Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-06-2011) 15-07-2011, n. 27935 Assicurazione obbligatoria autoveicoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente F.A. impugna per cassazione la sentenza della Corte di appello di Roma in data 23.03.2010 che, in parziale riforma della decisione emessa li 17.09.2008 dal Tribunale della stessa città che (premessa l’assoluzione per il solo coimputato F.F.) aveva confermato la condanna per l’odierno ricorrente F.A. in ordine al delitto di cui all’art. 642 c.p., comma 1, ritenuto responsabile della condotta di falsificazione di quattro attestati di rischio, apparentemente emessi dalla "Direct Line Insurance spa", con attività fraudolenta ai danni della "Genialloyd Assicurazioni spa" atteso che gli attestati recavano una classe di merito più favorevole rispetto a quella reale, così che i titolari delle polizze avevano conseguito l’ingiusto profitto rappresentato dal pagamento di un premio inferiore a quello effettivamente dovuto;

nel ricorso si deduce:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e).

1) – il ricorrente censura la decisione impugnata per avere illogicamente omesso di considerare che gli attestati di rischio venivano trasmessi dai clienti, sicchè questo dimostrava l’estraneità del ricorrente alla falsificazione;

2)- la sentenza aveva travisato la prova avendo ritenuto che F. A., in sede di interrogatorio, aveva ammesso che a volte gli attestati venivano trasmessi con il fax del suo ufficio, mentre andava considerato che l’imputato non aveva effettuato alcuna ammissione di responsabilità avendo aggiunto che, in tali ipotesi, venivano spediti solo i documenti prodotti dai clienti;

ove la Corte territoriale avesse valutato adeguatamente tali dichiarazioni ne avrebbe ricavato l’ulteriore conferma dell’assenza di ogni penale responsabilità del F.;

in tal senso la sentenza aveva travisato anche i motivi di appello, nei quali si era ribadito che, nel caso di collaborazione con i clienti, si era provveduto sempre ad inviare i certificati di rischio consegnati da questi ultimi;

2)- La decisione impugnata era anche da censurare per avere fondato la penale responsabilità dell’imputato sulla scorta delle dichiarazioni dei clienti che, invece, erano inattendibili per i motivi indicati nei motivi di appello;

– il ricorrente ripercorre dettagliatamente in questa sede le ragioni di in attendibilità dei testi: B., Fo., Br., S., D.G., lamentando che al riguardo la Corte territoriale avrebbe omesso ogni motivazione;

– infine, la sentenza sarebbe da censurare per motivazione illogica, avendo sovvertito la regola di esperienza per la quale le falsificazioni degli attestati dovevano essere attribuite ai soggetti che ne avevano tratto beneficio e cioè ai clienti del F. che, sulla scorta dei falsi, avevano lucrato una diminuzione dell’importo dei premi assicurativi;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorrente propone solo apparentemente censure di diritto, sostenendo che nella specie vi sarebbe omessa motivazione riguardo all’attendibilità dei testi di accusa ma, in realtà, formula censure – in fatto – fondate su interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

Al contrario di quanto sostenuto nei motivi di ricorso, la sentenza impugnata risulta congruamente motivata in ordine alla penale responsabilità dell’imputato, avendo osservato, anche con ampi richiami della motivazione di primo grado:

– che la falsificazione degli attestati era attribuibile al F. sulla scorta delle dichiarazioni dei clienti che, anzichè operare autonomamente "on line", si erano rivolti all’imputato ed alla sua agenzia Brokeraggio che si sarebbe "occupata di tutto";

– che, difatti, gli accertamenti compiuti sui numeri di fax impressi sugli attestati di rischio avevano consentito di accertare che i documenti erano stati inviati a mezzo dell’apparecchio sito nell’agenzia del F.;

– che dalla convergenza di tali elementi doveva ritenersi accertato che la falsificazione degli attestati era riconducile al F..

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, perchè aderente ai fatti di causa e perchè immune da illogicità evidenti, atteso che l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", circostanza che non ricorre nella specie. Cassazione penale, sez. 4, 12 giugno 2008, n, 35318:

Il ricorrente fonda le censure di illogicità sull’omessa motivazione riguardo ai rilievi mossi in appello riguardo all’inattendibilità dei predetti clienti ma il motivo non coglie nel segno perchè non tiene conto della motivazione della Corte territoriale che, richiamando la sentenza del Tribunale, osserva che i testi erano:

intrinsecamente credibili: – per essere del tutto privi di collegamento l’uno con l’altro e dovevano ritenersi attendibili: – per la convergenza delle loro dichiarazioni (pag. 1 motivaz.), – per essere riscontrati dalla documentazione acquisita; – per converso, le deduzioni difensive in ordine ai singoli passaggi delle deposizioni testimoniali, si risolvono in valutazioni – in fatto – fondate su interpretazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Cassazione penale. sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12255.

Tali principi evidenziano l’infondatezza delle censure di illogicità e di contrarietà alle regole di comune esperienza, ed infondato risulta anche l’ulteriore motivo con il quale si denuncia il travisamento della prova, atteso che tale vizio si realizza allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia, (Cassazione penale. sez. 2, 28 maggio 2008. n. 25883) circostanza che nella specie non ricorre in quanto, contrariamente a quanto sostenuto nei motivi di ricorso, la sentenza impugnata affronta in maniera congrua l’obiezione difensiva per la quale la falsificazione degli attestati di rischio ricadeva in favore dei clienti e pone in evidenza, con argomentazione immune da illogicità – ripresa anche dalla sentenza di primo grado – che il F. aveva "un concreto interesse a prospettare ai clienti contratti più vantaggiosi rispetto a quelli delle altre compagnie di assicurazione a parità di classi di merito, ma in realtà ottenuti mediante la contraffazione degli attestati di rischio, tutto ciò al fine di ampliare il pacchetto clienti della loro società" (pag. 1-2 motivazione, concetto ripreso alla successiva pag. 3).

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

L’inammissibilità dei motivi proposti in diritto ed in fatto riverbera i suoi effetti anche riguardo al motivo relativo alla dedotta prescrizione del reato, atteso che l’inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. ivi compreso l’eventuale decorso del termine di prescrizione nelle more del ricorso di legittimità (Cassazione penale. sez. 2, 21 aprile 2006, n. 19578).

Occorre, infatti, l’obbligo di sottolineare che al momento della pronuncia della sentenza di appello, il termine ultimo di prescrizione non era ancora decorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità- al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *