Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-04-2011) 15-07-2011, n. 27973 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Brescia confermava la sentenza del Tribunale di Brescia in data 1 marzo 2010, appellata da B.E., condannato, con le attenuanti generiche, alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed Euro 500 di multa in quanto responsabile del reato di cui all’art. 346 cod. pen., perchè, millantando conoscenze presso la Guardia di Finanza di Brescia – tramite le quali avrebbe fatto ottenere a Gian Bruno Liberti, titolare di un’armeria, la restituzione di un quantitativo di cartucce (in numero di 175.275, del valore di Euro 54.000) a questo sequestrate in quanto ritenute non in regola con la normativa amministrativa – si faceva consegnare dall’ U. in più soluzioni la somma di Euro 31.000 quale prezzo della sua mediazione (in (OMISSIS)).

2. Osservava la Corte di appello che la prova della responsabilità dell’imputato derivava dalle circostanziate dichiarazioni della persona offesa L. nonchè da quelle dei testi N.P. (socio di L.) e tale F. (rappresentante di munizioni), che avevano potuto sentire il B. mentre assicurava all’ U. di poter sistemare il problema delle cartucce sequestrate attraverso l’interessamento di una persona della Guardia di Finanza ed erano stati presenti in occasione di alcune dazioni di denaro da parte dell’ U. al B.. Inoltre il N. aveva anche assistito alla consegna di un documento da parte del B. all’ U. contenente una sorta di riconoscimento del debito.

Ad avviso della medesima Corte era inoltre significativo ai fini della prova della responsabilità penale dell’imputato il fatto che quest’ultimo avesse versato alla persona offesa a titolo di risarcimento del danno la somma di Euro 15.000.

Non si trattava di un fatto inquadratole nella fattispecie di truffa ma in quella di millantato credito, dato che l’imputato non aveva posto in essere artifici o raggiri ma aveva solo vantato conoscenze presso gli ambienti della Guardia di Finanza che avrebbero potuto agevolare la definizione della restituzione all’ U. del materiale sequestratogli.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo dell’avv. Giovanni Salvi, che sotto vari profili contesta l’affermazione della responsabilità penale:

3.1. Le stesse dichiarazioni dell’ U., rettamente intese, dovevano condurre a inquadrare il fatto nella fattispecie della truffa, non perseguibile per remissione della querela: infatti secondo la persona offesa il B. gli aveva più volte detto che conosceva una persona "competente" – non un pubblico funzionario -che aveva modo di fare accelerare la pratica della restituzione delle cartucce; e le somme che gli furono chieste dal B. sarebbero dovuto servire per le spese della pratica e per il pagamento della multa e non quale compenso per il suo interessamento.

3.2. Illegittimamente la Corte di appello aveva tratto dal fatto della somma versata dall’imputato a titolo di risarcimento del danno la deduzione che ciò comportasse una sorta di riconoscimento di responsabilità penale.

3.3. Illegittimamente è state negato l’espletamento di una perizia calligrafica sul documento ad apparente grafia dell’imputato che conteneva un riconoscimento di debito e che secondo il teste N. il B. avrebbe scritto in sua presenza; e ciò in quanto l’imputato ha sempre disconosciuto la riconducibilità ad esso di tale documento.

Motivi della decisione

1. Il ricorso introduce nella sostanza questioni di fatto che, in quanto adeguatamente e logicamente esposte nella sentenza impugnata, non sono deducibili in sede di legittimità. 2. Come è stato più volte precisato dalla giurisprudenza, la differenza tra la ipotesi di millantato credito e quella di truffa riposa sulla specialità della condotta fraudolenta che caratterizza la prima, consistente nella vanteria di potersi ingerire nell’attività della pubblica amministrazione per orientarne il regolare svolgimento a fini privati (v. per tutte Sez. 6, n. 35340 del 23/04/2008, Zocco, Rv. 241266; Sez. 6, n. 30150 del 07/06/2006, La Porta, Rv. 235429).

3. Nel caso in esame, la condotta fraudolenta del B. è appunto esclusivamente consistita nel vantare conoscenze presso gli ambienti della Guardia di Finanza, che avrebbero consentito di sbloccare a vantaggio dell’ U. l’ingente quantità delle cartucce sequestrategli, a fronte di un compenso da ultimo consolidatosi in Euro 31.000.

Ciò è contestato dal ricorrente, la cui tesi si scontra però con plurime e convergenti fonti di prova, puntualmente esposte dai giudici di merito, secondo cui sia la persona offesa sia altre persone che avevano assistito agli incontri tra il B. e l’ U. (il socio di questo N. e il commerciante F.) hanno riferito che l’imputato aveva più volte sostenuto di avere collegamenti con persone della Guardia di Finanza che avrebbero potuto operarsi per la restituzione delle munizioni sequestrate.

La deduzione che concerne il mancato espletamento di una perizia calligrafica sugli atti (falsi) intestati alla Guardia di finanza appare irrilevante ai fini della decisione impugnata, posto che per il reato di falso originariamente contestato al B., che si riferiva a tali atti, l’imputato è stato assolto per la ritenuta grossolanità della falsificazione.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si ritiene equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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