Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-12-2011, n. 25995 Mora ed altri inadempimenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Fermo il 13 giugno 2008 , nella controversia proposta da C.P. – erroneamente indicata nella parte narrativa della sentenza soggetta a ricorso come P. – con intimazione di sfratto e contestuale citazione per convalida per morosità nei confronti di V.M., in relazione a canoni di locazione non corrisposti dal febbraio 2007 al febbraio 2008 dichiarava la risoluzione del contratto di locazione intercorso tra le parti per inadempimento del V., che condannava al rilascio dell’immobile entro il 26 luglio 2008 e spese di lite.

Il Tribunale rigettava, invece, la riconvenzionale dispiegata dall’intimato di risarcimento danni asseritamente subiti per vizi e difetti dell’immobile da lui locato.

Su gravame del V. il 15 maggio 2009 la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza di prime cure.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il V. affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso C.P..

Il Collegio raccomanda una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

Va premesso che, contrariamente alla eccezione della resistente, la controversia, che è giunta in sede di legittimità, non presenta il connotato della lite temeraria, non avendo fatto altro il V. che esercitato il suo diritto di azione che termina proprio nella fase di legittimità.

Per quanto riguarda l’esame della attuale impugnazione ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile.

Infatti, il ricorrente, con il primo motivo (violazione di legge e vizi di motivazione), prospetta duplice censura, per cui il motivo si pone in contrasto con le regole di chiarezza poste dall’art. 366 bis c.p.c., come ormai è giurisprudenza costante di questa Corte (Cass. n. 8897/08; Cass. n. 9470/08; Cass. n. 7394/10) e da cui non è il caso di discostarsi, in quanto nella sua redazione si tratta congiuntamente di violazione di legge e vizio di motivazione.

Lo stesso è a dirsi del secondo, così come intitolato e redatto.

Ed, inoltre, la integrale trascrizione che nel ricorso si rinviene di alcuni atti del giudizio di merito equivale nella sostanza ad un mero rinvio agli atti di causa e viola il principio di autosufficienza del ricorso, così come hanno statuito le S.U. di questa Corte con ord. n. 1955/10, seguita da Cass. n. 6279/11.

Peraltro, le censure si muovono:

sulla interpretazione del contratto, che è di competenza esclusiva del giudice del merito, che ha potuto accertare che al momento della stipula del contratto stesso nulla ebbe a rilevare il V. (v.p. 10 sentenza impugnata);

b) sulla condanna al pagamento dei canoni nonostante il mancato godimento dell’immobile, mentre, leggendo la sentenza impugnata, ci si accorge che il giudice dell’appello si è limitato a dichiarare risolto il contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore e ad obbligare il V. al rilascio dell’immobile nonchè a rigettare la sua domanda riconvenzionale per difetto di prova in ordine al dedotto inadempimento colposo della locatrice (p. 11 sentenza impugnata);

C) sulla gravità dell’inadempimento, ritenuta, invece, dal giudice dell’appello alla luce del contratto di locazione debitamente prodotto, che prevedeva addirittura la corresponsione mensile anticipata del canone (p. 8 sentenza impugnata) e la gravità è stata rinvenuta nella circostanza che nulla aveva versato il V. sino alla pronuncia della sentenza di primo grado e sino al rilascio dell’immobile avvenuto nel novembre 2008);

d) sulla asserita insalubrità dei locali, che, invece, è stata ritenuta insussistente sulla base della relazione del tecnico comunale anche perchè il V. non abbandonò l’immobile, ma rimase nella piena disponibilità dei locali (v. 9 e 10 sentenza impugnata).

Ciò precisato a seguito dell’attento esame degli atti processuali, il Collegio ritiene, quindi, che il ricorso attenga nel suo complesso a quaestiones facti, che ne rafforzano la inammissibilità già intravista in riferimento alla sua redazione e ai conseguenti quesiti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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