T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 20-07-2011, n. 604 Autonomia locale Contratti e convenzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il ricorso all’esame, notificato in data 5 novembre 2010 e depositato in segreteria il successivo 18 novembre, il ricorrente, avvocato, impugna la delibera di giunta municipale indicata in epigrafe con cui è stato conferito agli avvocati Di Sora e Fiorini un incarico professionale avente a oggetto l’impugnazione del lodo pronunciato in data 7 aprile 2010 dal Collegio arbitrale introdotto dalla T.E.I. s.r.l. contro l’amministrazione provinciale.

Il ricorrente, che afferma di agire nella sua qualità di avvocato esperto nel settore e a tutela del suo interesse al conferimento dell’incarico in contestazione, denuncia l’illegittimità per incompetenza della giunta della delibera impugnata e la violazione del principio generale che impone che l’affidamento di incarichi professionali da parte delle amministrazioni pubbliche avvenga previa selezione comparativa tra i professionisti; in particolare in ricorso si richiama la disciplina del d.lg. 12 aprile 2006, n. 163 e, specificamente, la disposizione dell’articolo 27, venendo in rilievo un "servizio legale" ricompreso al numero 21 dell’elencazione dell’allegato II B.

2. Si costituivano in giudizio la provincia di Frosinone e gli avvocati Di Sora e Fiorini che eccepivano l’inammissibilità per tardività e carenza d’interesse del ricorso e, in subordine, la sua infondatezza. Interveniva altresì ad adiuvandum la T.E.I..

3. In data 29 dicembre 2010 il ricorrente depositava un atto recante motivi aggiunti coi quali impugnava il regolamento di cui alla delibera G.P. n. 282 del 29 luglio 2007 ("Regolamento per la disciplina delle procedure comparative propedeutiche al conferimento degli incarichi esterni e per l’osservanza degli obblighi di pubblicità") e, precisamente, la disposizione dell’articolo 1, comma 2, che esclude il ricorso alla "procedura comparativa" per "gli incarichi conferiti per il patrocinio e la difesa in giudizio dell’amministrazione" (o meglio che esclude questi ultimi incarichi dall’applicazione della sua disciplina). Deduceva il ricorrente, che sostanzialmente riproponeva la censure recate dal secondo motivo di ricorso, che la disposizione regolamentare citata viola i principi generali, anche di derivazione comunitaria, che garantiscono la parità di trattamento, la trasparenza e la concorrenza e le disposizioni del d.lg. 12 aprile 2006, n. 163 relative all’affidamento dei "servizi legali".

4. Preliminarmente occorre esaminare le eccezioni d’inammissibilità sollevate dai resistenti.

5.1. Anzitutto viene eccepito che il ricorso principale sarebbe tardivo in quanto la delibera impugnata, non necessitante di comunicazione individuale al ricorrente, è stata pubblicata all’albo pretorio con la conseguenza che il termine per la sua impugnazione sarebbe decorso dall’ultimo giorno di pubblicazione, vale a dire dalla data del 1° luglio 2010 (essendo stata la delibera pubblicata il 16 giugno 2010); il termine di impugnazione sarebbe quindi scaduto il 15 ottobre 2010, cosicchè il ricorso, che è stato consegnato per la notifica il 5 novembre, sarebbe irrimediabilmente tardivo.

Viene altresì eccepito che tardivi sarebbero anche i motivi aggiunti dato che la delibera di approvazione del regolamento impugnato è stata a suo tempo pubblicata.

A questo discorso il ricorrente oppone che nella fattispecie viene in rilievo l’affidamento di un servizio legale (nell’accezione dell’allegato II B del citato d.lg. n. 163 del 2006); ciò implica l’applicazione, in forza del disposto degli articoli 20 e 27 del d.lg. citato, delle previsioni, in punto di pubblicazione degli avvisi di aggiudicazione, degli articoli 65 e 225, adempimento, quest’ultimo, completamente omesso (con violazione oltretutto delle disposizioni del regolamento approvato con la delibera G.P. n. 282 del 2007 che all’articolo 13 prescrivono la pubblicazione sul sito web della provincia dei provvedimenti aventi a oggetto il conferimento di incarichi); sostiene il ricorrente che l’omissione della pubblicità specificamente prevista per il tipo di incarico in contestazione rende inidonea la pubblicazione all’albo pretorio del provvedimento impugnato a produrre il suo normale effetto di decorrenza del termine per l’impugnazione della delibera innanzi al giudice amministrativo. In ordine all’impugnazione del regolamento il ricorrente – che si richiama al principio secondo cui l’atto generale, non autonomamente lesivo, va impugnato unitamente all’atto esecutivo che sul primo si fondi – fa presente che esso è stato tempestivamente impugnato non appena è divenuto noto (per effetto del deposito della memoria di costituzione della provincia che ha giustificato il proprio operato facendo riferimento alla disposizione dell’articolo 1, comma 2, di quell’atto normativo, non menzionato nella delibera impugnata a mezzo del ricorso principale e mai pubblicato in Gazzetta ufficiale con conseguente esclusione di qualsiasi legale presunzione di conoscenza del medesimo).

