Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-06-2011) 15-07-2011, n. 27931 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente C.S.M.:

Impugna per cassazione la sentenza della Corte di appello di Genova in data 25.10.2010, confermativa della decisione emessa il 01.12.2005 dal Tribunale di Chiavari con la quale, ritenute le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti ed alla recidiva, era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia, in quanto responsabile, in concorso con O.C.L., dei reati: di – rapina aggravata e – lesioni aggravate , in danno dei due fratelli G. M.; fatti del (OMISSIS);

nel ricorso si deduce:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) c) e).

1)- Il ricorrente censura la decisione impugnata per avere omesso di motivare riguardo alle deduzioni difensive contenute nell’appello, con le quali si evidenziava come le parti offese fossero del tutto inattendibili per avere, nelle immediatezze dal fatto, fatto riferimento alle lesioni subite: – omettendo di riferire sulla sottrazione dei propri beni – e, durante il dibattimento – omettendo anche di riferire sulla sottrazione dell’orologio Rolex;

– la Corte territoriale aveva inoltre illogicamente valutato la circostanza dell’inimicizia esistente tra le parti, giustificativa solo delle lesioni e non anche della rapina;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorrente propone solo apparentemente censure di diritto, sostenendo che nella specie mancherebbe un’adeguata e logica motivazione ma, in realtà, formula censure in fatto fondate su interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

Al contrario di quanto sostenuto nei motivi di ricorso, la sentenza impugnata risulta congruamente motivata in ordine alla penale responsabilità dell’imputato, avendo osservato:

– che i denuncianti erano:

– credibili – per avere reso dichiarazioni precise ed univoche;

– attendibili – per avere ricevuto pieno riscontro dalle certificazioni mediche e dagli accertamenti operati dal maresciallo Ca. nelle immediatezze del fatto;

– che le incertezze dimostrate nel riferire con ritardo alcuni particolari erano giustificate:

– quanto alle parziali dimenticanze in sede di denuncia, dallo stato confusionale dovuto al pesante pestaggio e:

– quanto alle dimenticanze in sede dibattimentale, dal tempo trascorso dal fatto;

– che, in ogni caso, le incertezze erano di lieve entità, cosi da non scardinare l’impianto probatorio;

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, perchè aderente ai fatti di causa e perchè immune da illogicità evidenti, atteso che l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", circostanza che non ricorre nella specie. Cassazione penale. sez. 4, 12 giugno 2008. n. 35318:

per converso, le deduzioni difensive si risolvono in vantazioni – in fatto – fondate su interpretazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

Cassazione penale, sez. 4, 29 gennaio 2007. n. 12255.

Il ricorrente ripropone in questa sede motivi di impugnazione già avanzati in sede di appello, lamentando l’insufficiente risposta motivazionale della Corte territoriale.

In realtà la Corte di appello ha richiamato l’articolata e puntuale motivazione della sentenza di primo grado, sicchè appare del tutto legittima la sintetica motivazione stesa al riguardo.

Invero laddove i motivi di appello riproducono le stesse argomentazioni e deduzioni sollevate in primo grado, ed ove la Corte concordi con la motivazione del primo giudice, non è necessario procedere ad una nuova e completa motivazione, a meno che non si ritenga di esaminare o rivalutazione argomenti non considerati dal primo giudice, cosa che non è avvenuta nella specie , ovvero a meno che la Difesa abbia proposto argomenti e deduzioni nuove, non esaminate dal primo giudice, cosa che il ricorrente non ha dimostrato essere avvenuto nella specie.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

L’inammissibilità dei motivi proposti in diritto ed in fatto riverbera i suoi effetti anche riguardo al motivo relativo alla prescrizione del reato, atteso che l’inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. ivi compreso l’eventuale decorso del termine di prescrizione nelle more del giudizio di legittimità, (Cassazione penale, sez. 2, 21 aprile 2006, n. 19578 senza considerare l’allungamento del periodo di prescrizione conseguente alla contestata e ritenuta recidiva.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *