Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-07-2011, n. 4385

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 9 dicembre 2004, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora innanzi: "l’A.G.C.M." ovvero "l’Autorità’) avviava nei confronti di alcune società attive nel settore petrolifero un procedimento istruttorio ai sensi dell’art. 14 della l. 10 ottobre 1990, n. 287, ritenendo che esse avessero realizzato un’intesa illecita, vietata ai sensi dell’art. 81 del TCE (in seguito: art. 101 TFUE) nel mercato del c.d. "jet fuel’ – carburante per il trasporto aereo -, "in quanto costituita da un insieme di condotte volte al coordinamento del comportamento commerciale dei concorrenti all’interno di un contesto oligopolistico".

All’esito dell’istruttoria, l’Autorità adottava il provvedimento 14 giugno 2006, n. 15604/06, con il quale, dopo aver accertato l’esistenza dell’illecito antitrust e la responsabilità (fra le altre) delle odierne ricorrenti, condannava le società coinvolte al pagamento di cospicue sanzioni pecuniarie (a tal fine, l’Autorità suddivideva le imprese partecipanti all’intesa in tre gruppi – a ciascuno dei quali corrispondeva una determinata quota di mercato – e abbinava a ciascuno di essi un’ammenda di base di un determinato ammontare).

Il provvedimento sanzionatorio veniva impugnato dalle odierne ricorrenti dinanzi al T.A.R. del Lazio il quale, con quattro distinte pronunce (numm. 1741/07, 1748/07, 1745/07 e 1750/07) respingeva i ricorsi proposti.

Le quattro compagnie in questione, quindi, proponevano ricorso in appello al Consiglio di Stato il quale, con la sentenza 8 febbraio 2008, n. 424, previa riunione dei ricorsi li respingeva (mentre dichiarava improcedibili gli appelli incidentali proposti dalle società T. I. s.p.a. e K. P. I. s.p.a.).

La pronuncia in questione veniva gravata con il rimedio della revocazione ordinaria ( art. 395, c.p.c.) dalle società T. I. s.p.a. (ricorso n. 5705/2008) T. I. s.p.a. (ricorso n. 7519/2008), ENI s.p.a. (ricorso n. 7544/08) e K. P. I. s.p.a. (ricorso n. 7556/2008).

Si costituiva in giudizio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato la quale concludeva nel senso dell’inammissibilità ovvero della reiezione dei proposti gravami.

All’udienza pubblica del 29 aprile 2011 i procuratori delle parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni e la causa veniva trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Giungono alla decisione del Collegio quattro ricorsi per revocazione ordinaria proposti da altrettante società attive nel settore petrolifero avverso la sentenza di questo Consiglio di Stato, n. 424/2008 con cui – previa riunione – sono stati respinti i ricorsi dalle stesse proposti avverso il provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora innanzi: "l’A.G.C.M." ovvero "l’Autorità’) con cui le società in parola erano state ritenute responsabili di una grave ipotesi di intesa vietata nel settore della distribuzione del "jet fuel’ – carburante per il trasporto aereo – e condannate alle conseguenti sanzioni pecuniarie.

2. Il Collegio ritiene in primis di disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe ai sensi dell’art. 70, c.p.a., sussistendo evidenti ragioni di carattere oggettivo e in parte soggettivo.

3. In primo luogo si ritiene di esaminare il ricorso per revocazione proposto dalla soc. T. I. s.p.a. e recante il n. 5705/2008.

Secondo la società ricorrente, nel decidere l’appello di suo interesse, il Giudice del gravame avrebbe omesso di prendere in considerazione uno specifico motivo di appello articolato contro la sentenza di primo grado, in tal modo determinando un errore di fatto revocatorio per omessa pronuncia, rilevante ai sensi di cui all’art. 395, c.p.c. in base alla prevalente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.

In particolare, questo Giudice di appello avrebbe omesso di esaminare il motivo di gravame con cui si era contestata la pronuncia del T.A.R. per la parte in cui aveva ritenuto di poter desumere elementi circa la sussistenza di un’intesa violativa della concorrenza (inter alia) dal comportamento tenuto da ciascuna delle imprese compartecipi sul mercato nel corso del periodo oggetto di indagine.

In sede di gravame, la soc. T. I. s.p.a. aveva contestato la motivazione offerta dal T.A.R. per la parte in cui aveva ritenuto che il comportamento sul mercato dell’odierna ricorrente si fosse caratterizzato per la consapevole desistenza dall’adottare qualunque strategia di mercato di carattere espansivo o, quanto meno, qualunque comportamento di mercato caratterizzato da dinamismo ed aggressività.

In sede di appello la ricorrente aveva censurato l’erroneità in parte qua della richiamata pronuncia, per aver omesso di considerare che il comportamento in concreto tenuto sul mercato si fosse caratterizzato da forte dinamismo, sì da aver consentito di innalzare in modo sensibile la propria quota di mercato nel corso del periodo oggetto di indagine.

Nella presente sede, la soc. T. I. s.p.a. lamenta che questo Giudice di appello abbia omesso di tenere in qualunque considerazione il richiamato motivo di appello e le ragioni allo stesso sottese, e in particolare il fatto che essa (al contrario di quanto dedotto nella sentenza di primo grado) avesse tenuto sul mercato un comportamento dinamico e caratterizzato da incrementi nelle vendite e nelle quote di mercato.

Inoltre, il Giudice di appello avrebbe omesso di tenere in adeguata considerazione il fatto che, pur essendo stata provata l’esistenza di contatti con altre società operanti nel medesimo settore di attività, ciò non basterebbe a dimostrare come provata l’esistenza di un comportamento collusivo e partecipe della complessiva condotta anticoncorrenziale.

3.1. Il ricorso per revocazione è inammissibile.

3.2. Al riguardo, si osserva che il proposto gravame richiama in modo corretto l’orientamento secondo cui l’eventuale omesso esame di atti difensivi della parte è riconducibile all’errore di fatto, denunziabile con il rimedio ex art. 395, n. 4, c.p.c., quando si traduca in omissione di pronunzia su domande ed eccezioni proposte dalla parte medesima (Cons. Stato, I, 5 novembre 2008, n. 3723).

Tuttavia, nel caso in oggetto, l’esame degli atti di causa mostra che questo Giudice di appello non abbia mancato di esaminare i motivi di appello con cui si era riaffermato che la società ricorrente aveva tenuto un comportamento dinamico e attivo sul mercato.

Al contrario, la pronuncia oggetto di revocazione aveva puntualmente esaminato la questione del comportamento tenuto sul mercato dalla società T. I. nel corso del periodo oggetto di indagine, concludendo nondimeno nel senso della sussistenza di una condotta violativa del diritto comunitario e nazionale della concorrenza:

Costituiscono puntuali conferme di quanto appena affermato:

– il passaggio di pag. 70 della sentenza gravata, in cui si afferma che, nel corso del periodo oggetto di esame, fosse stato instaurato fra le società partecipi all’accordo un vero e proprio sistema di "non belligeranza’, alla cui configurazione non ostava "la strategia espansionistica (peraltro rientrata) di T.";

– il passaggio di pag. 79, da cui emerge che il Collegio avesse apprezzato e valutato la peculiarità del comportamento di mercato della soc. T. I., riconoscendo in modo espresso che essa fosse quella che presentava il coefficiente di variazione dell’attività più alto;

– il passaggio contenuto alle pagine 80 e 81, ove si legge che "l’elemento della stabilità delle quote non è contraddetto dalla crescita della quota di mercato di T. (5,49%), considerato che dalle stesse risultanze istruttorie è emerso, e l’Autorità ne ha dato atto, il tentativo di T. di adottare per alcuni anni un comportamento indipendente sul mercato.

La crescita di T. diventa così elemento di supporto della stabilità delle quote, in quanto dimostra che il semplice tentativo di condotte imprenditoriali autonome ed aggressive era idoneo a sortire gli effetti dell’aumento della quota di mercato; effetti che invece sono risultati assenti per le altre società, e tra queste le appellanti (l’Autorità ha poi tenuto conto di tale condotta di T. ai fini della riduzione della sanzione)".

