Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-06-2011) 15-07-2011, n. 27936

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G., B.G., M.M. Impugnavano per cassazione la sentenza della Corte di appello di Bari che, con decisione del 07.06.2010, aveva confermato la sentenza del GUP presso il Tribunale di Trani, emessa in data 26.03.2009, con la quale erano stati condannati alle pene di giustizia perchè ritenuti colpevoli, in concorso con P.D.E. e S. S.V., nei delitti di: – estorsione aggravata, – porto abusivo ingiustificato di oggetti atti ad offendere e – lesioni in danno di D.N.L., che costringevano con violenza e minaccia a firmare un atto di transazione rovinoso, comportante un danno di circa Euro 60.000; con P. e S. quali mandanti e con C., M. e B. quali esecutori materiali;

fatti commessi in (OMISSIS);

nei motivi proposti da M.M., B.G., C.G., a mezzo dei rispettivi difensori, si deduce:

B.; M.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

1)- I ricorrenti censurano la decisione impugnata per avere erroneamente ritenuto la loro penale responsabilità in ordine al delitto di estorsione laddove dagli elementi di causa emergeva chiara la prova che essi erano convinti di coadiuvare C.G. nel concludere una transazione con il D.N.;

– la prova di tale posizione soggettiva dei ricorrenti emergerebbe dall’intercettazione ambientale del 07.01.08, effettuata all’interno della Caserma dei Carabinieri di Molfetta, ove sia il B. che il M. insistevano nel protestare la loro meraviglia per l’intervento delle Forze dell’Ordine, atteso che essi avevano agito solo al fine di aiutare il C. a raggiungere la transazione;

– lamentano i ricorrenti che la Corte territoriale non avrebbe considerato il contenuto di tale captazione ambientale e sostengono nei motivi l’illogicità della motivazione nella parte in cui avrebbe omesso di riscontrare l’assenza della prova dell’elemento soggettivo del reato di estorsione in capo al B. ed al M., atteso che i medesimi potrebbero, al più, essere ritenuti responsabili del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, avendo agito nella convinzione di coadiuvare il C. a raggiungere una transazione con il D.N.; ovvero, in via subordinata, solo del reato di rissa; (i ricorrenti allegano al ricorso copia del brogliaccio delle captazioni a sostegno della loro tesi difensiva).

2) – il M. sottolinea, infine, l’illogicità della motivazione impugnata per non avere rilevato: – che il D.N. era in stato di ebbrezza ed aveva aggredito il C., – che esso M. era intervenuto in favore del suo amico, – che, pertanto, la sua azione lesiva poteva essere scriminata ex art. 52 c.p.;

3)- il B., dal suo canto, censura la sentenza impugnata per non avere considerato che il suo ruolo marginale doveva comportare il contenimento, nei minimi, sia della pena base che dell’aumento per la continuazione;

C.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

– Il ricorrente censura la sentenza impugnata, lamentando l’omessa ed illogica motivazione sia riguardo alla sua affermazione di responsabilità, fondata su presunzioni più che su prove e sia riguardo al diniego della prevalenza delle attenuanti genetiche sulle aggravanti;

CHIEDONO l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

I ricorrenti propongono interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi e delle emergenze probatorie che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

Al contrario di quanto sostenuto nei motivi di ricorso, la sentenza impugnata risulta congruamente motivata in ordine alla penale responsabilità degli imputati, avendo osservato:

– che il mandante dell’operazione intimidatoria, P.D., non aveva alcun credito nei confronti del denunciante-parte offesa, essendo anzi proprio lui in debito per lavori edili eseguiti dal D. N. in suo favore; – che, non intendendo pagare quanto dovuto al D.N. aveva, attraverso il cognato S.S., provocato l’intervento di tre soggetti pregiudicati: C., B. e M. i quali, in effetti, avevano avvicinato il D.N., convocandolo presso la stazione di servizio "Q8" di (OMISSIS), ove lo avevano dapprima gravemente minacciato e, quindi, pesantemente aggredito, provocandogli lesioni anche da taglio;

– che, nel successivo incontro fissato presso il "(OMISSIS)" di (OMISSIS), erano nuovamente intervenuti B. e M. per costringere il D.N. a sottoscrivere la transazione in favore del P. e di cui all’imputazione, transazione che all’atto dell’intervento dei carabinieri veniva trovata già in possesso del B., mentre il C., restato in disparte ed all’oscuro dell’intervento dei militi, cercava ancora di contattare telefonicamente i suoi complici, con il che emergeva chiaramente la sua piena partecipazione all’intera azione estorsiva.

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, perchè aderente ai fatti di causa e perchè immune da illogicità evidenti; per converso, le deduzioni difensive si risolvono in valutazioni – in fatto – fondate su interpretazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

Cassazione penale, sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12255.

