata o che tale occupazione fosse di ostacolo all’esecuzione dell’ordine comunale, "…potendosi semmai presumere il contrario…";

– che le ancor più aggravate condizioni in cui è stata ritrovata la struttura di V. C., alla data del sopralluogo effettuato dall’ASL (6 dicembre 2000), sarebbero "…diretta conseguenza dell’assoluto disinteresse e della totale latitanza della proprietà che, ad oltre due mesi dalla notifica dell’ordinanza, non aveva intrapreso nessuna iniziativa per proteggere il compendio immobiliare da ulteriori invasioni, neppure la più elementare…", quale, ad esempio, "…la tamponatura con un muretto di mattoni delle porte e delle finestre poste al piano terreno…";

– che non rientrerebbe nei poteri del Sindaco impartire "…disposizioni per un futuro ed ipotetico sgombero di occupanti abusivi da una proprietà privata…", per cui nulla potrebbe essere "…imputato all’ordinanza sindacale per non avere disposto in merito…", e che, diversamente da quanto sostenuto dalla Società, il Comune "avrebbe offerto ogni necessaria collaborazione per lo sgombero di eventuali occupanti abusivi…".

In conclusione la sentenza impugnata:

– premierebbe ingiustamente la parte privata, così vanificando i numerosi sforzi fatti dalla parte pubblica (intendendosi come tali non solo il Comune, ma anche la Prefettura e l’ASL) per eliminare la situazione di pericolo esistente in V. C.;

– violerebbe, essendosi dimostrato che "…gli interventi di bonifica erano non impossibili, ma perfettamente eseguibili con un minimo di coordinamento e collaborazione…" anche le norme in materia di igiene ed incolumità pubblica, "…atteso che la sua distorta interpretazione porterebbe inevitabilmente ad una situazione di stallo, che procrastinerebbe sine die la grave situazione di pericolo per la collettività…";

– creerebbe un ingiustificato arricchimento della Società "…avendo (essa) nel frattempo ripreso pieno possesso della V., come già risanata e ripulita a spese dell’Amministrazione comunale…".

Nessuna delle predette critiche può essere condivisa per le seguenti considerazioni.

Osserva il Collegio, innanzi tutto, che alcuna valutazione superficiale, sia del contesto in cui andava a collocarsi la situazione esistente, sia del quadro normativo vigente, è imputabile al primo Giudice, tenuto conto che gli atti di causa, peraltro proprio quelli esibiti in prime cure dallo stesso appellante Comune, danno esattamente conto della fondatezza del rilievo operato dal TAR ai fini dell’accoglimento del primo (profilo del primo) motivo di impugnazione di cui al ricorso n. 174 del 2001.

Ed invero, è sufficiente in proposito avere riguardo alla puntuale ed oggettiva descrizione dei luoghi e della situazione complessiva esistente in V. C., come contenuta nel verbale redatto dalla U.O. Igiene e Sanità pubblica dell’ASL di Firenze dopo l’accesso effettuato in detta V. il 18 ottobre 2000, oltre che alla stessa ordinanza impugnata n. 7616 del 2 novembre 2000, per avere contezza, da un lato, dell’impossibilità da parte del privato proprietario di dare attuazione agli ordini impartiti dal Comune, sia con la seconda, che con la terza ordinanza impugnata e, dall’altro, del fatto che l’aggravarsi della situazione era frutto, non dell’incuria o dell’inadempimento da parte della Società di prescrizioni già ricevute, ma soltanto della mancata sinergica attuazione dei poteri conferiti dalla legge a ciascuna delle Autorità competenti in materia di pubblica sicurezza, di igiene e sanità pubblica e di tutela della proprietà privata, le quante volte il soggetto titolare lo abbia denunziato.

Dà atto, infatti, il predetto verbale che l’immobile era ormai occupato stabilmente da abusivi, che lo avevano destinato stabilmente a proprio"…alloggio permanente…", e che occorresse un presidio di forza pubblica costante dell’immobile -come resosi necessario per poter effettuare l’ispezione- in quanto anche a seguito di "…sgombero coattivo…" gli occupanti, appena allontanati, vi rientravano, così rendendo palese che "…i tentativi sinora esperiti per bonificare il complesso di V. C., non hanno ottenuto alcun esito concreto…", in quanto gli stessi occupanti abusivi hanno "…neutralizzato le opere di tutela passiva dell’area e degli edifici…", per cui "…tali difese passive, se pur utili o talora necessarie, non sono quindi sufficienti ad impedire la rioccupazione dell’area e degli edifici dopo qualsiasi sgombero che possa essere organizzato…".

