Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-04-2011) 15-07-2011, n. 27966

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sez. dist. di Aversa, appellata da T.O.H.A., condannato, all’esito di giudizio abbreviato, con l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., comma 1, n. 2, equivalente alla recidiva, alla pena di un anno di reclusione, in quanto responsabile del reato continuato di cui all’art. 337 cod. pen. (capo A: per essersi opposto con violenza al m.llo CC. S.M. che stava accertando le sue condizioni fisiche avendolo trovato in strada con ferite al capo e al corpo) e agli artt. 582, 585 e 576 c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 576 c.p., n. 5-bis, (capo B: per avere cagionato allo S. lesioni personali guaribili in due giorni); in (OMISSIS).

2. Osservava la Corte di appello che non poteva accogliersi la deduzione difensiva secondo cui l’imputato non si era reso conto che la persona che gli si era presentata fosse un appartenente alle forze dell’ordine, posto che il M.llo S., pur essendo in borghese, si era qualificato ed era attorniato da militari in divisa, e del resto il T. aveva insultato con vari epiteti i carabinieri. Non rilevava d’altro canto che l’imputato si trovasse nel frangente in stato confusionale per ingestione di bevande alcooliche.

La reiterazione delle condotte aggressive e minacciose e i precedenti specifici e reiterati non consentivano poi il riconoscimento delle attenuanti generiche.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore avv. Pasquale Ciro Napolitano, che deduce la nullità della sentenza per errata applicazione dell’art. 337 cod. pen. sotto il profilo dell’elemento psicologico del reato, che nella specie non ricorreva, dato che il T. non aveva alcuna intenzione di impedire il compimento di un atto di ufficio da parte del pubblico ufficiale, avendo egli poste in essere la condotta contestata solo sulla base di un sentimento di rabbia e di frustrazione conseguente all’aggressione poco prima subita da altri soggetti.

Erano dunque configurabili solo reati di minacce e lesioni, per i quali peraltro difettavano le condizioni di procedibilità. 4. Osserva la Corte che il ricorso è manifestamente infondato.

Ai fini del dolo del delitto di cui all’art. 337 cod. pen. si richiede che l’agente intenda opporsi, con comportamenti violenti o minacciosi, a un pubblico ufficiale mentre questo compie un atto di ufficio.

La Corte di appello ha osservato, con motivazione esente da manchevolezze o vizi logici, che l’Imputato non poteva non avere consapevolezza della qualità del m.llo S., dato che questo, sebbene in abiti borghesi, era attorniato da militari in divisa.

L’imputato inoltre reagì inconsultamente, con calci, pugni e schiaffi, alla doverosa richiesta del pubblico ufficiale di chiarimenti circa la sua condizione, essendo egli stato trovato in strada con ferite al capo e al corpo, e proferì ulteriori minacce dopo l’invito dei carabinieri di recarsi in caserma per i necessari accertamenti, sicchè egli era consapevole che la sua condotta rappresentava un ostacolo al compimento di atti di ufficio.

Sulla base di tale ricostruzione dei fatti, deve ritenersi che sussistono gli elementi costitutivi dei reati contestati, sotto il profilo sia oggettivo sia psicologico.

5. Alla inammissibilità del ricorso consegue a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si ritiene equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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