Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-07-2011, n. 4390 Correttezza professionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con due distinti e connessi ricorsi di primo grado, riuniti dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio -Sede di Roma- era stato chiesto dalla società M. S.p.A odierna appellante principale e dalla Rai -Radiotelevisione Italiana S.P.A. odierna appellante incidentale l’annullamento del provvedimento sanzionatorio a loro carico adottato dall’Autorità garante della concorrenza nell’Adunanza dell’11 giugno 2009 e di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale.

Era stato in punto di fatto premesso che la società M. S.p.A aveva realizzato la trasmissione della sesta edizione dell’Isola dei Famosi trasmessa sul canale televisivo RAI 2.

In qualità di produttore esecutivo e su commissione della predetta RAI, aveva contrattualizzato sia i partecipanti che gli ospitiopinionisti che avevano partecipato alla trasmissione nel corso delle puntate di prime time (12, aventi cadenza settimanale la cui realizzazione era stata contrattualmente riservata alla esclusiva competenza di RAI, che si sommavano ad altre 70 puntate day time, trasmesse quotidianamente)

Secondo l’ipotesi di indagine inizialmente perseguita dall’Autorità, nel corso della trasmissione predetta erano state inserite forme di pubblicità occulta realizzate attraverso l’artificiosa presentazione della linea di gioielli "M. i gioielli di M. V.", prodotti da A. s.r.l. (in particolare, l’ospiteopinionista sig.ra M. V. aveva indossato e mostrato, durante alcune puntate di prime time, i gioielli della collezione esibendone il marchio pienamente riconoscibile).

Nel corso della istruttoria era emerso un ulteriore episodio di pubblicità occulta avvenuto durante la medesima trasmissione.

Esso aveva avuto luogo mediante la messa in onda (nel corso della puntata del 3 novembre 2008) di una clip volta a descrivere l’intervento di soccorso prestato dalla E. A. nei confronti del concorrente sig. Massimo C. e mediante il coevo ringraziamento pronunziato dalla conduttrice della trasmissione sig.ra Simona Ventura alla predetta ditta per l’assistenza medica prestata a detto concorrente.

Era stato quindi acquisito il parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni: quest’ultimo aveva ritenuto sussistere una fattispecie di pubblicità occulta esclusivamente con riferimento alle inquadrature dei gioielli "M. i gioielli di M. V."; era stata esclusa, invece, analoga caratterizzazione per la vicenda riguardante il soccorso prestato al concorrente C., laddove, secondo l’AGCOM la fugace esposizione del marchio E. escludeva intenti pubblicitari, mentre la espressa citazione della predetta ditta che aveva prestato soccorso doveva ritenersi funzionale ad esigenze narrative.

In parziale difformità da detto parere, l’AGCM aveva emesso l’impugnato provvedimento nei confronti sia di Rai SPA che di M. SPA per entrambi gli episodi di pubblicità occulta sopraindicati.

Le predette società erano insorte con distinti ricorsi prospettando censure in larga parte simili ed incentrate sui vizi di violazione di legge ed eccesso di potere: esse avevano contestato la sussistenza oggettiva di una fattispecie di pubblicità occulta ed avevano altresì negato di esserne soggettivamente responsabili.

Il primo giudice ha analiticamente esaminato i motivi di critica proposti con riferimento a ciascuna delle due singole ipotesi di pubblicità occulta contestata ed ha respinto tutte le censure di merito e procedimentali.

Ha invece accolto i ricorsi (punto 4.6 della motivazione) avendo riscontrato la illogicità dei criteri applicati per la commisurazione delle sanzioni.

Tutti i capi della sentenza confermativi del provvedimento impugnato in primo grado sono stati appellati dall’ originaria ricorrente M. SPA che ne ha contestato la fondatezza compendiando in cinque articolati motivi di gravame tutte le argomentazioni critiche già prospettate in seno al ricorso di primo grado e facendo presente che era stato altresì iolato il principio scolpito nell’art. 112 del codice di procedura civile allorchè era stata imposta la rimodulazione della sanzione (in quanto non richiesta da alcuna delle originarie ricorrenti).

Con una articolata memoria datata 1 giugno 2011 M. SPA ha puntualizzato e ribadito le proprie doglianze.

Anche la Rai, con una memoria contenente un ricorso in appello incidentale ha riproposto gli argomenti critici già contenuti nel ricorso di primo grado e disattesi dal primo giudice, evidenziando peraltro che il Tribunale amministrativo aveva omesso di pronunciarsi sui primi quattro motivi contenuti nel proprio mezzo di primo grado e sottolineando che nessuna disposizione di legge prevedeva una responsabilità omissiva dell’emittente televisiva per omessa vigilanza.

