Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-04-2011) 15-07-2011, n. 27971 Contestazione dell’accusa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Modena, su concorde richiesta delle parti applicò, ex art. 444 c.p.p., a C.G., agente della polizia di Stato, la pena di 5 anni di reclusione ed Euro 1580 di multa per vari reati (furti in abitazione, rapine con arma, possesso di armi da sparo, peculato, abuso d’ufficio). La pronuncia condannò l’imputato anche alla rifusione delle spese di parte civile.

2. Avverso la sentenza propose ricorso per cassazione il difensore del C.. Il ricorso fu dichiarato inammissibile con sentenza n. 138/10 della Corte di Cassazione (pronunciata in data 4.11.2009 dalla seconda sezione), che pronunciò anche annullamento senza rinvio limitatamente alla condanna dell’imputato alla rifusione delle spese di parte civile.

3. In accoglimento di ricorso straordinario proposto dal C. ex art. 625-bis c.p.p., la predetta decisione è stata annullata per mancata notifica dell’avviso d’udienza al difensore ed è stata fissata l’odierna udienza pubblica per l’esame del ricorso, con cui il ricorrente ha dedotto:

– omessa o comunque errata valutazione della qualificazione giuridica del fatto, con riferimento all’addebito di abuso di ufficio, non essendo stati specificati le norme giuridiche violate e il risultato della condotta;

– il concorso apparente di norme in relazione al medesimo addebito di abuso di ufficio e a quello di rapina, commessa con la violazione dei doveri di ufficio: il sopralluogo oggetto di comportamento considerato di abuso dei doveri istituzionali fu eseguito per compiere la rapina in danno del B.M. e per questa ragione l’imputato deve rispondere di un unico reato;

– nullità della sentenza in ordine alla condanna al rimborso delle spese a favore della parte civile, costituita avverso imputati diversi dal C..

Motivi della decisione

1. I primi due motivi sono inammissibili.

2. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, sulle sentenze pronunciate ex art. 444 c.p.p., il sindacato di legittimità è circoscritto a una verifica di generale rispondenza a legge dell’accordo, del suo contenuto e della determinazione della pena.

La Corte di cassazione non può entrare nel merito dell’accordo perfezionato, nè sindacare la congruità della pena, il titolo del reato, se non palesemente erroneo, e i presupposti della responsabilità ritenuta dell’imputato (Cass. sez. 5, 25 gennaio 2005, n. 2061).

Ciò in quanto la richiesta di applicazione della pena e l’adesione ad essa integrano un negozio giuridico di natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente e non è contestabile mediante tesi in contrasto con l’accordo al quale si è addivenuti (Sez. 4, n. 16832/2008, Karafi; Cass. sez. 3, n. 18735/2001, Ciliberti).

E’ stata ritenuta l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto nei confronti della sentenza di patteggiamento e diretto a far valere asseriti vizi afferenti a questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, poichè l’accusa, come giuridicamente formulata, non può essere rimessa in discussione, in quanto l’applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato (Cass. Sez. 5, n. 21287/2010, Legari; Sez. 2, n. 6383/2008, De Blasio).

Più recentemente è stato condivisibilmente affermato che la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del fatto, contenuta in sentenza emessa ex art. 444 c.p.p., deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità (Cass. Sez. 4, n. 10692/2010, Hernandez; Sez. 6, n. 45688/2008, Bastea).

3. Il ricorrente deduce l’errata qualificazione del fatto addebitato a titolo di abuso di ufficio (capo n. 11 d’imputazione) e il concorso apparente tra questo reato e quello di rapina ascritto al capo n. 8.

Nessuna di queste censure può trovare accoglimento, alla stregua dei principi di diritto sopra indicati.

Sulla prima questione (reato di abuso d’ufficio), non ha alcun rilievo che il capo d’imputazione non indichi specificamente le norme che si assumono violate con un comportamento del giudicabile contrario ai doveri di ufficio, mentre la natura dell’evento lesivo cagionato con quel comportamento è agevolmente ricavabile dalla formulazione dell’imputazione.

L’imputato ha scelto di chiedere una pena per un fatto che risultava sufficientemente chiaro nei suoi elementi costitutivi: in qualità di agente di polizia aveva chiesto informazioni a un orefice sui sistemi di protezione del suo negozio, simulando un’occasione di servizio per avvicinarlo, al fine poi di rapinarlo. Appare dunque chiara la deviazione attuata con questo comportamento rispetto ai doveri istituzionali: invece di attivarsi per apprendere la notizia dei reati e di assicurarne le prove, l’imputato ne creava l’occasione favorevole, servendosi della divisa che indossava. E’ sufficiente questa considerazione per escludere che occorresse specificare nella contestazione la serie di norme di legge, di regolamento e di servizio rispetto alle quali quella condotta risultava contraria.

Il risultato di concreto nocumento è poi stato indicato chiaramente nelle sentenze di merito. L’orefice rivelò al pubblico ufficiale i segreti dei suoi sistemi di allarme; e poco tempo dopo, grazie alla conoscenza così acquisita, i complici dell’imputato fecero la loro irruzione nei locali della gioielleria.

4. Osserva, inoltre, il Collegio che il delitto di abuso dei poteri di ufficio non può essere considerato assorbito nella successiva rapina. Il delitto di rapina ha per elementi costitutivi la violenza e la minaccia; le conoscenze apprese prima di questa esplicazione di mezzi per decidere le modalità dell’azione sono estranee allo schema giuridico della figura di reato e la precedono, così com’è estraneo alla stessa il furto dell’auto con la quale predisporre la fuga.

5. Va, invece, accolto l’ultimo motivo, L’imputato è stato condannato a rifondere le spese processuali in favore della parte civile che esplicitamente (nell’atto di costituzione di parte civile e nelle conclusioni presentate in giudizio) aveva dichiarato di circoscrivere l’esercizio dell’azione civile per il risarcimento del danno a imputati diversi dal C.. Limitatamente a questa statuizione, la sentenza va annullata senza rinvio.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla condanna di C.G. alla rifusione delle spese in favore della parte civile costituita. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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