T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 20-07-2011, n. 441 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti fanno presente di essere proprietari di un terreno destinato a zona residenziale. Sennonché il comune commetteva un errore nella cartografia assegnando al terreno la destinazione a verde pubblico e non residenziale; nonostante le osservazioni presentate al riguardo, il comune tardava nel correggere il piano regolatore.

La mancata tempestiva correzione ha comportato il fallimento delle trattative dei ricorrenti che volevano cedere a un’impresa il loro terreno per ottenere in cambio due appartamenti nella palazzina da costruire. Il rapporto di causa ed effetto tra l’inerzia comunale e il danno subito dai ricorrenti lo rende pienamente risarcibile, ed essi lo quantificano nella somma di Euro 171.200, corrispondente al valore degli immobili di cui i ricorrenti sarebbero divenuti proprietari in cambio della cessione del terreno.

Resiste in giudizio il comune, il quale, ricostruita la vicenda, eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non risulta impugnato tempestivamente il provvedimento illegittimo e coltivato il relativo giudizio di annullamento. I ricorrenti invero non hanno promosso il giudizio per il silenzio rifiuto.

Inoltre, secondo il comune, non vi sarebbe nessuna sua inerzia colpevole essendosi attivato tempestivamente per correggere l’errore della cartografia nel 2003.

Quanto poi alla successiva richiesta del 2007, avvenuta dopo l’adozione di una nuova variante del 2007, il comune osserva come la richiesta dei ricorrenti non fosse accoglibile, avendo già presentato un’osservazione; inoltre era opportuno attendere la nuova variante al piano regolatore. La pretesa dei ricorrenti contenuta nella nota del 21 settembre del 2007 risultava quindi equiparabile a un’osservazione non ammissibile e non ricevibile.

Infine, il danno risulta solo presunto e ipotetico e non viene affatto dimostrato; il contratto preliminare esibito dai ricorrenti risulta privo di una data certa e non prevede alcun termine per la stipula del contratto definitivo. Il comune conclude per il rigetto del gravame.

Nel corso della pubblica udienza del 7 luglio 2011 la causa è stata introitata per la decisione.

Motivi della decisione

I ricorrenti agiscono in giudizio per ottenere il risarcimento del danno derivante dall’inerzia dell’amministrazione, causata a loro avviso dalla mancata correzione da parte del comune di un errore cartografico relativo alla destinazione d’uso di due particelle immobiliari di loro proprietà. Il ritardo dell’amministrazione avrebbe causato un danno di cui chiedono il risarcimento in via autonoma.

In via preliminare bisogna farsi carico dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal comune, in quanto i ricorrenti non hanno impugnato i provvedimenti ritenuti lesivi chiedendone l’annullamento, e non hanno nemmeno agito contro il silenzio e l’inerzia dell’amministrazione.

Su tale questione si osserva come essa riguardi la ben nota disputa sulla cosiddetta pregiudizialità amministrativa, sulla necessità cioè o meno di impugnare in via preventiva un atto amministrativo per poi poter chiedere il danno da esso derivante.

Come noto, l’entrata in vigore del codice del diritto amministrativo ha introdotto formalmente la possibilità di una domanda di risarcimento del danno in via autonoma, sia pure con termini e condizioni alquanto rigorose. Il codice ha altresì disciplinato in modo specifico la domanda di risarcimento del danno derivante dal ritardo della pubblica amministrazione.

Il presente ricorso peraltro è stato proposto nel 2008, in un momento antecedente non solo rispetto al codice del diritto amministrativo ma altresì rispetto alla modifica della legge 241 del 1990, articolo 2 bis, sul punto del ritardo stabilita dalla legge 69 del 2009.

Questo collegio ritiene quindi allo stato di trattenere la giurisdizione.

Comunque, sulla base della normativa vigente prima del codice, oltre che sulla base del medesimo codice, il danno da ritardo risulta risarcibile unicamente quando venga provata da parte ricorrente o la colpa ovvero il dolo dell’amministrazione. In sostanza non è sufficiente l’inosservanza del termine procedimentale per far considerare sussistente il danno.

