Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-04-2011) 15-07-2011, n. 28082

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il TdR di Roma, con il provvedimento di cui in epigrafe, accogliendo l’appello del PM (che aveva impugnato il provvedimento del GIP, il quale aveva negato la emissione di misura cautelare), ha applicato a V.P., C.E., Ci.Da., P.G. la misura cautelare della custodia in carcere con riferimento ai reati dei capi C ( artt. 110, 48 e 479 c.p.) ed E ( artt. 110 e 495 c.p. e art. 61 c.p., n. 2).

I quattro predetti sono sottoposti a indagine con riferimento ai reati sopra indicati, oltre che per truffa aggravata e falsità in scrittura privata, per avere, assumendo false identità, simulato una compravendita di un immobile di proprietà di tale M. G., traendo in inganno un notaio, cui il Ci. si era presentato con le false generalità del M., ottenendo così un mutuo fondiario da un istituto di credito, mutuo accreditato sul conto corrente aperto a nome del "falso" M. e subito fatto "sparire".

Con il M., erano state effettivamente avviate trattative ad opera degli indagati, ma al solo scopo di ottenere notizie e documentazione da "spendere" in banca.

Il reale proprietario del bene ( M.) e il notaio, avevamo poi provveduto a denunziare i quattro attuali ricorrenti, due dei quali ( P. e Ci.) tratti in arresto il 24.3.2010 con riferimento ad altra "operazione", avente analoghi connotati.

Ricorrono per cassazione i difensori degli indagati, articolando censure, in parte, comuni.

Nell’interesse di P. e Ci. viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 297 c.p.p., atteso che, come premesso, essi sono già stati arrestati per fatto analogo, conosciuto dall’inquirente. Dunque il provvedimento del TdR, emesso in accoglimento dell’appello del PM, è stato assunto prima che i due predetti venissero rinviati a giudizio per i fatti per i quali sono stati arrestati. E’ indubbio che tra i due episodi sussiste nesso teleologia). Per i fatti cui si riferisce l’arresto del marzo 2010, per altro, gli indagati, posti agli arresti domiciliari, hanno abbondantemente superato il termine di fase di mesi 3.

Viene dedotta anche violazione degli artt. 273, 274, 275 e 280 c.p.p. per assoluta mancanza dei requisiti di emissione della misura custodiate, atteso che: 1) fatti sono risalenti, 2) gli indagati hanno dato prova di correttezza durante il periodo trascorso agli AA.DD., 3) il pericolo di fuga è assolutamente insussistente se solo si rifletta, appunto, alla circostanza sub 2), 4) il pericolo di reiterazione è meramente enunziato dal TdR, ma non argomentato, 5) il P. si sarebbe limitato ad accompagnare la persona spacciatasi per V. dal M., una sola volta.

Nell’interesse di C., V. e ancora di P., violazione di legge e carenze dell’apparato motivazionale.

Innanzitutto, si sottolinea che il V. si chiama P. e non P. e dunque non possono a lui riferirsi gli atti di indagine, in secondo luogo,si contesta la regolarità e la utilizzabilità degli atti di riconoscimento operati nei confronti degli indagati, riconoscimenti che non hanno rispettato le norme codicistiche, in terzo luogo, si contesta il criterio di scelta della misura cautelare, atteso che per analogo episodio sono stati applicati gli AA.DD., in quarto luogo, si contesta la legittimità della applicazione della misura cautelare, atteso che gli indagati sono in condizione di ottenere la sospensione condizionale della pena, in quinto luogo – con argomentazioni analoghe a quelle poste in essere anche da Ci. – si contesta la sussistenza delle esigenze cautelari sotto il profilo della attualità (essendo trascorsi 8 mesi dalla data della richiesta del PM) ed essendo una custodia cautelare di 3 mesi inadeguata fronteggiare le ipotizzate e immaginarie esigenze cautelari (reiterazione e pericolo di fuga).

In data 8.4.2011 è stata depositata dall’avv. Nalli memoria difensiva, con la quale si rappresenta che il 3.2.2011 il GUP ha emesso decreto con il quale ha fissato l’udienza preliminare per il 27.5.2011) conseguentemente – si sostiene – è ormai il GUP il giudice procedente, con la conseguenza che solo questo ultimo può emettere o revocare la misura cautelare.

Con particolare riferimento al P., poi, si ribadiscono le considerazioni in ordine alla sussistenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, sottolineando che il predetto ha un impiego fisso ed è padre di un bambino in tenera età.

Motivi della decisione

Va innanzitutto chiarito che la fissazione della udienza preliminare non toglie affatto vigenza al provvedimento cautelare precedentemente emesso, ma semplicemente fa decorrere nuovi termini di fase.

Nè si comprende come il fatto che il GUP possa (potrebbe) revocare la misura venga ad incidere sul giudizio rimesso a questa Corte.

Va poi ancora precisato che il fatto che il nome di battesimo del V. sia stato indicato come P., piuttosto che come P., non può aver rilievo alcuno, posto che non pone affatto in dubbio la "identità fisica" dell’indagato. Trattasi, evidentemente, di mero errore materiale (se non, addirittura, di un lapsus calami).

Tanto premesso, la prima censura, così come articolata, è inammissibile per genericità, atteso che i ricorrenti si limitano a riferire che essi sono stati arrestati per fatto analogo e che anzi tra i due episodi (quello per il quale si procede e quello "analogo") esisterebbe un legame finalistico.

Altri sono, evidentemente, i presupposti di applicazione del dettato dell’art. 297 c.p.p..

La seconda censura è manifestamente infondata sotto l’aspetto del pericolo di reiterazione, atteso che, come premesso, sono gli stessi ricorrenti a ricordare che, di fatto, la condotta è già stata reiterata (almeno una volta), il che sta quantomeno a provare la spiccata inclinazione dei soggetti al delitto (a tal tipo di delitto) e il permanere di una – sia pur rudimentale – trama organizzativa. Il fatto poi che il P. avrebbe svolto solo il ruolo di accompagnatore, non vale, di per sè, a escludere che, ai sensi dell’art. 110 c.p., egli abbia concorso nella commissione del reato.

Del tutto generica è la censura relativa alle modalità del riconoscimento.

Al proposito va per altro ricordato che il nostro "sistema" conosce anche prove atipiche, come, ad es., il riconoscimento fotografico, pienamente utilizzabile, tanto in fase cautelare, quanto nel giudizio (tra le tante, ASN 1997O3382-RV 207409). Fondata, viceversa, è la censura relativa alla permanenza delle esigenze cautelari (censura esplicitamente proposta da C., V. e P., ma, in sostanza, anche da Ci., se solo si riflette alla natura delle doglianze sopra riportate sub 1 e 2).

Il tempo trascorso, l’instaurazione della successiva fase processuale, l’avvenuto riconoscimento, la natura, in parte documentale, delle fonti di provarono elementi che, nella prospettazione dei ricorrenti, non giustificano più il mantenimento della misura di rigore. A fronte di tali considerazioni il TdR non ha in pratica espresso replica.

Pertanto, restando assorbita la censura relativa alla applicabilità della sospensione condizionale (e quindi alla applicabilità in astratto della misura cautelare), l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio.

P.Q.M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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