In definitiva, non appare possibile affermare che il Giudice di appello abbia del tutto omesso di esaminare il motivo di appello relativo alle peculiarità del comportamento tenuto sul mercato dalla società T. I..

Al contrario, il comportamento in questione è stato puntualmente valutato dall’Autorità e ritenuto insufficiente per escludere la partecipazione di tale società all’intesa vietata (seppure la particolarità del medesimo comportamento è stata tenuta in considerazione in sede di determinazione della sanzione).

Ebbene, a prescindere dalla condivisibilità in se delle valutazioni svolte dal Collegio decidente (si tratta di questione che esula dall’ambito di applicazione del rimedio revocatorio), si osserva che il rimedio in questione è stato esperito in carenza dei requisiti legittimanti.

Dal che consegue la declaratorio di inammissibilità del ricorso.

4. In secondo luogo si ritiene di esaminare il ricorso per revocazione proposto dalla soc. T. I. s.p.a. e recante il n. 7519/2008.

Secondo la società ricorrente, nel decidere l’appello di suo interesse, il Collegio avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi sulla richiesta di procedere ad un rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del TFUE (già art. 234 del TCE) in relazione alla definizione di "mercato rilevantè nel settore del "jet fuel’ (mercato che l’A.G.C.M. ha ritenuto essere nazionale, mentre la società ricorrente riteneva essere locale, con conseguente inapplicabilità della disciplina antitrust nella specie applicata).

In particolare, nell’ambito del ricorso in appello, la società T. I. aveva chiesto di sollevare la seguente questione per rinvio pregiudiziale: "se, ai fini dell’applicazione dell’articolo 81 del Trattato CE, l’Autorità possa legittimamente attribuire al mercato rilevante (commercializzazione del jet fuel) una dimensione nazionale, ignorando immotivatamente i precedenti comunitari, univoci nel’affermare che i limiti di accesso alle infrastrutture logistiche di distribuzione (stoccaggio e messa a bordo) attribuiscono al mercato in questione una connotazione prettamente locale".

Nella tesi della ricorrente, l’omissione di alcuna pronuncia in ordine al richiamato quesito rileverebbe ai fini dell’ammissibilità del rimedio revocatorio, anche in considerazione del fatto che, ai sensi del terzo comma dell’art. 267 TFUE i Giudici nazionali avverso le cui decisioni non sono ammessi mezzi di gravame hanno l’obbligo (e non solo la facoltà) di sollevare questioni pregiudiziali relative all’interpretazione e all’applicazione del diritto comunitario laddove le stesse risultino rilevanti ai fini del decidere.

Al riguardo, rileverebbe la giurisprudenza comunitaria secondo cui il mancato rispetto da parte del Giudice nazionale di ultimo grado dell’obbligo di procedere al rinvio pregiudiziale dà luogo a una violazione manifesta del diritto comunitario (vengono citate, al riguardo, le sentenze della Corte di Giustizia delle CE 30 settembre 2003 in causa C224/01 -Köbler – e 13 giugno 2006 in causa C173/03 -Traghetti del Mediterraneo -).

4.1. Il ricorso per revocazione è fondato nella sua parte rescindente, ma deve essere respinto quanto alla fase rescissoria.

4.1.1. Quanto al primo profilo si osserva che, effettivamente, questo Giudice di appello ha omesso di rendere una qualunque pronuncia in ordine all’istanza (proposta dall’odierno ricorrente) finalizzata a sollevare una questione per rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del TFUE.

4.1.2. Tuttavia, per ciò che attiene il judicium rescissorium, si deve concludere nel senso che la domanda per rinvio pregiudiziale non avrebbe comunque potuto trovare accoglimento nei termini indicati dalla società ricorrente.

In sede di ricorso in appello, infatti, la soc. T. I. aveva affermato che, sulla base della consolidata giurisprudenza dei Giudici comunitari (e della altrettanto consolidata prassi applicativa della Commissione europea nella sua veste di Autorità antitrust comunitaria) il mercato del "jet fuel’ non assumerebbe una dimensione nazionale, bensì locale, con la conseguenza di privare l’A.G.C.M. della potestas decidendi sulla presunta intesa limitativa della concorrenza.