I ricorrenti sostengono nei propri motivi che la sentenza non motiverebbe adeguatamente in ordine all’attendibilità del D. N. e che dalle riprese filmate non emergerebbe la prova che le lesioni da taglio siano state intente al denunciarne proprio in occasione del pestaggio, ma si tratta di motivi che non colgono nel segno, atteso che la Corte di appello motiva congruamente osservando che le dichiarazioni della parte offesa sono pienamente attendibili perchè riscontrate: – dalle ammissioni del coimputato P.; – dalla certificazione medica sulle lesioni riportate dal denunciante;

– dalle riprese televisive raffiguranti il pestaggio subito da quest’ultimo; – dal rinvenimento della bozza di transazione; – dalle captazioni ambientali effettuate nella caserma dei carabinieri;

la corte di appello ne deduce l’attendibilità dell’intera narrazione dei fatti esposti dalla parte offesa D.N. con motivazione che appare congrua perchè aderente alle emergenze fattuali ed immune da illogicità evidenti perchè conforme ai criteri di comune esperienza e, pertanto, incensurabile in questa sede ove la Corte di cassazione non può fornire una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione di merito, nè può stabilire se questa propone la migliore ricostruzione delle vicende che hanno originato il giudizio, ma deve limitarsi a verificare se la giustificazione della scelta adottata in dispositivo sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. Cassazione penale. sez. 4. 16 gennaio 2006. n. 11395.

Alla luce della ricostruzione dei fatti sin qui richiamata emerge in maniera evidente l’infondatezza anche dei motivi addotti dai ricorrenti riguardo: all’insussistenza del delitto di estorsione, atteso che si verterebbe nell’ipotesi di esercizio arbitrario ex art. 392 c.p.; – alla ricorrenza del delitto di rissa ex art. 588 c.p.;

ovvero, addirittura: – alla ricorrenza dell’esimente di cui all’art. 52 c.p.;

la sentenza impugnata analizza analiticamente ciascuna di tali ipotesi, confutandole con argomentazioni in diritto, pienamente conformi alla giurisprudenza di legittimità, osservando:

– che l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone era escluso dall’illegittimità della richiesta del P. – fatta propria dal C. e dagli odierni ricorrenti – sicchè tale pretesa non era azionabile dinanzi a un giudice, (motivazione conforme ai principi espressi da: Cassazione penale. sez. 2, 22 aprile 2009. n. 256131.

– che, in ogni caso, resta esclusa l’ipotesi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ove la richiesta di adempimento di un preteso debito sia realizzata con modalità caratterizzate da pervicacia e particolare efficacia intimidatoria, tali da mostrarsi del tutto eccedenti e sproporzionate rispetto all’esercizio del preteso diritto, come nella specie. (motivazione conforme ai principi espressi da: Cassazione penale, sez. 2, 02/12/2009, n. 49564).

– che l’ipotesi della legittima difesa, ex art. 52 c.p. era esclusa dall’avere gli imputati provocata essi stessi la situazione di pericolo; (motivazione conforme ai principi espressi da: Cassazione penale, sez. 1, 18/06/2009, n. 33863).

Corre l’obbligo di osservare che tali argomentazioni giuridiche sono comunque superate dalla motivazione impugnata laddove evidenzia, in maniera congrua e convincente, la sussistenza delle prove sul pieno concorso degli odierni ricorrenti nell’azione estorsiva programmata dal P. e S. e materialmente realizzata da C., B. e M.; sicchè ogni altra questione resta pienamente assorbita.

Ugualmente infondata risulta la questione, sollevata tardivamente solo in sede di discussione, relativa all’omessa motivazione riguardo all’ipotesi del reato tentato, atteso che al riguardo la Corte territoriale sottolinea che il reato di estorsione era giunto a consumazione, giacchè l’atto di transazione estorto era stato rinvenuto dai carabinieri già in possesso del B..

Parimenti infondati appaiono i motivi relativi al trattamento sanzionatorio, atteso che la sentenza impugnata: – riguardo alla pena ha richiamato la gravità del fatto, le modalità violente e le personalità degli imputati, tutti già ritenuti soggetti pericolosi perchè sottoposti a misure di prevenzione, e: – riguardo alle attenuanti generiche ed al loro bilanciamento, ha fatto riferimento ai numerosi e reiterati precedenti penali degli odierni ricorrenti.

Va ricordato che, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche e del loro bilanciamento nonchè, in generale per il trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, "a fortiori", anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione. (Cassazione penale, sez. 4, 04 luglio 2006. n. 32290.

Segue il rigetto del ricorso atteso che i motivi proposti, pur se non manifestamente inammissibili, risultano infondati per le ragioni sin qui esposte;

ai sensi dell’art. 592 c.p.p., comma 1, e art. 616 c.p.p. i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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