In realtà l’intera sentenza di primo grado aveva omesso di differenziare la posizione della Rai rispetto a quella di M. SPA: ne era discesa una indebita sovrapposizione concettuale che aveva condotto ad una indistinta ed errata affermazione di responsabilità in capo all’appellante.

Essa ha inoltre contestato le affermazioni contenute nel ricorso in appello proposto da M. SPA, evidenziando che quest’ultima aveva agito all’insaputa della Rai e che, comunque, in base al contratto stipulato da M. SPA e Rai, la prima si era assunta tutte le responsabilità connesse alla gestione del programma: peraltro la Rai si era dotata di un codice etico che espressamente vietava qualsiasi forma di pubblicità occulta ed aveva obbligato con apposita clausola negoziale M. SPA a rispettare tale prescrizione.

La difesa erariale dell’appellata Autorità ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione degli appelli, in quanto infondati.

Con memoria di replica del 9 giugno 2011 RAI SPA ha puntualizzato e ribadito le proprie argomentazioni.

Con memoria di replica del 10 giugno 2011 M. SPA ha puntualizzato e ribadito le proprie argomentazioni.

Alla pubblica udienza del 21 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

Motivi della decisione

1.Il ricorso principale proposto da M. SPA è infondato e va pertanto respinto. Il ricorso incidentale proposto da R. SPA è in parte inammissibile ed in parte improcedibile.

La sentenza, pertanto, merita integrale conferma nei termini di cui alla motivazione che segue.

2. La prima questione da affrontare, in via preliminare ed ex officio, concerne la tempestività del ricorso in appello incidentale proposto dalla R. SPA.

2.1.Nel premettere che in base al principio tempus regit actum la questione risulta regolata dalla disciplina antevigente rispetto a quella introdotta dall’art.96 del codice del processo amministrativo di cui al d.Lgs n. 104/2010 si ricorda che la decisione appellata, non notificata, è stata resa in data 17 dicembre 2009 e pubblicata in data 29 dicembre 2009.

L’appello principale proposto da M. SPA è quindi certamente tempestivo, in quanto proposto il 27 aprile 2010.

Trattandosi infatti di procedimento rientrante tra quelli disciplinati dall’art. 23 bis della legge n. 1034/1971 il termine "lungo" per la proposizione della impugnazione (pari a 120 giorni dalla pubblicazione della decisione) è stato rispettato.

L’appello proposto da Rai SPA risulta invece notificato in data 26 maggio 2010.

Esso, quindi, è stato proposto oltre detto il termine "lungo" di 120 giorni decorrente dalla pubblicazione della decisione.

Secondo R. SPA (si vedano le ultime due pagine dell’appello incidentale da essa proposto) ciò non osterebbe alla tempestività del medesimo, trattandosi di appello incidentale "proprio", e cioè – secondo pacifica giurisprudenza – di impugnazione il cui interesse scaturisce dalla proposizione dell’appello principale di M., è rivolto agli stessi capi della sentenza da questa impugnati, ed è teso a "paralizzare" gli effetti che potrebbero discendere dall’accoglimento della impugnazione principale proposta da M.. E ciò al contrario dell’appello incidentale c.d. "improprio" che comporta l’onere, per la parte proponente, di rispettare i medesimi termini di impugnazione previsti per quello principale. (ancora di recente, si veda sul punto Consiglio Stato, sez. V, 15/02/2010, n. 808).

E’ evidente pertanto che, se l’appello proposto da Rai SPA dovesse essere qualificato quale incidentale "improprio" esso sarebbe tardivo: non così invece, ove dovesse qualificarsi quale incidentale"proprio", in quanto notificato entro il termine di 30 giorni dalla notifica dell’appello "principale" (ex multis: Consiglio Stato, sez. V, 23 novembre 2010, n. 8154)

2.2. Appare dunque necessario verificare a quale delle due categorie debba essere ascritto l’appello proposto da Rai SPA. Tale indagine ovviamente prescinde dal nomen juris utilizzato dall’appellante necessitando aver invece riguardo alla intrinseca natura dello stesso e, soprattutto, alle singole censure ivi contenute ed all’interesse ad esse sottese.

Invero il quesito al quale occorre rispondere deve essere formulato nei seguenti termini: laddove venisse accolto l’appello principale di M. SPA, può affermarsi che Rai SPA conseguirebbe un danno (maggiore di quello discendente dal puro e semplice passaggio in giudicato della sentenza avverso la quale non aveva proposto impugnazione)?

E’ noto che in tema di interesse alla impugnazione la giurisprudenza ha sempre privilegiato una nozione estensiva, e ne ha ravvisato l’interesse anche laddove, pur non potendo l’impugnazione perseguire una finalità pratica, residui un "un interesse, quanto meno morale, alla rimozione degli atti impugnati". (Consiglio Stato, sez. VI, 17 ottobre 1987, n. 826).