Al riguardo, la società in questione aveva osservato:

– che, nel mercato in questione, l’infrastruttura specifica di distribuzione e carico che permette agli operatori di commercializzare il prodotto è limitata al singolo aeroporto;

– che le particolarità del mercato in questione e i vincoli fisici relativi alle caratteristiche delle infrastrutture aeroportuali fanno sì che il mercato medesimo sia fortemente influenzato sia sotto il profilo della domanda, sia sotto il profilo dell’offerta (ad esempio, ben difficilmente un vettore aereo potrebbe orientarsi ad operare su un aeroporto piuttosto che su un altro in conseguenza delle variazioni di prezzo riscontrate su un singolo scalo);

– che, in definitiva, nel settore del "jet fuel’ dovrebbero essere individuati tanti mercati specifici per quanti sono gli aeroporti, anche laddove più aeroporti si trovino nella medesima zona;

– che le Autorità nazionali (e, in particolare, i Giudici di ultima istanza) non potrebbero adottare decisioni le quali si discostano dal pertinente paradigma comunitario (anche per ciò che riguarda l’individuazione del "mercato rilevante’), se non indicando in modo specifico le ragioni che inducono a discostarsi dal richiamato paradigma;

– che gli argomenti in fatto e in diritto utilizzati dall’Autorità (e fatti salvi dai Giudici di primo grado e di appello) al fine di affermare la dimensione nazionale del mercato del "jet fuel’ risulterebbero erronei in quanto contrastanti con il richiamato paradigma comunitario.

4.1.2.1. I motivi dinanzi sinteticamente richiamati sono infondati.

Si osserva al riguardo che il procedimento valutativo in cui si sostanzia l’individuazione del "mercato rilevantè implica in primo luogo un accertamento in fatto (rimesso in via esclusiva alle Autorità nazionali) cui fa seguito, in relazione ai fatti accertati, l’applicazione delle norme e dei principi in subjecta materia, quali interpretati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale (sul punto, Cons. Stato, VI, 25 marzo 2009, n. 1794).

Ne consegue che una questione interpretativa in ordine alle pertinenti disposizioni del diritto comunitario si può porre soltanto – per così dire: "in astrattò – in relazione alle regole e ai princìpi per la determinazione del mercato del prodotto rilevante e del mercato geografico rilevante.(si tratta, però, di regole e princìpi la cui operatività invero è pacifica e che non è stata nel caso in esame posta in alcun modo in discussione).

Al contrario, il procedimento di sussunzione "in concretò delle regole in parola alle peculiarità del caso di specie comporta una valutazione in fatto che esula dai profili di interpretazione dei Trattati istitutivi di cui è menzione al primo comma dell’art. 267 del TFUE e che risulta rimessa in via esclusiva alle Autorità nazionali

D’altronde, il fatto che la Commissione europea, nella sua veste di Autorità Antitrust comunitaria, abbia risolto un certo numero di casi analoghi in tema di "jet fuel’ ritenendo che il mercato rilevante abbia una dimensione locale non può indurre a ritenere un principio di diritto comunitario volto ad affermare la natura sempre locale del mercato in parola.

Al contrario, le conformi decisioni della Commissione devono essere riguardate soltanto come la sommatoria di una serie di giudizi in concreto, (in quanto tale inidonei a fondare l’esistenza di un generale principio del diritto dell’Unione). Ne consegue che resti intatta in capo alle Autorità antitrust nazionali il potere di svolgere l’esame in concreto circa il carattere locale o nazionale del mercato rilevante e di operare la sussunzione del giudizio di fatto in tal modo reso in relazione ai pertinenti princìpi del diritto comunitario.

Si tratta, tuttavia, di una valutazione fattuale che esula dall’interpretazione delle disposizioni dei Trattati istitutivi.

Ai limitati fini che qui rilevano si osserva, infine, che l’Autorità ha fornito una motivazione adeguata e scevra da palesi profili di abnormità in ordine alle ragioni che l’avevano indotta (discostandosi dalle conclusioni sovente tracciate dall’Esecutivo comunitario) ad affermare il carattere soltanto locale del mercato del "jet fuel’ (al riguardo, l’A.G.C.M.) aveva enfatizzato: a) la circostanza che la domanda di prodotto si estrinseca attraverso l’indizione da parte dei vettori di gare nazionali e b) che la prassi dei c.d. "transfer stocks" risultasse di per sé idonea a neutralizzare le barriere di accesso nei singoli scali.

