Cons. Stato Sez. IV, Sent., 20-07-2011, n. 4405 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’appello in esame, il ricorrente impugna la sentenza 9 settembre 2003 n. 4679, con la quale il TAR Veneto, sez. II; ha rigettato il suo ricorso avverso di diniego di concessione edilizia 4 febbraio 2003 n. 3754, emesso dal responsabile del IV settore edilizia privata del Comune di Noale.

Secondo la sentenza appellata:

– l’avvenuto esaurimento della cubatura relativa al fondo del ricorrente non può essere ovviato "ai sensi dell’art. 3 della l.r. 5 marzo 1985 n. 24, nel caso di modifica della coltura del fondo (nella specie, da seminativo a orticola, rispettivamente implicante, secondo l’articolo di legge testé citato, un rapporto di 100 mc/ha e di 600 mc/ha), mediante un conseguente incremento della volumetria assentibile ivi contemplata";

– infatti, l’assegnazione della cubatura "non può essere rimessa al contingente apprezzamento delle convenienze proprie della produzione agraria", di modo che "una volta realizzata la cubatura prevista, non può più essere consentita ulteriore edificazione anche se medio tempore sopravviene un mutamento della coltura in astratto suscettibile di aumentare le potenzialità edificatorie del suolo".

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

violazione e falsa applicazione artt. 8 e 3 l. reg. Veneto 5 marzo 1985 n. 24; eccesso di potere per difetto di istruttoria; ciò in quanto "la potenzialità edificatoria dai fini abitativi di un complesso di terreni agricoli, facenti parte di una stessa azienda, non è per nulla fissa e immutabile, ma è variabile nel tempo, a seconda del tipo di coltura via via assegnata a questo o a quel terreno dall’organizzazione aziendale. Inoltre, "le limitazioni poste alle possibilità edificatorie di un terreno, affinchè un altro terreno aumenti la propria, determinano un vincolo pertinenziale urbanistico… ma il terreno asservito non è diventato inedificabile… ma è soltanto asservito all’edificazione di un altro fondo", di modo che è possibile la "riespansione nella volumetria realizzabile in caso di mutamenti della situazione di fatto e di diritto". Nel caso di specie, il terreno dell’appellante, già destinato a seminativo ed asservito ad altro fondo, onde potere consentire su quest’ultimo la realizzazione di una maggiore cubatura, ha mutato successivamente la sua destinazione in "orticola" (con procedura di variazione all’UTE), il che comporta una maggiore cubatura, realizzabile nei limiti del potenziale edificabile meno la cubatura già "ceduta" mediante asservimento del fondo.

Inoltre, per il caso di accoglimento del motivo di appello, l’appellante ripropone anche io motivi di impugnazione non esaminati in I grado, e precisamente:

a) violazione e falsa applicazione artt. 8 e 3 l. reg. Veneto n. 24/1985; eccesso di potere per difetto di istruttoria, poiché il fatto che per i terreni del ricorrente "fosse operante il vincolo di non edificazione e per una superficie pari alla cubatura dei fabbricati residenziali preesistenti all’entrata in vigore della l. reg. 24 è affermazione fatta dal Comune senza alcun riscontro documentale e senza alcuna istruttoria", laddove il vincolo non è trascritto né vi è prova della preesistenza di fabbricati;

b) eccesso di potere per difetto di istruttoria; violazione art. 79, comma 2, l. reg. n. 61/1985, poiché una delle ragioni del diniego, consistente in una "numerazione diversa dei mappali elencati nello schema di vincolo che non sarebbe di proprietà" del ricorrente, costituisce mero errore materiale, già corretto;

c) violazione e falsa interpretazione art. 3 n. 2 l. reg. n. 24/1985; poiché l’assenza di costruzioni preesistenti non può impedire l’edificazione, assumendo che "l’ubicazione della nuova casa di abitazione non verrebbe a costituire un unico aggregato abitativo";

d) eccesso di potere per illogicità; violazione art. 79 l. reg. n. 24/1985, poiché la circostanza che la domanda di concessione edilizia fosse sottoscritta anche dal figlio del ricorrente, privo di legittimazione, non impedisce il rilascio della concessione edilizia, stante la sottoscrizione anche del ricorrente, in possesso dei requisiti richiesti.

Si è costituito in giudizio il Comune di Noale, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

L’appellante fonda il proprio ricorso, in sostanza, su due argomentazioni:

– la prima, che un fondo "asservito" a fini edificatori ad a un altro fondo (cioè, la utilizzazione della cubatura realizzabile sul primo fondo ad aumento di quella realizzata sul secondo fondo), non determina una "insensibilità" del fondo asservito, ben potendo questo riavere una propria "capacità" edificatoria, per effetto della "riespansione nella volumetria realizzabile in caso di mutamenti della situazione di fatto e di diritto";

– la seconda, consistente quindi nell’affermare che un successivo mutamento di destinazione colturale del fondo, tale da consentire una maggiore edificazione da questa dipendente, consente la realizzazione di una cubatura eccedente quella già "ceduta" a suo tempo al fondo servito.

Entrambe le tesi non possono essere condivise.

Quanto alla prima, questo Consiglio non ritiene che il fondo asservito ad altro fondo a fini di edificazione (mediante cessione della cubatura su esso realizzabile in favore del secondo) possa ricevere, ad esempio da successivi atti di pianificazione urbanistica, nuove potenzialità edificatorie.