Detto interesse, sussiste nel caso di specie, con riferimento alle doglianze contenute nell’appello principale volte (seppur subordinatamente) ad addossare l’esclusiva responsabilità degli illeciti a Rai SPA.

A questo interesse morale si aggiunge quello pratico, riposante nel possibile pregiudizio che in una futura controversia civilistica potrebbe subire R. SPA, laddove in accoglimento dell’appello principale proposto da M. SPA si dovesse affermare che quest’ultima non rispondeva della condotte sanzionate e che la responsabilità delle medesime doveva ricadere unicamente su R. SPA.

Entro tali limiti e con esclusivo riferimento a detta articolazione delle censure riferimento l’appello incidentale da essa proposto può ritenersi ammissibile in quanto tempestivo e volto a tutelare un interesse effettivamente discendente dalla proposizione dell’appello principale (si anticipa in proposito comunque che – posto che il Collegio non ritiene le tesi prospettate da M. SPA accoglibili- detto appello incidentale proposto dalla Rai, nella parte in cui è stato ritenuto ammissibile, deve essere dichiarato improcedibile per carenza di interesse).

Ma Rai SPA non si è limitata ad articolare dette censure.

Essa ne ha articolate delle altre, indipendenti dall’appello principale, con le quali si è contestato radicalmente l’impianto della sentenza laddove ha ravvisato la responsabilità concorrente della Rai.

Tutte le dette altre doglianze proposte da Rai SPA nell’odierno giudizio – e ci si riferisce ai motivi rubricati ai nn. 59 del ricorso in appello incidentale (relativi alle doglianze infraprocedimentali ed alla quantificazione della sanzione), nonché alle doglianze contenute nei punti 14 del medesimo atto, laddove si critica la sentenza nella parte in cui ha ravvisato la diretta responsabilità di Rai SPA per omessa vigilanza- sono tardive e pertanto inammissibili.

Ciò perché l’interesse ad articolarle non scaturiva affatto dall’appello proposto da M. SPA: preesisteva a quest’ultimo e ne era indipendente, essendo ravvisabile un interesse autonomo della medesima soccombente a gravare principaliter l’appellata decisione.

Rai SPA avrebbe dovuto attivarsi per tutelare detto interesse proponendo impugnazione, per le già chiarite ragioni, nei 120 giorni decorrenti dalla pubblicazione della sentenza.

Il gravame incidentale proposto da Rai SPA (da qualificarsi in parte qua "improprio" od "autonomo") è pertanto certamente tardivo: ad abundantiam, si rileva comunque che, per quanto si chiarirà nel prosieguo della presente esposizione in punto di ricostruzione complessiva della vicenda, esso è comunque infondato essendosi esattamente ravvisata da parte del primo giudice la colposa e negligente condotta dell’appellante incidentale causalmente determinativa dell’illecito.

2.3. Così perimetrato il campo delle questioni esaminabili dal Collegio, al fine di sgombrare il campo da alcune critiche di natura procedimentale investenti in via radicale e genetica l’operato dell’Autorità (in quanto afferenti alla fase prodromica alla emissione del provvedimento censurato in primo grado) ritiene il Collegio soffermarsi in via preliminare sulla correttezza dell’iter che ha condotto alla emissione della delibera sanzionatoria per cui è causa.

2.3.1. A tal proposito, deve innanzitutto essere dichiarata la infondatezza della doglianza proposta da M. SPA nel proprio terzo motivo di censura (ed anche da Rai SPA, nel proprio quinto motivo di censura) fondata sulla circostanza che il parere reso dall’AGCOM era sostanzialmente contrario alla possibilità di sanzionare la condotta relativa all’episodio "E. A." in quanto non integrante fattispecie di pubblicità occulta sotto il profilo oggettivo.

Contrariamente a detta tesi, infatti, evidenzia il Collegio che la valutazione dell’Agcom disattesa dall’Agcm riposa appunto in un parere, obbligatorio ma non vincolante, reso nell’ambito di una ordinaria dialettica tra due qualificatissimi organi tecnici.

Non v’è dubbio però che pertenendo all’AGCM la responsabilità dell’adozione dell’atto (si veda sul punto la condivisibile ricostruzione esegetica di cui alla decisione del Consiglio di stato, sez. VI, 08 febbraio 2008, n. 420) quest’ultimo non può ritenersi viziato sol perché si è motivatamente discostato dalle pur approfondite deduzioni dell’AGCOM.

2.3.2. Per altro verso neppure può trovare accoglimento l’articolazione della doglianza che, muovendo dalla difformità sussistente tra le valutazioni espresse dai sopracitati organi tecnici, giunge ad affermare che, per tal ragione, il compendio indiziario posto a base della delibera impugnata non sarebbe "univoco".