5. In terzo luogo si ritiene di esaminare il ricorso per revocazione proposto dalla soc. ENI s.p.a. e recante il n. 7544/2008.

Secondo la società ricorrente, la sentenza in epigrafe risulterebbe affetta da un duplice errore di fatto revocatorio, rilevante ai fini della riforma della pronuncia ai sensi dell’art. 395, c.p.c.

5.1. Il primo errore di fatto revocatorio inficiante la sentenza di questo Consiglio di Stato n. 424/2008 consisterebbe nel mancato esame del motivo di gravame relativo alla mancata verbalizzazione, in sede di incontro istruttorio in data 8 marzo 2006, delle dichiarazioni rese dal sig. Giuseppe G., consulente dell’IBAR (Italian Board Airline Representatives) e responsabile dell’approvvigionamento carburanti di A. nel corso del periodo oggetto di istruttoria.

Secondo la società ricorrente, in sede di verbalizzazione delle dichiarazioni rese nel corso dell’incontro tenutosi in data 8 marzo 2006, l’Autorità avrebbe omesso di dare conto delle dichiarazioni del sig. G., le quali avrebbero escluso l’esistenza di uno scambio di informazioni sensibili, riservate e non altrimenti acquisibili fra le imprese coinvolte dall’indagine antitrust.

Ancora, sia il T.A.R., sia questo Consiglio di Stato avrebbero omesso di tenere in qualunque considerazione il motivo di ricorso fondato sulla dichiarazione pro veritate resa in data 31 marzo 2006 dallo stesso sig. G., il quale avrebbe di fatto smentito il contenuto delle dichiarazioni in precedenza verbalizzate, fornendo altresì una diversa versione delle dichiarazioni rese.

5.1.1. Il ricorso per revocazione è in parte qua inammissibile per l’insussistenza del lamentato errore di fatto revocatorio sotto la specie dell’omesso esame di un motivo di gravame.

Si osserva, infatti, che la pronuncia oggetto di gravame ha bensì affrontato il motivo di gravame con cui si era trattata la questione della verbalizzazione delle dichiarazioni rese dal sig. G..

Ed infatti, a pag. 39 della pronuncia in questione viene puntualmente affrontata e risolta in senso negativo la questione della lamentata inattendibilità del verbale di audizione del sig. G., anche alla luce dell’opposta dichiarazione pro veritate dallo stesso successivamente resa.

Al riguardo, questo Giudice di appello ha affermato che "conviene affrontare subito la censura, per la sua incidenza sul procedimento e per l’assoluta inconsistenza che la caratterizza, posto che si tratta di una ritrattazione – per giunta in forma anomala – di dichiarazioni legittimamente acquisite all’istruttoria".

Ora, al di là della condivisibilità in se del giudizio nella specie svolto circa l’originario contenuto del verbale di audizione in data 8 marzo 2006 e della successiva dichiarazione pro veritate in data 31 marzo 2006 (giudizio che esula dai limiti del rimedio revocatorio), risulta comunque priva di fondamento la censura secondo cui questo Giudice di appello avrebbe omesso una qualunque pronuncia circa il richiamato motivo di appello.

Ed infatti, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, è idonea a concretare un errore di fatto revocatorio soltanto una erronea percezione del contenuto degli atti del giudizio la quale inerisca al contenuto meramente materiale degli atti del giudizio e non alla relativa interpretazione (Cons. Stato, VI, 25 giugno 2002, n. 3463).

Ebbene, nel caso in questione, questo Giudice di appello si è certamente pronunciato in ordine alla questione della duplice dichiarazione resa dal sig. G. in data 8 marzo e 31 marzo 2006, con la conseguenza che il lamentato vizio revocatorio sia stato inammissibilmente rivolto avverso il contenuto interpretativo della pronuncia oggetto di gravame.

Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che nessun rilievo riveste ai fini del decidere la circostanza per cui nell’ambito della pronuncia oggetto di gravame, il sig. G. sia stato qualificato come "consulentè della società ricorrente, piuttosto che dell’Alitalia.