Infatti, lo strumento urbanistico, nel disporre le future conformazioni del territorio, considera le sole "aree libere", tali dovendosi ritenere quelle "disponibili" al momento della pianificazione, e ancor più precisamente quelle che non risultano già edificate (in quanto costituenti aree di sedime di fabbricati o utilizzate per opere di urbanizzazione), ovvero quelle che, nel rispetto degli standard urbanistici, risultano comunque già utilizzate per l’edificazione (in quanto asservite alla realizzazione di fabbricati, onde consentirne lo sviluppo volumetrico).

D’altra parte, diversamente opinando, ogni nuova pianificazione risulterebbe del tutto scollegata dalla precedente, potendo da questa prescindere, e di volta in volta riguarderebbe, senza alcuna contestualizzazione storica, una parte sempre più esigua del territorio comunale (cioè quella non ancora occupata da immobili e manufatti), valutata ex novo.

In tal modo, la pianificazione urbanistica si ridurrebbe a considerare il territorio solo nella sua mera possibilità di edificazione, in quanto non ostacolata da presenze materiali, e non già come un bene da conformare per il migliore sviluppo della comunità, salvaguardando i diritti costituzionalmente garantiti degli individui che su di esso vivono ed operano.

In definitiva, l’eventuale modificazione del piano regolatore, che prevede nuovi e più favorevoli indici di fabbricazione, non può che interessare, nell’ambito della zona del territorio considerata dallo strumento urbanistico, se non le sole aree libere, nel senso sopra precisato, con esclusione, quindi, di tutte le aree comunque già utilizzate a scopo edificatorio, ancorchè le stesse si presentino "fisicamente" libere da immobili.

Questo Consiglio di Stato ha già avuto, peraltro, modo di affermare che "un’area edificabile, già interamente considerata in occasione del rilascio di una concessione edilizia, agli effetti della volumetria realizzabile, non può essere più tenuta in considerazione come area libera, neppure parzialmente, ai fini del rilascio di una seconda concessione nella perdurante esistenza del primo edificio, irrilevanti appalesandosi le vicende inerenti alla proprietà dei terreni" (Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2000 n. 749).

Si è inoltre precisato che "in ipotesi di realizzazione di un manufatto edilizio la cui volumetria è calcolata sulla base anche di un’area asservita o accorpata, l’intera estensione interessata deve essere considerata utilizzata ai fini edificatori, con l’effetto che anche l’area asservita o accorpata non è più edificabile, anche se è oggetto di un frazionamento o di alienazione separata dall’area su cui insiste il manufatto" (Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2002 n. 6128; sez. IV, 6 settembre 1999 n. 1402).

Quanto esposto, comporta che, proprio perché il piano regolatore (e le sue successive modificazioni) considerano le sole aree libere, eventuali variazioni degli indici di fabbricazione in melius (cioè più favorevoli ai privati proprietari) non possono riguardare aree già utilizzate a fini edificatori.

Se tali sono le conclusioni cui occorre pervenire con riferimento a modificazioni disposte da successivi strumenti urbanistici, alle quali risultano insensibili le aree già "utilizzate" a fini edilizi (sia pure mediante cessione di cubatura), a maggior ragione eventuali modifiche "migliorative" delle potenzialità edificatorie non possono discendere da meri atti di volontà del privato proprietario, quale è, nel caso di specie, il mutamento di destinazione colturale del fondo.

E’ da condividere, quindi, la sentenza appellata, laddove afferma che l’assegnazione della cubatura "non può essere rimessa al contingente apprezzamento delle convenienze proprie della produzione agraria", di modo che "una volta realizzata la cubatura prevista, non può più essere consentita ulteriore edificazione anche se medio tempore sopravviene un mutamento della coltura in astratto suscettibile di aumentare le potenzialità edificatorie del suolo".

Una interpretazione diversa da quella offerta dal giudice di I grado, infatti, comporta la perdita di qualunque possibilità di pianificazione urbanistica in relazione alle aree considerate, essendo del tutto evidente che tale attività, espressione di una potestà conferita dalla legge, si fonda sulla rilevazione di dati di fatto e di diritto, onde impostare una linea di sviluppo coerente nell’utilizzazione del territorio, dati che, quindi, non possono essere successivamente modificati per mera scelta privata.

In tale contesto, l’ art. 3 l. reg.Veneto n. 24/1985 (legge peraltro successivamente abrogata dalla l. reg. 23 aprile 2004 n. 11), del quale l’appellante lamenta la violazione e/o falsa applicazione, così come ritenuto dal I giudice, nel consentire l’edificazione prende in considerazione lo stato dei terreni agricoli e la loro destinazione al momento della richiesta di titolo autorizzatorio edilizio, essendo ininfluenti modificazioni di destinazione, successive alla già autorizzata edificazione. Come correttamente sostiene l’appellato Comune di Noale, l’indice ex art. 3 cit. "è applicabile e invocabile esclusivamente al momento della richiesta di edificazione e senza possibilità di ulteriori modifiche… la possibilità è concessa quindi in relazione alla tipologia delle colture per una sola volta, e senza la possibilità di interventi successivi".

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da M. A. (n. 5500/2004 r.g.), lo rigetta, e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore del costituito Comune di Noale, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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