La doglianza muove da un errore prospettico di fondo che merita immediata smentita.

Ciò che il giudice è chiamato a valutare, e prima di ciò, quel che l’art. 2729 CC pretende sia "univoco" non è, ovviamente, il convincimento che sul compendio posto a base dell’atto abbiano espresso più – seppur qualificatissimi- organi tecnici ma, ovviamente, il dato oggettivo che a propria volta ha costituito oggetto di valutazione.

La circostanza che più organi tecnici abbiano espresso valutazioni difformi può indurre ad affermare – ma unicamente sotto il profilo descrittivo – che un dato elemento non sia "pacifico": non certo che un dato indiziario non sia univoco, circostanza quest’ultima che può desumersi unicamente dall’analisi oggettiva degli elementi che ad esso sono sottesi.

Chè altrimenti argomentando, per ipotesi, basterebbe una divergente valutazione da parte di uno degli organi chiamati ad esprimere valutazioni su tale compendio, per smentire sempre e comunque che esso possieda il requisito della organicità/univocità.

E’ fisiologico che una di tali – pur qualificatissime – Amministrazioni possa manifestare una opinione divergente rispetto a quella espressa dall’altra: non per questo l’oggetto del vaglio diviene per ciò solo "non univoco" (come affermato dalla difesa dell’ appellante principale, con un salto logico non condivisibile).

Le doglianze sul punto meritano la reiezione

2.4. Sotto altro profilo, nessuna delle ulteriori censure investenti la fase procedimentale (e riferentesi sia all’avvenuto "abbinamento" in una unica istruttoria di distinte ed autonome fattispecie di pubblicità occulta, che alla casuale modalità di scoperta delle condotte relative all’ episodio "E. A./C.") coglie nel segno.

In primo luogo è evidente la indubbia connessione degli episodi, in quanto relativi al medesimo programma, posti in essere nel medesimo torno di tempo ed, almeno in parte, contestati agli stessi protagonisti.

Per altro verso, l’Autorità è dominus del procedimento istruttorio volto all’ accertamento della pubblicità occulta ed ingannevole e rientra nella piena discrezionalità di questa stabilire – purchè nel rispetto delle norme regolamentari, del contraddittorio e dei principi del giusto procedimento- il quomodo dell’attività istruttoria da svolgere.

In ultimo, i destinatari dell’accertamento potrebbero dolersi di tali valutazioni discrezionali, a tutto concedere, laddove possano dimostrare che dalle opzioni seguite dall’Autorità in punto di trattazione congiunta e/o separata degli episodi siano discese illegittimità concretantesi in un vizio del contraddittorio o del diritto di difesa, ovvero in una carenza istruttoria o motivazionale.

Nessuna di tali evenienze è stata neppure adombrata nel caso di specie; l’avviso dell’avvio del procedimento del 15 dicembre 2008 menzionava unicamente Rai SPA, A., e la conduttrice V., e si riferiva unicamente all’episodio relativo alla occulta promozione dei gioielli M.; il 2 febbraio 2009 l’istruttoria venne estesa soggettivamente (contemplandovi M. SPA) ed oggettivamente (con riferimento all’episodio relativo alla occulta promozione della E. A.); tutte le dette parti del procedimento sono state poste in grado di controdedurre e difendersi fattivamente: la detta doglianza (quarto motivo del ricorso in appello proposto da M. SPA, ma anche sesto motivo del gravame proposto da Rai SPA), assertivamente formulata, merita di essere disattesa.

L’appellante M. SPA ha inoltre definito "inopinato" (pag 27del ricorso in appello) l’avvio dell’istruttoria sull’episodio "E. A./C." sollevando dubbi sulla legittimità della acquisizione probatoria delle dette evidenze.

Rileva il Collegio che, se con tale termine vuole intendersi la circostanza che detto episodio venne scoperto in modo casuale e nel corso dell’istruttoria dedicata a chiarire i contorni dell’episodio "M.", il Collegio condivide tale ricostruzione. Da ciò tuttavia non discende alcuna illegittimità. Non si comprende, in particolare, quale avrebbe dovuto essere la condotta alternativa dell’Autorità, una volta acquisita agli atti una evidenza probatoria (lo scambio di mails tra organi aziendali aventi ad oggetto il "ringraziamento" alla predetta ditta E. e sul quale di seguito ci si soffermerà) quale quella che ha dato origine al procedimento, se non iniziare l’istruttoria anche con riguardo a tale segmento comportamentale; e risponde ai canoni di celerità e non aggravio del procedimento che, avuto riguardo alla palese connessione oggettiva e soggettiva tra gli episodi, l’istruttoria su tale condotta venisse fatta confluire nel procedimento già in itinere relativo ad una analoga condotta, posta in essere dalle stesse parti, nell’ambito dello stesso ciclo programmatorio del medesimo reality show.

