T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 20-07-2011, n. 6520

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il ricorrente, cittadino dell’Iraq, in data 9/11/09 ha presentato in Italia domanda diretta al riconoscimento dello status di rifugiato.

L’Amministrazione ha verificato – attraverso il sistema EURODAC (riscontro delle impronte digitali a livello europeo) – che lo stesso ricorrente aveva presentato analoga richiesta in Grecia in data 21/9/09; l’Unità Dublino, – ufficio preposto all’espletamento delle procedure dirette a determinare lo stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo ai sensi del Reg. n. 343/2003 – ha inviato alla Grecia in data 19/4/10 la richiesta di ripresa in carico ai sensi dell’art. 16.1 del Reg. n. 343/3003.

Rilevata l’accettazione implicita della Grecia, in base all’art. 20.1 del Reg. CE 343/2003, l’Unità Dublino, ritenendo la Grecia un paese terzo sicuro e non ravvisando motivi che avrebbero potuto indurre l’Italia ad assumere la competenza ai sensi dell’art. 3.2 del Regolamento Dublino II, con provvedimento dell’8/6/10, notificato il giorno 15/6/10, ha disposto il trasferimento in Grecia del ricorrente per la disamina della sua domanda di protezione.

Avverso detto provvedimento il ricorrente deduce le seguenti censure:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17.1 e dell’art. 4.2 del Reg. CE n. 343/03, e di carenza di motivazione; art. 33 della Convenzione di Ginevra del 28/7/51. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza assoluta di motivazione. Erronea valutazione dei fatti e dei presupposti.

2. Violazione dell’art. 4.4. -Violazione dell’art. 7 della L. 241/90, lesione del diritto di difesa. Violazione del principio di ragionevolezza. Violazione di legge, mancata applicazione delle norme della L. 241/90 sul giusto procedimento, perplessità.

3. Violazione dell’art. 3.2 del Reg. CE 343/03 – Violazione dei fatti e dei presupposti, in particolare violazione dei diritti umani a danno dei richiedenti asilo in Grecia.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con ordinanza n. 4275/10 la domanda cautelare è stata accolta.

All’udienza pubblica del 16 giugno 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

L’Amministrazione, nel provvedimento impugnato, si è limitata ad affermare che la Grecia è un paese terzo sicuro e che non si ravvisano particolari motivi che potrebbero indurre l’Italia ad assumere la competenza ai sensi dell’art. 3 c. 2 del regolamento CE 343/2003 (cd. Regolamento Dublino), non tenendo conto della notoria situazione in cui versano i richiedenti protezione internazionale in Grecia.

Il Collegio ha più volte richiamato nella propria giurisprudenza in materia i documenti dell’UNCHR di raccomandazioni del dicembre 2009, del 15 aprile 2008, ed, in precedenza, del 9 luglio 2007 con i quali l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha espresso la propria preoccupazione per le difficoltà che i richiedenti asilo incontrano in Grecia nell’accesso e nel godimento di una protezione effettiva, in linea con gli standard internazionali ed europei ed ha raccomandato espressamente ai Governi di non rinviare in Grecia i richiedenti asilo in applicazione del regolamento Dublino fino ad ulteriore avviso, raccomandando, invece, "l’applicazione dell’art. 3 (2) del regolamento Dublino, che permette agli Stati di esaminare una richiesta di asilo anche quando questo esame non sarebbe di propria competenza secondo i criteri stabiliti dal regolamento stesso".

Sebbene la Grecia abbia successivamente ratificato e recepito sia la "Direttiva procedure (2005/85/CE) l’11/7/08, la "Direttiva qualifiche" (2004/83/CE) il 30/7/07 e la "Direttiva accoglienza" (2003/9/CE) il 13/11/07 e dal luglio del 2008 non applichi più il diniego automatico alle procedure d’asilo cosiddette "interrotte", la situazione in cui versano i richiedenti asilo in Grecia è soltanto migliorata ma non è ancora equiparabile a quella esistente negli altri paesi europei come emerge chiaramente dalla disamina della raccomandazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati del dicembre 2009 (successiva al recepimento delle direttive comunitarie) con la quale l’Alto Commissariato ha dichiarato di "continuare ad opporsi ai trasferimenti verso la Grecia ai sensi del Regolamento Dublino II" in considerazione dei problemi osservati nella procedura di asilo greca, che le stesse Autorità greche riconoscono".