Orbene, può ragionevolmente ritenersi che "…le opere di tutela passiva…", cui fa riferimento il rapporto dell’ASL, sono quelle che la Società afferma di avere posto in essere, senza essere smentita sul punto, per impedire l’accesso al proprio compendio immobiliare e che sono state puntualmente rimosse o abbattute dagli occupanti abusivi, rientrati a seguito di ogni allontanamento o sgombero, senza che alcuna delle Autorità competenti abbia adottato interventi definitivi, seppur esse notiziate di tale situazione più volte e con dovizia di allarmanti particolari negli anni dal 1995 (inizio dell’occupazione abusiva) al 2000 (cfr., al riguardo, denunzia del 10 febbraio 1995 indirizzata al Prefetto, al Questore ed al Sindaco di Firenze,nonché al Commissariato di P.S. RifrediPeretola, alla Compagnia Carabinieri Castello ed alla ASL 10/D; denunzia del 5 dicembre 1996 al Prefetto, Sindaco e Questore di Firenze; denunziaquerela depositata il 25 marzo 1998 alla Procura della Repubblica della Pretura Circondariale di Firenze; denunziaquerela depositata il 23 maggio 2000 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze).

Consegue che, quanto meno impropriamente, la difesa dell’appellante ricorda nei propri scritti che "…l’ordinamento offre al proprietario di un bene numerosi strumenti per la tutela della sua proprietà, ivi compreso quello di richiedere l’assistenza della forza pubblica per lo sgombero di eventuali occupanti abusivi….", atteso che l’ordinamento e le Autorità che lo personificano sono stati più volte sollecitati ad esercitare i poteri di legge e non certo è compito del privato proprietario "sfrattare" centinaia di occupanti abusivi, non identificabili, né notiziabili secondo rito, per eventuali azioni esecutive:

Peraltro, sarebbe singolare riconoscere il potere dell’Autorità comunale di imporre con strumenti immediatamente coercitivi comportamenti ed oneri al privato proprietario quando quest’ultimo, a ben vedere, è soggetto passivo di violazione di domicilio e di violenza privata e non può in alcun modo, alla stregua delle leggi vigenti, farsi giustizia da sé, se non incorrendo in reato.

D’altro canto, è lo stesso Comune che riconosce sostanzialmente come, fino all’emanazione ed esecuzione coattiva della terza delle ordinanze impugnate, non fossero possibili, per un verso, "…attività preparatorie del privato…", quali quelle solo genericamente evocate nell’appello, avendo dovuto dare atto nell’ordinanza n. 7616 del 2 novembre 2000 che il complesso immobiliare in questione fosse invaso da anni da occupanti abusivi e, per altro verso, non fosse stato fatto alcunché di effettivamente risolutivo dal punto di vista dell’ordine, dell’igiene e della salute pubblici, non contestando, ma anzi richiamando, i contenuti del già citato verbale dell’ASL di accesso ispettivo alla V..

Inoltre, giova precisare che l’eccepita ingiustizia della ricaduta sulle casse comunali degli oneri della operazione di definitivo sgombero coattivo, derattizzazione, sanificazione, chiusura e vigilanza del compendio immobiliare in questione non appare conferente, se rivolta, come è rivolta, contro l’appellata Società, in quanto non appare conforme a razionalità far carico a chi ha già dovuto subire per anni la privazione della libera disponibilità della propria proprietà privata, a causa dell’occupazione abusiva patita da parte di clandestini, anche gli oneri di tale occupazione abusiva, accertato che ad ogni denunzia proposta al riguardo non è corrisposto, alla stregua delle attuali risultanze di causa, il tempestivo, sinergico e determinante intervento delle pubbliche Autorità, almeno fino alla data di esecuzione coattiva della terza delle ordinanze comunali impugnate.

Tutto ciò, in disparte il rilievo -quanto al profilo dell’indebito arricchimento di cui si sarebbe avvantaggiata la Società in conseguenza delle spese sopportate dal Comune per procedere allo smaltimento di rifiuti e materiali vari abbandonati dagli occupanti abusivi nel compendio immobiliare di V. C.- che può ritenersi condivisibile anche la tesi di parte appellata circa l’applicabilità in proposito, per la corretta individuazione del soggetto in capo al quale ricade l’onere delle relative spese, del principio ricavabile dall’art. 14 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, alla stregua del quale gli obblighi relativi alla rimozione, al recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi possono essere legittimamente imposti dal Sindaco anche al proprietario dell’area sulla quale risultano sversati i rifiuti stessi -oltre che ai soggetti individuati come trasgressori del divieto di abbandono o di deposito- soltanto quando si provi la corresponsabilità di detto proprietario a titolo di colpa o dolo (cfr. sul punto specifico C.d.S., sez. V^, n. 4061 del 2008).

Orbene, nella specie, è certamente provato, allo stato degli atti, che la Società si sia opposta, con ogni legale mezzo, all’occupazione della propria privata proprietà ed abbia tentato di difenderla con tutti i mezzi consentiti dalla legge, per cui non è addebitabile alla stessa né un comportamento colposo, né tantomeno doloso, sotto il profilo esaminato.