L’assenza di qualsivoglia violazione o minorazione dei diritti di difesa delle incolpate induce a ritenere anche tale profilo di censura destituito di fondamento.

3. Passando al merito, ritiene il Collegio di doversi brevemente soffermare sugli elementi fattuali e probatori acquisiti in sede istruttoria sottesi al provvedimento sanzionatorio irrogato dall’Autorità e valorizzati dal primo giudice distinguendoli partitamente con riferimento a ciascuna delle due ipotesi di pubblicità occulta contestate.

3.1.Quanto all’episodio relativo alla vicenda M., va rammentato che, (in questo caso concordemente con il parere espresso dall’Agcom) è stato accertato dall’Autorità che v’era stata una reiterata e ripetuta visualizzazione del marchio "M." che trovavasi apposto sui gioielli indossati dall’opinionista M. V. e da alcuni ospiti nel corso delle puntate del programma televisivo; nel corso delle riprese dell’ospite/opinionista in studio il marchio risultava costantemente inquadrato e ben visibile per lo spettatore anche in considerazione della sua evidenza cromatica e della sua posizione.

Al contempo si è dato atto che nessuna ragione di natura narrativa, o strettamente afferente alle necessità della buona riuscita della trasmissione televisiva imponeva tale protratta ripresa del marchio, né era stato adottato alcun accorgimento o indicazione che rendesse evidente la natura promozionale delle immagini in esame.

Risulta dagli atti del procedimento, peraltro, che nella programmazione pubblicitaria della società A. (produttrice della suddetta linea di gioielli) figuravano anche le 13 puntate del programma "L’isola dei famosi" con la presenza della sig.ra M. V..

Id est: la pubblicità occulta dei gioielli figurava, anticipatamente, nell’elencazione della programmazione pubblicitaria della ditta produttrice dei monili.

Rileva il Collegio che si è in presenza pertanto dell’espresso riconoscimento da parte di A. della natura pubblicitaria di dette apparizioni televisive: tale intento soggettivo risulta confermato oggettivamente dalle modalità con cui il marchio fu ripreso nel corso della trasmissione.

Una prima conclusione è quindi possibile – ad avviso del Collegio- trarre da tale elemento.

Essa, armonicamente con quanto rilevato dal primo giudice, riposa nella convinzione che è perfino superfluo nel caso di specie soffermarsi nel delineare i presupposti normativi oggettivi del fenomeno della pubblicità occulta essendo stata raggiunta la piena prova dell’accordo illecito intercorso tra la conduttrice V. (che, insieme a talune ospiti della trasmissione aveva indossato i preziosi) e la società A., produttrice della suddetta linea di gioielli occultamente reclamizzata; e che ciò venne reso possibile attraverso la complicità – o quantomeno colpevole e protratta omessa vigilanza- dei soggetti che effettuavano le riprese.

Tale punto fermo, implica che ci si dovrà di seguito interrogare sull’an ed il quomodo dell’eventuale coinvolgimento dell’ appellante M. SPA in detto reiterato e prolungato episodio, ma che la sussistenza dello stesso, sotto il profilo storico, è innegabile.

3.2.Quanto all’episodio della pubblicità occulta in favore di E. A., si rammenta nel medesimo programma Isola dei Famosi 6 è stato trasmesso un filmato preregistrato con le immagini dell’attività svolta da E. A. in occasione del rientro in Italia di uno dei partecipanti al programma ed il contestuale espresso ringraziamento da parte della presentatrice sig.ra Ventura per l’attività svolta da detta ditta.

Va in primo luogo escluso, sotto il profilo oggettivo, che possa essersi trattato di uno spontaneo e non premeditato servizio televisivo nell’ambito del quale una ingenua conduttrice si era soffermata in uno spontaneo ringraziamento non facendo mente locale sulla promozione pubblicitaria che ne sarebbe derivata.

Ed al contempo va escluso che la sequenza nella quale uno degli addetti al servizio esibiva un indumento con la chiara evidenza del nome dell’anzidetta società E. A. potesse essere ascrivibile ad un mero caso o, al più, ad un difetto di attenzione.

Le dette prospettazioni difensive sono infondate, se non anche temerarie.

3.2.1. Al contrario, presso la sede di M., è stata acquisita documentazione dalla quale è emerso un inequivocabile scambio di corrispondenza elettronica, volto ad organizzare il "ringraziamento" di E. A. durante la puntata del 3 novembre 2009 e che la documentazione evidenzia la disponibilità di E. A. a non far pagare i costi della prestazione supplementare da essa svolta per l’assistenza medica prestata all’infortunato concorrente C. per il suo rientro in Italia, in cambio della espressa citazione, in forma di ringraziamento, nel corso del programma.