Si osserva al riguardo che l’errore in questione non ha comunque in alcun modo sull’economia della decisione, risultando comunque determinante ed assorbente la non valutabilità della sostanziale ritrattazione resa dal sig. G. rispetto a quanto in precedenza affermato e verbalizzato.

5.2. Il secondo errore di fatto revocatorio inficiante la sentenza di questo Consiglio di Stato n. 424/2008 consisterebbe nel mancato esame della documentazione posta a supporto del motivo con cui si era censurata la decisione dell’Autorità in relazione alla questione del fallimento dei tentativi dei vettori aerei (e, segnatamente, di A.) di ricorrere alla pratica dell’autorifornimento nel settore del "jet fuel’.

In particolare, la società ENI s.p.a. lamenta che questo Giudice di appello non abbia in alcun modo esaminato il cospicuo apparato probatorio posto a supporto del motivo di gravame con cui si era lamentato che la decisione dell’A.G.C.M. non avesse tenuto in alcun conto gli argomenti profusi al fine di dimostrare che il fallimento dei tentativi di A. di istituire un sistema di auto rifornimento non fosse in alcun modo imputabile ad ENI.

5.2.1. Il ricorso per revocazione è in parte qua inammissibile.

Al riguardo il Collegio ritiene di prestare adesione al consolidato orientamento secondo cui l’errore di fatto non è ravvisabile nel caso in cui si assuma essere stato omesso l’esame di prove documentali prodotte ovvero si sia proceduto ad una erronea o incompleta valutazione delle medesime, traducendosi tali doglianze in una censura di errore di giudizio che esorbita dall’ambito dell’impugnazione per revocazione e che, quindi, non è denunciabile con tale mezzo dovendosi l’erronea negazione di un fatto, inoltre, presentarsi come presupposto essenziale, se non unico, della decisione contestata ed assumere i caratteri dell’evidenza, dell’obiettività e della rilevabilità immediata (Cons. Stato, III, 2 settembre 2010, n. 3083).

Si è condivisibilmente osservato al riguardo che la lettura e l’interpretazione dei documenti di causa appartiene all’insindacabile valutazione del giudice e non può essere censurata quale errore di fatto previsto dall’art. 395 n. 4, c.p.c., salvo trasformare lo strumento revocatorio in un inammissibile terzo grado di giudizio. Ciò in quanto l’errore di fatto deducibile in sede di revocazione non è ravvisabile nel caso in cui si assuma che il giudice abbia omesso di esaminare, su questione oggetto di discussione tra le parti, le prove documentali esibite o acquisite d’ufficio, ovvero abbia proceduto ad una erronea ed incompleta valutazione delle medesime: siffatta doglianza si risolve in una censura di errore di giudizio, esorbitante in quanto tale dall’ambito della revocazione (Cons. Stato, VI, 29 gennaio 2008, n. 241).

Pertanto, non può essere ammesso il rimedio della revocazione ordinaria avverso il capo della sentenza gravata con cui il Giudice di appello ha concluso che il complesso degli elementi a disposizione deponesse nel senso che il pieno controllo della filiera logistica da parte delle compagnie petrolifere avesse impedito l’ingresso di nuovi fornitori, nonché la possibilità per il principale vettore nazionale di dotarsi di un sistema di auto rifornimento (o "self supply’).

6. In quarto luogo si ritiene di esaminare il ricorso per revocazione proposto dalla soc. K. P. I. s.p.a. e recante il n. 7556/2008.

Secondo la società, la sentenza in epigrafe risulterebbe affetta da un errore di fatto revocatorio per non avere esaminato il motivo di gravame con cui (reiterando analogo motivo già svolto in primo grado) si era affermato che tale società non svolge alcuna attività di commercializzazione del "jet fuel’, dal momento che tale attività è svolta da altra società del gruppo (la società di diritto inglese K. Petroleum Internetional Aviation Company – KPIAC -), mentre l’odierna appellante si limita alla mera esecuzione di contratti conclusi dalla KPIAC, svolgendo le materiali operazioni di approvvigionamento, stoccaggio e messa a bordo dei prodotti.