5.2. Circa il profilo dell’interesse al ricorso i resistenti evidenziano che l’annullamento della delibera impugnata produrrebbe l’effetto di render nullo il mandato conferito sulla sua base con conseguente definitività del lodo arbitrale (già impugnato innanzi alla Corte d’appello di Roma); nessun vantaggio quindi otterrebbe il ricorrente da un eventuale accoglimento del suo ricorso.

5.3. La decisione delle questioni così sollevate presuppone la definizione, almeno in parte, del merito della causa e, in particolare, la soluzione della questione fondamentale che pone il ricorso, se cioè l’affidamento di un singolo incarico professionale a un avvocato sia riconducibile ai "servizi legali" di cui all’allegato II B al codice degli appalti.

Se infatti la risposta al quesito risultasse negativa, effettivamente il termine di impugnazione (che sarebbe quello ordinario di sessanta giorni) decorrerebbe dall’ultimo giorno di pubblicazione della delibera impugnata con conseguente irrimediabile tardività (e sostanziale infondatezza delle censure aventi a oggetto l’omissione della procedura comparativa) dell’impugnazione o, meglio, delle impugnazioni.

Opposte sarebbero le conclusioni ove invece si ritenesse che la fattispecie rientri nell’allegato II B al codice degli appalti; in tal caso, infatti, si applicherebbero l’articolo 20 del d.lg. n. 163 (che rende applicabili alla fattispecie anche gli articoli 65 e 225) e il successivo articolo 27 e, venendo in rilievo una controversia in materia di affidamento di un servizio, i termini di impugnazione sarebbero soggetti alla disciplina dell’articolo 245 del d.lg. n. 163 (in vigore all’epoca di pubblicazione dell’atto impugnato e il cui contenuto è stato oggi trasfuso nell’articolo 120 cod.proc.amm.); ne deriverebbe la tempestività sia del ricorso che dei motivi aggiunti (oltre che la sostanziale fondatezza di quanto sostiene il ricorrente per la evidente violazione dei principi richiamati dall’articolo 27 del d.lg. n. 163 citato). Un eventuale accoglimento del ricorso – che comunque non implicherebbe il conferimento dell’incarico al ricorrente, dato che questi si duole del mancato svolgimento di una procedura di tipo selettivocomparativo che, ove si fosse svolta o si svolgesse, non necessariamente lo vedrebbe vincitore – non determinerebbe automaticamente l’inefficacia del rapporto d’opera tra i controinteressati e l’amministrazione resistente e la nullità del mandato loro conferito (tra l’altro l’invalidità del mandato può sempre essere sanata in corso di procedimento con efficacia retroattiva), dato che è il giudice amministrativo che annulla l’aggiudicazione a disporre in ordine alla eventuale inefficacia del contratto.

5.4. Ciò premesso l’eccezione di tardività è infondata.

La regola della decorrenza del termine di impugnazione dall’ultimo giorno di pubblicazione all’albo pretorio, per i soggetti nei cui confronti non sia dovuta la comunicazione individuale (come avviene incontestabilmente nella fattispecie), è indubbiamente una regola di carattere generale, che scaturisce dal combinato disposto degli articoli 124 del d.lg. 17 agosto 2000, n. 267 e 41, comma 2, cod. proc. amm., e che è pertanto sempre applicabile in assenza di deroghe.

Ad avviso del Collegio nella fattispecie si applica però una disciplina diversa di tipo derogatorio e speciale.