3.2.2.Anche tali evidenze processuali autorizzano il Collegio ha trarne la prima conclusione che – sotto il profilo della responsabilità soggettiva- appare addirittura di più pregnante spessore rispetto alla precedente: in sede procedimentale è stata raggiunta la piena prova dell’accordo illecito intercorso tra la società "reclamizzata" E. A. (per il tramite della conduttrice Ventura) con la odierna appellante M..

E che, trattandosi di clip registrata, (e quindi visionata o comunque visionabile in anticipo rispetto alla irrorazione nell’etere), a detta condotta dolosa si salda causalmente quella gravemente negligente di Rai SPA, che pur avendo tutti gli strumenti per impedire la consumazione dell’illecito ha colpevolmente omesso di esercitare la doverosa vigilanza consentendo che il filmato venisse messo in onda.

Tale punto fermo implica che ci si dovrà di seguito interrogare sulla consistenza oggettiva di detto episodio, e che occorrerà prendere in esame le discolpe di M. SPA incentrate sulla valenza dimostrativa e probatoria a proprio carico delle mails acquisite in sede istruttoria.

3.3. Allo stato, però, concludendo sul punto, deve affermarsi che v’è la piena prova del rapporto di committenza intercorrente tra la ditta produttrice dei gioielli e la conduttrice M. V. (quanto al primo episodio) e, quanto alla seconda fattispecie, la evidenza di un accordo intercorso tra la M. SPA e la E. A. poi concretatosi nel ringraziamento a quest’ultima da parte della conduttrice Ventura il che implica che la prova storica del fatto materiale sia stata raggiunta senza alcuna necessità di ricorrere ad elementi presuntivi ed indiziari.

4. Ciò rende inconsistenti tutte le critiche di parte che tendono ad accreditare l’assenza di indicatori oggettivi della sussistenza dell’illecito. Né vale addurre in ordine a quest’ultimo episodio la circostanza che l’autore della corrispondenza acquisita dall’Autorità fosse un professionista esterno alla M. SPA: ciò appare del tutto irrilevante, posto la stessa società ammette che questi curava i rapporti con la E. A.; al contempo, neppure risulta chiaro il fine dimostrativo dell’insistito richiamo dell’appellante alla circostanza che trattavasi di corrispondenza "interna", posto che essa aveva ad oggetto la fase di preparazione alla occulta pubblicizzazione del predetto marchio.

Inoltre nessuna perplessità fu mai espressa da M. SPA sulla legittimità dello "scambio" (e men che meno a tale illecito scambio venne mai opposto un reciso diniego) e al contrario, il dipanarsi successivo della corrispondenza è tutto incentrato nel contrattare il quomodo di tale "favore", e vede M. SPA impegnata a sottolineare l’elevato valore del passaggio pubblicitario richiesto (e poi ottenuto) da E. A..

Ma v’è di più.

Il successivo dialogo tra le due società si spinge sino al punto di consentire ad E. A. di "suggerire" a M. SPA il tenore della pubblicità occulta da mandare in onda.

Quanto alle ulteriori doglianze, la tesi che -seppur accordo vi fosse stato- esso comunque rimase nella sfera dell’ipotetico, del tentativo non perfezionatosi, e come tale non punibile collide – come già detto – con l’evidenza processuale.

Sussiste dunque pienamente, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, la violazione contestata a carico di M. SPA: il tentativo di quest’ultima di negarne la oggettività, ovvero si traslarne la responsabilità unicamente in capo a Rai SPA (che pure correttamente fu chiamata a risponderne per omessa vigilanza, trattandosi di clip preregistrata di cui essa,apprestando un grado minimo di diligenza ben poteva impedire la messa in onda) appare inaccoglibile

5. Resta da approfondire la tematica della sussistenza dell’elemento soggettivo dell’ illecito con riguardo all’episodio "gioielli M." indossati dalla opinionista V..

5.1.Anche con riferimento a tale profilo di indagine, in una ottica di semplificazione tesa a sgombrare il campo da censure palesemente infondate verranno in prima battuta fornite le coordinate ermeneutiche cui il Collegio si atterrà e, secondariamente, verranno "attualizzati" i principi enunciati prendendo in esame il detto episodio illecito contestato.