Sia nel corso del primo grado, sia nel giudizio di appello, l’odierna ricorrente avrebbe sottolineato la netta separazione fra: a) l’attività commerciale svolta nel settore del "jet fuel’ dalla soc. KPIAC e b) l’attività meramente esecutiva demandata all’odierna ricorrente, ma il motivo in questione non sarebbe stato in alcun modo affrontato, in tal modo giustificando il ricorso al rimedio revocatorio.

6.1. Il ricorso in questione è inammissibile, non essendo individuabile nel caso in questione un errore di fatto revocatorio ai sensi dell’art. 395, c.p.c.

Come correttamente osservato dalla Difesa erariale, infatti, il provvedimento impugnato in primo grado dà adeguatamente conto del fatto che la condotta della soc. K. P. I. s.p.a. fosse autonomamente idonea a supportare la determinazione sanzionatoria, anche a prescindere dalla circostanza per cui l’attività contrattuale e commerciale nel settore del "jet fuel’ fosse demandata alla società di diritto inglese KPIAC.

Ed infatti, il provvedimento in questione (la cui correttezza è stata in parte qua riconfermata dal T.A.R. e da questo Giudice di appello) ha puntualmente motivato la determinazione assunta su una serie di circostanze certamente idonee ad innestare in capo all’odierna ricorrente un autonomo titolo di responsabilità nell’ambito della complessiva fattispecie antitrust.

Ci si riferisce, in particolare:

– alla circostanza per cui fosse l’odierna ricorrente a detenere le partecipazioni nell’ambito delle imprese comuni;

– alla circostanza per cui fosse l’odierna ricorrente a risultare mittente e destinataria del flusso di comunicazioni attraverso il quale si era concretato lo scambio di informazioni;

– alla circostanza per cui fosse l’odierna ricorrente ad avere svolto un ruolo attivo nella ripartizione delle quote di mercato negli scali italiani, ponendo in essere -inter alia – misure di carattere ritorsivo in danno di alcune società concorrenti.

Per le ragioni appena esaminate deve ritenersi l’insussistenza nel caso di specie di un errore di fatto revocatorio sotto la specie dell’omesso esame di un motivo di ricorso, sulla scorta del consolidato orientamento secondo cui l’errore di fatto idoneo a sorreggere il ricorso per revocazione è solo quello che consiste in un’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio il quale sia risultato determinante sulla pronuncia, nel senso di determinare un rapporto di necessaria causalità tra l’erronea supposizione e la pronuncia stessa (Cons. Stato, IV, 24 gennaio 2011, n. 503; id., VI, 16 marzo 2009, n. 1542; id., IV, 31 luglio 2007, n. 4251).

Ebbene, nel caso in esame non sussiste un siffatto rapporto di necessaria causalità in quanto il provvedimento oggetto di impugnativa fondava in modo autonomo (e scevro da vizi logici e valutativi) la responsabilità dell’odierna ricorrente in relazione all’illecito antitrust oggetto di indagine, pure a prescindere dalla questione relativa all’apporto fornito nella vicenda dalla società KPIAC.

Per tali ragioni il ricorso per revocazione n. 7556/08 deve essere dichiarato inammissibile.

7. Per i motivi sin qui esposti, i ricorsi in epigrafe, che devono essere definiti in modo congiunto devono essere decisi come segue:

– i ricorsi numm. 5705/2008 (T. I.), 7544/2008 (ENI) e 7556/2008 (K. P. I.) devono essere dichiarati inammissibili;

– il ricorso n. 7519/2008 (T. I.) deve essere respinto

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa riunione, così decide:

– dichiara inammissibili i ricorsi numm. 5705/2008 (T. I. s.p.a.), 7544/2008 (ENI s.p.a.) e 7556/2008 (K. P. I. s.p.a.);

– respinge il ricorso n. 7519/2008 (T. I. s.p.a.).

Condanna le società T. I. s.p.a., ENI s.p.a. e T. I. s.p.a. alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5.000 (cinquemila) a carico di ciascuna di esse, oltre gli accessori di legge

Condanna la società K. P. I. alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 10.000 (diecimila), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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