7.2 – Con il secondo motivo di impugnazione il Comune di Firenze si duole che la sentenza impugnata sia affetta dal vizio di contraddittorietà della motivazione perché con essa, da un lato, si confermerebbe che "…non sussiste a carico del Comune l’obbligo di intervenire nelle aree di proprietà privata per questioni di ordine e sicurezza pubblica e, dall’altro, invece, si sarebbe ritenuta illegittima l’ordinanza impugnata per non aver tenuto nel debito conto "..l’occupazione in atto da parte di numerosi cittadini extracomunitari…", senza però chiarire quale precetto avrebbe dovuto contenere detta ordinanza per tenere conto di detta situazione.

In sostanza, l’appellante ripropone un profilo di impugnazione già sostanzialmente formulato con l’esaminato primo motivo e dunque questione identica a quella precedentemente formulata che possono essere entrambe decise nella presente sede, alla stregua delle seguenti ulteriori considerazioni.

Sostiene la Società che la decisione sul punto adottata dal TAR sarebbe errata perché errata l’interpretazione dell’effettiva censura proposta in primo grado dalla Società stessa.

A ben vedere, il rilievo coglie nel segno perché, in tale sede, la Società deduceva che, stante la sua contraria volontà alla permanenza di uno stato di occupazione abusiva della V. da parte di molti extracomunitari non identificabili (come dimostrato con le numerose denunzie effettuate a varie pubbliche Autorità, ivi compreso il Sindaco di Firenze, nel corso degli anni dal 1995, di inizio dell’occupazione abusiva, al 2000, anno di adozione della prima delle contestate ordinanze con tingibili ed urgenti) ed in presenza di una sostanziale indifferenza di dette pubbliche Autorità rispetto al problema proposto (essendo mancata nel corso degli stessi anni ogni iniziativa che sinergicamente desse luogo ad interventi adeguati ed effettivi di restituzione concreta al legittimo proprietario della gestione dell’immobile) non poteva il Comune di Firenze porre a carico del privato proprietario, come ha fatto con le ordinanze impugnate, adempimenti ed oneri effetto soltanto di tale inerzia.

Sul punto, nel richiamare tutte le considerazioni già espresse nel capo di motivazione che precede, in quanto adeguate a sostenere anche la decisione sul motivo in esame, osserva il Collegio come la tesi di parte appellata -peraltro ribadita anche nel primo motivo di appello incidentale e mai contestata in questa sede dal Comune, essendosi limitato detto Ente a riportare, sostanzialmente, nella memoria depositata in previsione della discussione dell’appello principale i contenuti difensivi articolati con l’appello stesso, ma non anche argomentazioni per resistere al citato mezzo dell’appellata- trovi una decisiva conferma del suo pregio proprio nel fatto che soltanto quando è stato attuato un coattivo ed efficiente intervento pubblico (strutture tecniche comunali assistite dai Vigili Urbani e dalla Forza pubblica), quale quello richiesto dalla Società sin dal 1995, si è risolta la situazione di degrado igienicosanitario di V. C..

Dunque, difettava, come difetta, nei provvedimenti impugnati proprio il presupposto necessario, posto in risalto dalla censura in esame, e cioè la possibilità legale per la Società di provvedere, con i mezzi consentitigli dall’ordinamento, alla risoluzione della questione igienicosanitaria e di ordine pubblico creatasi nella proprio compendio immobiliare contro la sua volontà.

8. – Le considerazioni sin qui espresse per ritenere corretto il dispositivo adottato dal primo Giudice e, particolarmente, quelle espresse per procedere alla parziale rettifica della sola motivazione della sentenza impugnata, in accoglimento anche del secondo profilo di censura dedotto con il primo motivo del ricorso n. 174 del 2001, consentono, nel peculiare caso di specie, di affermare che è fondato pure il primo motivo incidentale di impugnazione, tenuto conto che con detto motivo è stata sostanzialmente riproposta, senza alcuna contestazione di controparte, la stessa questione già dedotta dall’appellante principale con il secondo motivo del proprio appello e rigettata dal Collegio.

Resta, invece, improcedibile la restante parte dell’appello incidentale non avendo più interesse la Società ad una decisione dei motivi con essa proposti, attesa la piena satisfattività di quella resa di rigetto dell’appello principale.

9. -Circa le spese del presente grado di giudizio, ritiene il Collegio che alla soccombenza debba fare seguito, in capo al Comune di Firenze, anche l’onere del pagamento delle spese stesse, in favore dell’appellata Società, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 9984 del 2004, come in epigrafe proposto:

– respinge l "appello principale;

– accoglie l’appello incidentale, nei modi di cui in motivazione;

– condanna il Comune di Firenze al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida, in favore dell’appellata Società V. C. S.r.l., già V. C. di N. N. e C. S.a.s. in euro 3000,00 (euro tremila/00), oltre competenze di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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