Ne deriva che l’illegittimità dell’atto amministrativo, che si assume essere stata causa di un danno, è un requisito necessario ma non sufficiente per la fondatezza dell’azione risarcitoria, la quale postula che il ricorrente dimostri altresì la sussistenza di un evento dannoso, l’ingiustizia del danno perché incidente su un interesse tutelato dall’ordinamento, il nesso di causalità con la condotta negativa dell’Amministrazione e la colpa di quest’ultima (Cons. Stato, Sez. VI, 6 maggio 2008 n. 2015).

La giurisprudenza ha quindi ritenuto che il ricorrente debba fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell’istruttoria e non all’allegazione dei fatti; se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l’obbligo, a monte, di allegare circostanze di fatto precise e quando il soggetto onerato della allegazione e prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito.

Venendo al caso in esame, questo collegio osserva fin da subito che parte ricorrente non riesce a dimostrare in ricorso né la colpa né il dolo dell’amministrazione comunale. Inoltre, non risulta che i ricorrenti si siano attivati tempestivamente per sollecitare l’amministrazione ad agire, e tale aspetto costituisce un elemento decisivo per giudicare il comportamento della parte.

Si osserva poi in via di fatto come nel 2003 l’amministrazione comunale abbia adottato con tempestività la delibera consiliare 30 del 2003 relativa proprio alla correzione dell’errore materiale evidenziato dai ricorrenti.

Nel 2007 il 10 maggio il comune, dopo aver provveduto a sdemanializzare un relitto di strada, al confine con il terreno dei ricorrenti, lo trasferiva a questi ultimi rilasciando quindi un certificato di destinazione della zona, adibita a zona residenziale parzialmente edificata. Il 15 maggio del 2007 veniva adottata una nuova variante generale al piano regolatore, in cui i terreni dei ricorrenti erano individuati come zona a verde pubblico.

I ricorrenti presentavano un’osservazione a riguardo in data 28 giugno 2007, nell’ambito del procedimento di approvazione di detta variante. In data 21 settembre 2007 e ricorrenti chiedevano con un’apposita istanza all’amministrazione di ripristinare la destinazione precedente.

Da quanto illustrato emerge chiaramente come i ricorrenti siano rimasti inerti dal 2003 fino al 2007, laddove l’amministrazione nel 2003 aveva corretto tempestivamente l’errore cartografico.

Nel 2007 invece non si è trattato di alcun errore, contrariamente a quanto asserito in ricorso, ma di una scelta pianificatoria della variante al piano regolatore. Le asserzioni contenute nella nota comunale 3 dicembre 2007 di richiesta di parere al progettista del piano non assumono alcun valore, trattandosi di atto preparatorio interno cui non è seguita alcuna formale determinazione del Comune. Dalla documentazione versata in causa non risulta che la destinazione a verde di cui alla variante del 2007 sia frutto di un mero errore.

In sostanza, dal comportamento dell’amministrazione non è dato evincere alcun colpevole ritardo, che comunque non risulta in alcun modo oggetto di azione giudiziaria o di diffida formale da parte dei ricorrenti.

Si aggiunga che il danno non risulta affatto dimostrato, in quanto l’atto preliminare (documento n 5 del fascicolo di parte ricorrente) di compravendita, ancorchè datato 21 marzo 2007, non risulta di data certa e inoltre non contiene alcun termine per la stipula del contratto definitivo.

Il presente ricorso quindi, ancorché ammissibile, risulta privo dei requisiti necessari per risarcire il danno derivante dal ritardo della pubblica amministrazione, ritardo che non solo non sussiste ma che non risulta connesso al danno asseritamente subito dai ricorrenti ma non dimostrato.

Conclusivamente il ricorso in esame deve essere rigettato.

Il Collegio ritiene, anche a ragioni delle oscillazioni e incertezze giurisprudenziali, in particolare sulla risarcibilità del danno da ritardo, che sussistano giuste ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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