5.5. Il Collegio condivide infatti l’assunto del ricorrente secondo cui il conferimento a un avvocato di un incarico professionale avente a oggetto la difesa in un giudizio di un ente pubblico è riconducibile all’affidamento di "servizi legali" nell’accezione di cui all’allegato II B del codice appalti (cfr. Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per il Veneto – Delibera n. 7/2009/par); sul punto deve rilevarsi che non sarebbe corretto ritenere – come suggerito dai resistenti – che la disposizione in questione sia applicabile solo al caso di affidamento di un incarico di tipo generale (cioè avente a oggetto la consulenza e/o difesa in giudizio dell’ente per un determinato periodo di tempo) e non anche al conferimento di singoli incarichi professionali, come nella specie, dato che anche in quest’ultimo caso si tratta pur sempre di affidamento di un servizio e la normativa non prevede la limitazione in questione (che, d’altra parte, ove fosse riconosciuta, si tradurrebbe in un istituzionale strumento per eludere la necessità della procedura comparativa, dato che, per evitare quest’ultima, sarebbe sufficiente conferire singoli incarichi di consulenza e assistenza).

5.6. La questione, per la sua rilevanza, merita alcune puntualizzazioni.

La normativa del codice degli appalti – nell’elencare all’allegato II B i servizi in parte "esclusi" dall’applicazione delle sue disposizioni e dopo aver stabilito nell’articolo 19 che sono interamente esclusi dalla sua disciplina i "servizi di arbitrato e di conciliazione" e i rapporti di lavoro – contempla al numero 21 i "servizi legali".

Il problema che quindi si pone consiste nello stabilire se il conferimento di un singolo incarico professionale a un avvocato costituisca o meno un "servizio legale", con conseguente applicabilità al suo conferimento degli articoli 65, 67 e 225 e dei principi fissati dal successivo articolo 27.

La risposta negativa non potrebbe anzitutto essere giustificata in relazione alla circostanza che l’incarico al legale concreta un contratto d’opera e un rapporto (non con un imprenditore ma) con un libero professionista.

L’applicazione del codice degli appalti infatti non presuppone che la controparte dell’amministrazione sia un imprenditore, come dimostra la circostanza che esso distingue la figura dell’imprenditore da quella del prestatore di servizi (nell’ambito della più generale nozione di operatore economico); del resto tipici appalti di servizi sono quelli che hanno ad oggetto servizi di progettazione (si pensi alla redazione di un piano urbanistico o di un progetto di opera pubblica) in cui la controparte dell’amministrazione può essere (e spesso è) appunto un libero professionista; ciò dimostra quindi che la disciplina del codice può applicarsi anche quando l’amministrazione debba procurarsi la prestazione di un libero professionista; d’altra parte la circostanza che l’articolo 19 escluda dall’applicazione del codice l’affidamento dei "servizi di arbitrato e di conciliazione" è un chiaro indice del fatto che le prestazioni degli avvocati sono riconducibili alla nozione di servizio. Un’ulteriore conferma della qualificabilità dell’attività libero professionale degli avvocati in termini di servizio si trae dalla definizione di servizio del d.lg. 26 marzo 2010, n. 59 ("Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno"), secondo cui servizio è "qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale"; a ulteriore conferma di ciò si può anche richiamare la disposizione del medesimo testo normativo che esclude dalla sua applicazione i servizi prestati da notai.

Insomma le attività dei professionisti legali in linea di principio costituiscono un servizio per cui l’attività professionale degli avvocati è astrattamente riconducibile alla categoria dei "servizi legali" dell’allegato II B del codice degli appalti.

Non appare poi possibile distinguere il caso del conferimento del singolo incarico dal caso del conferimento in termini generali dell’incarico di consulenza- difesa in giudizio dell’ente per un dato periodo di tempo.

I resistenti affermano infatti che solo in quest’ultimo caso si renderebbe applicabile la normativa del codice degli appalti ma non nel primo in cui la deroga sarebbe giustificata in ragione del carattere fiduciario dell’incarico e della necessità di assicurare il rispetto di termini processuali.

Questa tesi non può trovare anzitutto conforto nella circostanza che la previsione della legge si esprime al plurale, menzionando "servizi"; l’uso del plurale infatti deriva dalla circostanza che l’intero atto normativo, recando una disciplina di carattere generale e astratto, costantemente si esprime al plurale.