Infatti, l’adeguamento normativo alle direttive comunitarie da parte dello Stato greco, non comporta automaticamente la cessazione dei gravi problemi che incontrano in Grecia i richiedenti asilo, attestati da organismi internazionali quali l’Alto Commissario Onu per i Rifugiati anche di recente; la criticità del cosiddetto "Sistema Dublino" è notoria in quanto denunciata non soltanto da organizzazioni quali Amnesty International ma anche dal Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Hammarberg dinanzi alla Corte di Strasburgo nell’udienza tenutasi a settembre 2010 sul ricorso riguardante un richiedente asilo afgano rinviato in Grecia dal Belgio (caso M.S.S. c/ Belgio e Grecia) conclusosi poi con la sentenza del 21 gennaio 2011 che ha condannato il Belgio e la Grecia per la violazione degli artt. 3 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.

Risulta al Collegio, che il Commissario del Consiglio d’Europa, dopo aver effettuato visite in Grecia dall’8 al 10 dicembre 2008 e dall’8 al 10 febbraio 2010, e dopo aver regolarmente monitorato la situazione nel paese, – pur apprezzando lo sforzo del governo greco per modificare il sistema di tutela dei rifugiati e porre rimedio alle sue gravi carenze strutturali -, ha osservato che le attuali disposizioni legislative e le prassi seguite in Grecia in materia di asilo non sono conformi alle norme internazionali ed europee in materia di garanzia dei diritti umani, in quanto i richiedenti asilo continuano ad affrontare enormi difficoltà in Grecia per avere accesso alla procedura di domanda di asilo e non godono sempre delle garanzie basilari, quali l’assistenza di un interprete e la consulenza legale. Inoltre, le vie di ricorso di cui dispongono attualmente per contestare il rifiuto della domanda di asilo non possono essere considerate effettive ed i richiedenti asilo trasferiti verso la Grecia rischiano di essere rinviati verso paesi pericolosi per la loro incolumità, mentre le condizioni di accoglienza in Grecia sono lungi dall’essere soddisfacenti.

Lo stesso Commissario ha rilevato la criticità del Regolamento Dublino II, in quanto la sua applicazione ha come conseguenza che alcuni paesi devono trattare un numero di domande di asilo che supera le loro capacità ed ha prospettato la possibilità alla Commissione europea di istituire un meccanismo volto a sospendere i trasferimenti e ad alleviare sul breve periodo i problemi degli Stati particolarmente sollecitati ai sensi del Regolamento di Dublino.

La Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha così accolto il ricorso proposto dal cittadino afgano ed ha condannato sia il Belgio che la Grecia per violazione dell’art. 3 (divieto di trattamento inumano e degradante) e dell’art. 13 (diritto ad un rimedio effettivo) della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.

La Corte ha ritenuto lo Stato Greco responsabile della violazione delle suddette disposizioni, poiché i richiedenti asilo in quello Stato non trovano adeguata tutela nell’accesso alle misure di protezione internazionale e sono sottoposti a trattamenti degradanti per la dignità umana; lo Stato Belga è stato ritenuto anch’esso responsabile per aver trasferito il cittadino afgano in applicazione del Regolamento Dublino II, pur essendo edotto della situazione nella quale versano i richiedenti asilo in quello Stato.

Risulta quindi al Collegio, che dopo l’udienza dinanzi alla Corte di Strasburgo relativa al caso M.S.S./Belgio e Grecia alcuni Paesi membri abbiano sospeso i trasferimenti in Grecia dei richiedenti asilo applicando la clausola di sovranità (il Belgio dal 10 ottobre 2010, la Norvegia dal 15 ottobre 2010, la Gran Bretagna dal 17 settembre 2010, l’Olanda dagli inizi di ottobre; la Germania per un anno).

Alla stregua di quanto sopra esposto, pur consapevole di una recente (e al momento isolata) pronuncia del Consiglio di Stato, sez. III di segno contrario (sent. n. 1024/2011), ritiene il Collegio di dover confermare – proprio alla luce dei recenti sviluppi – il proprio orientamento giurisprudenziale, dal momento che i recenti sforzi dello Stato greco per adeguare la propria legislazione agli standard europei, pur se importanti, non si sono ancora tradotti in prassi organizzative e decisionali idonee a far ritenere che la Grecia sia allo stato divenuta un Paese sicuro.

Il ricorso deve essere pertanto accolto ed il provvedimento impugnato deve essere quindi annullato, in quanto il mancato ricorso alla clausola di sovranità di cui all’art. 3.2 del Reg. CE 343/03 non appare adeguatamente giustificato tenuto conto di quanto rappresentato da tempo da parte di organismi internazioni quali l’UNCHR e poi rilevato dalla stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la sentenza del 21 gennaio 2011 che – benché adottata in data successiva al provvedimento impugnato – si limita a fotografare una situazione di fatto esistente da molto tempo prima.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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