Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-12-2011, n. 26018 Migliorie e addizioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione in data 8.1.1998 la società Appia Sport s.r.l. in liquidazione conveniva in giudizio davanti al Pretore di Roma- sezione distaccata di Tivoli T.M., quale erede di T.E., per sentirla condannare alla restituzione di quanto realizzato (impianto elettrico, impianto di areazione, infissi in alluminio, controsoffitti, motore elettrico, insegna e antifurto) in un locale sito in (OMISSIS), concesso in locazione da T. E. alla società Appia Sport, o, in alternativa, per sentirla condannare al pagamento di un indennità pari al valore delle opere realizzate (indicato in L. 20.000.000, oltre interessi e rivalutazione).

A sostegno della domanda, la società deduceva di essersi riservata, all’atto della riconsegna dell’immobile, il diritto di asportare le opere in questione, qualora di esse non avesse voluto usufruire il nuovo conduttore e che tale diritto era stato riconosciuto dal locatore, che con lettera raccomandata aveva avvertito la società che il locale sarebbe stato concesso in locazione al titolare dell’associazione culturale "Ballo non solo". In seguito aveva dichiarato detto titolare, C.M., di non volere usufruire di dette opere e che quindi non era stato possibile recuperarle. Si costituiva in giudizio la convenuta T. mentre non si costituiva il C..

Il Tribunale di Tivoli, disposto il mutamento di rito, con sentenza in data 7.4.2004, condannava la convenuta al pagamento in favore della società attrice della somma di Euro 12.911,42, oltre interessi, rigettando la domanda di manleva. A seguito dell’ appello della T., costituitasi la società convenuta e contumace il C., la Corte d’Appello di Roma, con la decisione in esame depositata in data 23.7.2008, rigettava l’impugnazione.

Ricorre per cassazione la T. con due motivi, e relativi quesiti, illustrati da memoria; non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

La causa perviene all’odierna udienza a seguito di ordinanza interlocutoria della seconda sezione civile di questa Corte, depositata in data 20.5.2011.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 2495 c.c., comma 2; si sostiene che erroneamente la Corte di Roma ha ritenuto sussistente in capo al Ce., nella qualità di liquidatore della società Appia Sport, il potere rappresentativo di quest’ultima all’atto della instaurazione del giudizio di primo grado (24.12.1997), mentre la società a quella data era stata già cancellata dal registro delle imprese.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’ art. 1593 c.c. in quanto le opere in questione non erano affatto asportabili.

Il ricorso è infondato in relazione a entrambe le suesposte censure.

In relazione al primo motivo non può che ribadirsi quanto già statuito da questa Corte a Sezioni Unite (n. 4060/2010), secondo cui in tema di società di capitali, la cancellazione dal registro delle imprese determina l’immediata estinzione della società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo, soltanto nel caso in cui tale adempimento abbia avuto luogo in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4 che, modificando l’art. 2495 c.c., comma 2, ha attribuito efficacia costitutiva alla cancellazione: a tale disposizione, infatti, non può attribuirsi natura interpretativa della disciplina previgente, in mancanza di un’espressa previsione di legge, con la conseguenza che, non avendo essa efficacia retroattiva e dovendo tutelarsi l’affidamento dei cittadini in ordine agli effetti della cancellazione in rapporto all’epoca in cui essa ha avuto luogo, per le società cancellate in epoca anteriore al 1 gennaio 2004 l’estinzione opera solo a partire dalla predetta data.

Pertanto non censurabile sul punto è l’impugnata decisione laddove ha statuito che non sussisteva la carenza di potere rappresentativo in capo al liquidatore della società al momento della instaurazione del giudizio di primo grado, conservando la società la sua piena capacità processuale (potendo agire o essere evocata in giudizio in persona del liquidatore, al quale spettava la rappresentanza della stessa), non essendo alla fattispecie in esame applicabile la modifica introdotta dal nuovo testo dell’art. 2495 c.c.. Infondato è anche il secondo motivo: deve premettersi che l’"asportabilita" o meno di quanto realizzato dalla società conduttrice non può che fondarsi su un giudizio di mero fatto su cui la Corte di merito ha ampiamente motivato affermando che "nella specie, l’appellante sostiene genericamente che le opere realizzate dal conduttore sarebbero tutte inamovibili, ma tale inamovibilità, oltre ad essere contraddetta dalla natura delle opere (impianto elettrico, impianto di areazione, infissi in alluminio, controsoffitto, motore elettrico, insegna), è negata dal contenuto del verbale di riconsegna in data 30.6.95, con il quale il locatore ha acconsentito alla restituzione delle opere nel caso queste non fossero state di gradimento del nuovo conduttore. Come ha esattamente ritenuto il Tribunale, nella fattispecie trova, quindi, applicazione la disciplina prevista dalla legge in tema di addizioni ( art. 1593 c.c., comma 1) e non quella in tema di miglioramenti …".

Ogni ulteriore valutazione sul punto è preclusa a questa Corte.

Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte della società intimata comporta il non doversi provvedere in ordine alle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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