La soluzione restrittiva non appare poi giustificabile in base al carattere fiduciario dell’incarico, dato che: a) la fiduciarietà è caratteristica di qualsiasi incarico conferito a un professionista (si pensi agli incarichi di progettazione); b) la fiduciarietà non è certo assente nel caso di affidamento del complesso delle attività di consulenza e di patrocinio per un determinato periodo di tempo (anzi, se si vuole, in un caso del genere l’elemento fiduciario è persino maggiore dato che non è possibile sapere in anticipo spessore, complessità e "delicatezza" delle attività che saranno svolte); c) nel caso in cui il ricorso all’evidenza pubblica sia incompatibile con il rispetto di termini processuali (cioè nel caso di un’urgenza per così dire "assoluta") non è precluso il ricorso a un affidamento diretto; lo stesso articolo 27 pone la condizione della "compatibilità con l’oggetto del contratto" e questa ampia formula dimostra che la previsione legislativa ha un certo margine di flessibilità.

5.7. La circostanza che nella fattispecie viene in rilievo l’affidamento di un servizio legale riconducibile all’allegato II B (per importo inferiore alla cd. soglia comunitaria), rende quindi applicabile l’articolo 20 del codice degli appalti secondo cui "l’aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’allegato II B è disciplinata esclusivamente dall’articolo 68 (specifiche tecniche), dall’articolo 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento), dall’articolo 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati)".

Ciò pone il problema dell’applicabilità alla fattispecie alla previsione dell’articolo 245 del codice appalti (in vigore all’epoca dei fatti di causa e il cui contenuto è confluito nell’articolo 120 cod. proc. amm. attualmente vigente) secondo cui "nel caso in cui sia mancata la pubblicità del bando, il ricorso non può comunque essere più proposto decorsi trenta giorni decorrenti dalla data di pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva di cui all’articolo 65 e all’articolo 225, a condizione che tale avviso contenga la motivazione dell’atto con cui la stazione appaltante ha deciso di affidare il contratto senza previa pubblicazione del bando. Se sono omessi gli avvisi o le informazioni di cui al presente comma oppure se essi non sono conformi alle prescrizioni ivi contenute, il ricorso non può comunque essere proposto decorsi sei mesi dalla data di stipulazione del contratto".

Il problema deve essere risolto positivamente nel senso che, in difetto di pubblicazione degli avvisi (pubblicazione in realtà non obbligatoria nella fattispecie dato che sia l’articolo 65, comma 4, che l’articolo 225, comma 8, stabiliscono che "nel caso degli appalti pubblici di servizi elencati nell’allegato II B, le stazioni appaltanti indicano nell’avviso se acconsentono o meno alla sua pubblicazione"), si applica il termine di decadenza di sei mesi dal giorno successivo alla stipulazione del contratto.

Applicandosi questo termine di decadenza è chiaro che risultano tempestivi non solo il ricorso principale ma anche i motivi aggiunti, in quanto sia il primo che i secondi sono stati notificati, tenendo conto del periodo feriale, in epoca anteriore al decorso di sei mesi dalla delibera impugnata (e quindi sicuramente ben prima che scadesse il termine di sei mesi dalla stipulazione del contratto, cioè dal concreto conferimento dell’incarico professionale in contestazione). Deve solo precisarsi, in riferimento ai motivi aggiunti, che il termine di impugnazione del regolamento provinciale che escluderebbe la procedura selettiva per il conferimento di incarichi legali non può farsi decorrere dalla data di pubblicazione della relativa delibera (stante la sua non immediata lesività per il ricorrente) ma solo dal momento in cui, per effetto dell’adozione dell’atto applicativo, si è concretizzata la lesione del suo interesse.

Ricorso principale e motivi aggiunti sono quindi tempestivi.

5.8. Infondata è anche l’eccezione di difetto d’interesse, dato che il ricorrente, nella sua qualità di avvocato interessato al conferimento di incarichi professionali da parte di enti pubblici (gli stessi controinteressati hanno depositato una delibera di un comune pontino che gli ha affidato un incarico di difesa in giudizio) è in grado di ottenere concreti vantaggi dall’accoglimento del suo ricorso, non foss’altro perché ha proposto una domanda di risarcimento dei danni, anche per equivalente (Consiglio di Stato, sez. V, 28 maggio 2010, n. 3405).

Di conseguenza anche l’eccezione di carenza d’interesse dev’essere respinta.

6. Può ora passarsi all’esame del merito del ricorso e dei motivi aggiunti.

7. Con il primo motivo il ricorrente deduce l’incompetenza della giunta provinciale sostenendo che la decisione in ordine alla scelta del difensore è un atto di carattere gestionale e, come tale, dev’essere ricondotto alla competenza dei dirigenti in applicazione del principio della separazione tra i compiti di indirizzo politicoamministrativo, spettanti agli organi di governo dell’ente, e quelli di carattere gestionale, spettanti al personale dirigenziale.