5.2. A tal proposito si rileva che costituisce errore prospettico non irrilevante l’affermazione contenuta nel ricorso in appello secondo cui la sanzionabilità della condotta in oggetto postulerebbe il pieno riscontro probatorio della sussistenza del dolo in capo ai protagonisti della condotta, costituendo invece jus receptum che per la punibilità di condotte punite con sanzione amministrativa (come del resto per le condotte penalmente rilevanti punite a titolo di contravvenzione) " salvo eccezioni normativamente previste è indifferente che sussista dolo o colpa purchè l’uno o l’altro elemento psicologico vi sia" (espressione, quest’ultima, pienamente recepita dalla giurisprudenza, e tesa a ricondurre la sanzione extracivile nell’alveo della c.d. "responsabilità colpevole" costituzionalmente disciplinata ex art. 27 della Carta Costituzionale, laddove si afferma la necessaria "personalità" della responsabilità: ex multis, si veda Cassazione civile, sez. III, 08 maggio 2001, n. 6383).

Ciò premesso, nel ribadire che la insistita e sistematica ripresa dei gioielli indossati dalla conduttrice V. esclude che non ricorrano gli indici oggettivi del productpleasement (inteso qual promozione di un prodotto o di un servizio mediante uno spettacolo cinematografico o televisivo, in cui il prodotto e il servizio appaiono come naturalmente presenti nella vicenda narrativa), ritiene il Collegio che M. SPA supporti la propria critica alla impugnata decisione richiamando argomenti e principi del tutto distonici dalla realtà dei fatti.

Non sussiste infatti la invocata "inesigibilità della condotta alternativa corretta".

Se è pur vero che il protagonista di un programma non perde per questo, e men che mai forzosamente, la propria libertà di autodeterminazione ed è libero di indossare od utilizzare ciò che più gli piace detta sua libertà deve conciliarsi con quella, doverosa, del responsabile del programma, che può ben condizionarne la partecipazione all’assenza di elementi da questi indossati od utilizzati che possano dare luogo ad una pubblicità occulta.

Il protagonista possiede il pieno diritto di rifiutarsi di soggiacere a detta condizione, omettendo di partecipare alla trasmissione: ma ciò non implica che, paventando detta evenienza, il responsabile della trasmissione consenta che il protagonista finisca con lo sfruttare la propria partecipazione alla trasmissione a fini illegittimi, come in realtà avvenuto.

Anche l’ulteriore caposaldo della critica esposta nel ricorso in appello proposto da M. SPA non persuade il Collegio.

In particolare appare malriuscito il tentativo di dimostrare che l’esclusiva responsabilità della condotta, a titolo di omessa vigilanza, gravasse per intero sulla Rai.

Sotto tale profilo (in ordine al quale si ribadisce l’ammissibilità dell’appello incidentale proposto da Rai SPA), appare sufficiente rammentare che il punto 2 dell’accordo intercorso tra M. SPA e RAI SPA alla lettera E, individuava i (due) registi delle trasmissioni; stabiliva espressamente che M. SPA assumeva piena ed integrale responsabilità dell’opera che gli stessi avrebbero prestato per la realizzazione del programma, fermo restando che la Rai si impegnava a gara (unico contrattualizzato e retribuito dalla Rai) alle obbligazioni assunte in virtù delle obbligazioni negoziali assunte con la Rai.

Identica pattuizione, al capo successivo del punto 2 lettera E riguardava l’opera prestata dalla conduttrice Ventura.

Orbene, a fronte di tali evidenze, la circostanza che il regista fosse contrattualizzato dalla Rai e che (anche) a questa dovesse rispondere, e la locazione delle riprese (studio Rai), non integrano circostanza esimente la responsabilità di M. SPA.

In particolare, il ricorso in appello contiene una insanabile contraddizione, laddove oblia (tacendola del tutto) la circostanza che essa si era assunta la "integrale responsabilità" del programma, e sostiene poi la tesi per cui a cagione della logistica e di altre non dirimenti circostanze unica responsabile del programma dovesse essere considerata la Rai, di fatto negando la propria responsabilità di appaltatrice, l’omesso controllo ad essa ascrivibile, la durata dell’episodio (il che rendeva possible che, quantomeno nelle puntate successive alla prima, ci si attivasse per evitare tale continuativa ripresa del marchio dei gioielli.

Conclusivamente, il Collegio concorda con la tesi dell’Autorità, la cui legittimità ed esattezza è stata positivamente delibata dal primo giudice, che sia Rai Spa che M. Spa hanno posto in essere in tale occasione una grave ed inescusabile negligenza.

6. Ne discende che anche tale articolato motivo di censura proposto da M. SPA deve essere disatteso, il che rende improcedibile per carenza di interesse l’appello incidentale proposto sul punto da Rai SPA.

7. A questo punto della esposizione restano da prendere in esame le doglianze attingenti il capo della impugnata decisione in punto di rideterminazione delle sanzioni.

Si rammenta in proposito che si controverte in ordine alla legittimità del capo della decisione di primo grado che, in accoglimento delle impugnazioni proposte, ha imposto all’Autorità di rimodulare la sanzione tenendo presente la circostanza della maggiore durata dell’illecita condotta relativa all’episodio "gioielli M." rispetto a quello "E." e l’incongruità della applicazione di una sanzione maggiormente afflittiva con riferimento a detto ultimo episodio rispetto al primo.

7.1. Ritiene in proposito il Collegio che le prospettazioni contenute nel quinto motivo dell’appello di M. Spa (ma anche ai punti 7 e 9 del gravame incidentale proposto dalla Rai) ove non articolate in via meramente cautelativa, muovano da un fraintendimento del decisum del Tribunale amministrativo.

In detto capo di decisione, infatti, il primo giudice ha esaminato comparativamente entrambi gli episodi, ed è pervenuto ad un giudizio di illogicità intrinseca della quantificazione operata dall’Autorità, proprio avendo riguardo alla relazione di inferenza tra gli episodi medesimi.

A tal proposito, il primo giudice ha affermato (si ricorda che l’Autorità non ha impugnato detto capo di sentenza) che l’appellata Autorità non aveva congruamente dimostrato, nella commisurazione sanzionatoria riguardante i due illeciti in questione (M. e E. A.), di tenere adeguatamente conto della difforme connotazione temporale dai medesimi assunta: e, quindi, del diverso grado di gravità in essi riconoscibile.

Tale affermazione va collegata a quella successiva ed ancor più esplicita, del pari contenuta nell’appellata decisione, secondo cui "la modulazione della sanzione relativa alla vicenda M., che ha proposto l’applicazione di misure afflittive per RAI e M. inferiori rispetto alla vicenda E. A., non appare aver tenuto adeguatamente conto del fatto che la prima delle due pratiche scorrette ha avuto, rispetto all’altra, durata significativamente maggiore Da ciò si è fatta discendere la conseguenza per cui " alla luce della significativa diversità della durata delle violazioni prese in esame, risalta la grave sproporzione delle sanzioni inflitte, atteso che (a parità di soggetti autori delle stesse; e, quindi, nell’identica configurazione dei rimanenti indici orientativi della commisurazione dell’apparato sanzionatorio) non è stata conferita alla variabile temporale (durata dell’infrazione) quel differenziato risalto (ai fini della quantificazione della misura afflittiva) che la manifesta eterogeneità dell’arco temporale di protrazione della stessa avrebbe, invece, dovuto imporre."

Da ciò si è fatta discendere la rimessione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato le successive determinazioni di competenza con le quali, all’interno dei criteri orientativi sopra esposti e nel quadro della valenza conformativa propria della presente decisione, quest’ultima provvederà ad una rimodulazione delle sanzioni amministrative pecuniarie inflitte.

E’ evidente, pertanto, che detta rimodulazione ha per oggetto la sanzione relativa all’episodio E. A.; mentre, in ossequio al divieto di reformatio in peius, il decisum del primo giudice non potrebbe essere utilizzato dall’Autorità per innalzare la sanzione applicata per l’episodio "M.".

Alla stregua di tale evidenza, sia l’asserito vizio ex art. 112 del codice di procedura civile, sia la denunciata violazione del divieto di reformatio in peius non sussistono.

Anche tale doglianza, quindi, deve essere disattesa.

8. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso dalla reiezione dell’appello

9.In conclusione, la impugnata decisione resiste alle censure di cui al ricorso in appello principale proposto da M. SPA che deve essere integralmente disatteso: l’appellata decisione deve essere pertanto confermata con le precisazioni indicate in motivazione. L’appello incidentale proposto da Rai SPA è in parte inammissibile perché tardivo (ma comunque infondato) e nella restante parte improcedibile per difetto di interesse.

10. Le spese processuali seguono la soccombenza, e pertanto l’appellante principale M. SPA deve essere condannata al pagamento delle stesse in favore dell’appellata Autorità, in misura che, avuto riguardo alla natura della controversia, appare congruo determinare in Euro ventimila (Euro 20.000) oltre accessori di legge se dovuti; devono essere invece compensate le spese processuali sostenute da M. SPA nei confronti di Rai SPA e devono essere compensate integralmente le spese processuali da quest’ultima sostenute.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello principale, numero di registro generale 3976 del 2010 come in epigrafe proposto da M. SPA lo respinge integralmente.

Dichiara l’appello incidentale proposto da Rai SPA in parte inammissibile perché tardivo e nella restante parte improcedibile per difetto di interesse.

Condanna M. SPA al pagamento delle spese processuali in favore dell’appellata Autorità, nella misura di Euro ventimila (Euro 20.000) oltre accessori di legge se dovuti; compensa le spese processuali sostenute da M. SPA nei confronti di Rai SPA e compensa integralmente le spese processuali da quest’ultima sostenute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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