Il motivo è fondato.

Il Collegio è consapevole che gran parte della giurisprudenza ritiene che negli enti locali – e nel sistema del d.lg. 17 agosto 2000, n. 267 – il potere di agire e resistere in giudizio (e il conseguente conferimento del mandato alle liti al difensore) è funzione spettante al Sindaco o al Presidente della provincia, quali rappresentanti legali dell’ente, senza che occorra, in difetto di diverse disposizioni statutarie o regolamentari che attribuiscano il potere in questione alla giunta o al personale munito di qualifica dirigenziale, un’autorizzazione da parte di questi ultimi organi (Consiglio di Stato, sez. IV, 1 ottobre 2008, n. 4744, Cassazione civile, sez. un., 10 dicembre 2002, n. 17550); di conseguenza il Presidente della provincia (e il Sindaco) legittimamente conferiscono al difensore il mandato professionale senza che occorra che siano autorizzati da altri organi (ciò tra l’altro significherebbe che il mandato conferito ai controinteressati dal Presidente della provincia resterebbe valido e efficace anche in caso di annullamento della delibera della giunta impugnata, che sarebbe un atto sostanzialmente non necessario o "inutile").

Tuttavia questa impostazione non è condivisibile.

La decisione di agire e resistere in giudizio e, se è per questo e a maggior ragione la scelta del professionista cui affidare il patrocinio, non possono che esser considerate una decisione di carattere gestionale attinente ai rapporti di carattere sostanziale che volta a volta vengono in rilievo, che è pertanto riservata, in base all’articolo 107 del d.lg. 17 agosto 2000, n. 267, al personale burocratico e non agli organi di governo, cui è riservato invece l’esercizio del potere di indirizzo e di controllo politicoamministrativo. Del resto, ad es., non potrebbe dubitarsi che la decisione di transigere in ordine alla controversia e la definizione dei termini della transazione siano un compito dei dirigenti (cui spetta, per espressa disposizione di legge, la stipulazione dei contratti); insomma – una volta affermato il principio che spetta ai dirigenti la gestione della sfera di attribuzioni dell’ente rientrante nella competenza degli organi cui sono preposti e l’adozione di tutti i relativi atti che impegnano l’ente nei rapporti con i terzi – non può non ritenersi che questa competenza abbracci ogni aspetto e decisione attinente alla gestione dei rapporti giuridici facenti capo all’organo, ivi comprese le decisioni inerenti alla eventuale instaurazione (o resistenza) a giudizi e alla definizione (d’intesa con il difensore dell’ente) delle relative strategie processuali. Ciò del resto trova conferma nella disposizione citata che espressamente assegna ai dirigenti il compito di presiedere le commissioni di gara e stipulare i contratti; di conseguenza al Sindaco e al Presidente della provincia, quali legali rappresentanti dell’ente, può riconoscersi solo il potere di conferire il mandato al difensore, fermo restando che la decisione in ordine all’opportunità o meno di agire o resistere in giudizio spetta al dirigente nella cui sfera di competenza rientra il rapporto sostanziale che viene in rilievo (Cassazione civile, sez. trib., 17 dicembre 2003, n. 19380, Consiglio di Stato, sez. V, 25 gennaio 2005, n. 155).

Il primo motivo è pertanto fondato.

8. Con il secondo motivo il ricorrente sostanzialmente deduce la violazione dell’articolo 27 del codice degli appalti; la tesi del ricorrente è che, venendo in rilievo l’affidamento di un servizio legale, materia prevista dall’allegato II B del codice, il suo affidamento deve "avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità" e "essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto".

Anche questo motivo è fondato dato che già si sono esposte le ragioni per cui si condivide l’assunto del ricorrente in ordine alla riconducibilità della fattispecie all’allegato II B al codice degli appalti con conseguente applicabilità dell’articolo 27 citato.

8. Né il mancato rispetto dell’articolo 27 può essere giustificato dalla previsione del regolamento provinciale approvato con delibera n. 282 del 2007; quella disposizione, infatti, esclude i conferimenti di incarichi ad avvocati dall’applicazione del regolamento medesimo ma non stabilisce (né potrebbe stabilire) deroghe alla disciplina di rango legislativo applicabile in materia di appalti di servizi; del resto se la previsione dell’articolo 1, comma 2, del regolamento dovesse interpretarsi in quest’ultimo senso essa sarebbe effettivamente illegittima, come dedotto dal ricorrente nei motivi aggiunti, ponendosi in contrasto con la disciplina dell’articolo 27 del codice appalti oltre che con i principi generali di non discriminazione, trasparenza e parità di trattamento.

A ciò deve aggiungersi che il citato regolamento – avendo a oggetto l’attuazione della disciplina dell’articolo 7, commi 6 e 6bis, d.lg. 30 marzo 2001, n. 165 e dell’articolo 110, comma 6, d.lg. 17 agosto 2000, n. 267 – non è riferibile al conferimento di incarichi di difesa in giudizio a avvocati, disciplinando quelle norme l’eccezionale conferimento a collaboratori esterni di incarichi professionali corrispondenti "a competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati" e che non sia possibile disimpegnare direttamente a causa della carenza di risorse umane in possesso della necessaria qualificazione.

In questa prospettiva la disposizione che esclude l’applicazione del regolamento al conferimento di incarichi professionali a avvocati chiarisce che questa materia esula dal suo oggetto (quale desumibile dalle disposizioni legislative cui esso ha dato attuazione) e non ha certo il significato di un’esclusione della necessità di una procedura a evidenza pubblica per questo tipo di incarichi.

In definitiva i motivi aggiunti, ancorchè tempestivi, sono inammissibili per carenza d’interesse.

9. Quanto precede implica l’assorbimento del terzo motivo.

10. Data quindi l’illegittimità dell’affidamento diretto dell’incarico ai controinteressati deve ora esaminarsi la domanda di risarcimento proposta dal ricorrente.

Essa può essere accolta nei limiti che seguono.

Va premesso che sussiste la responsabilità dell’amministrazione dato che l’omissione della procedura selettivocomparativa costituisce una inescusabile violazione di legge e la stessa, avendo impedito al ricorrente di poter concorrere, lo ha privato della possibilità (se si vuole della chance) di ottenere l’incarico.

In ordine ai modi della reintegrazione si rileva che la domanda del ricorrente non è chiara, dato che nell’epigrafe del ricorso e dei motivi aggiunti pare farsi riferimento a una domanda avente a oggetto la declaratoria di inefficacia del rapporto d’opera tra i controinteressati e la provincia di Frosinone, strumentale alla possibilità di poter concorrere a una eventuale procedura selettiva attivabile ex post, mentre nelle conclusioni pare farsi riferimento a una riparazione per equivalente da rapportare al mancato guadagno e al cd. danno curriculare; in quest’ultima prospettiva pare muoversi la ultima memoria in cui – oltre a un riferimento a quanto chiesto negli atti introduttivi – si fa riferimento a una valutazione equitativa del danno.

Il Collegio ritiene di poter accogliere la domanda di riparazione del danno per equivalente, dovendosi escludere una dichiarazione di inefficacia del rapporto d’opera ormai instauratosi tra i controinteressati e la provincia di Frosinone, dato che tale rapporto è ormai in corso di (avanzata) esecuzione (essendo il giudizio di impugnazione del lodo arbitrale pendente) e che l’ottenimento dell’incarico da parte del ricorrente comunque presupporrebbe lo svolgimento di una procedura selettiva dall’esito incerto; insomma, nel bilanciamento degli opposti interessi ex articolo 122 cod.proc.amm., la soluzione più equilibrata consiste nel mantener fermi gli effetti del rapporto d’opera ormai instauratosi ristorando il ricorrente per equivalente monetario.

In ordine alla quantificazione del danno, considerato che non è possibile stabilire il livello di possibilità che il ricorrente avrebbe avuto di ottenere l’incarico in caso di svolgimento di una procedura selettiva (in realtà neppure è certo che egli sarebbe stato destinatario di invito ex articolo 27 d.lg. n. 163), ritiene il Collegio che possa farsi ricorso alla liquidazione equitativa ex articolo 1226 c.c. e che il danno possa essere quantificato nella misura complessiva di euro tremila; su tale somma sono dovuti gli interessi legali a far tempo dalla data di pubblicazione della sentenza.

11. Novità e complessità delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie, per l’effetto annulla gli atti impugnati nei limiti dell’interesse del ricorrente; dichiara inammissibili i motivi aggiunti; condanna la provincia di Frosinone al risarcimento dei danni che liquida nella somma complessiva di euro tremila, oltre interessi legale a far tempo dalla pubblicazione della sentenza.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *