Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 05-12-2011, n. 25981

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 30 agosto 2007, l’INPS chiede la cassazione della sentenza depositata il 14 settembre 2006, con la quale la Corte d’appello di Bologna, riformando la decisione di primo grado, lo ha condannato a ricostituire il trattamento integrativo di pensione di R.D. – ex dipendente INAM posto in quiescenza il 2 agosto 1971 con la qualifica di direttore generale per effetto dei benefici di cui alla L. n. 336 del 1970 – per tener conto dell’indennità di posizione pensionabile prevista per gli anni 1996 e 1997 per i dirigenti generali dalla L. 2 ottobre 1997, n. 334, art. 1, comma 1, lett. b). Tale domanda era stata fondata sulla circostanza che, alla stregua dall’art. 30 del regolamento di previdenza del personale ex INAM, il trattamento pensionistico di questi doveva essere adeguato contestualmente a quello di pari servizio (c.d. "clausola oro", non ancora devitalizzata, all’epoca dei fatti, alla stregua della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 4 – su cui cfr., ad es., Cass. 5 marzo 2010 n. 5415 e 22 aprile 2008 n. 10346).

In proposito, l’INPS deduce la violazione della L. n. 334 del 1997, art. 1 e della L. n. 336 del 1970, art. 2 e il vizio di motivazione, sostenendo che il beneficio di cui alla prima delle norme citate spettava al pensionato unicamente nel caso in cui questi rivestisse effettivamente, al momento del collocamento a riposo, la posizione interessata dalla indennità. Nel caso del R. occorreva pertanto che egli svolgesse le funzioni di direttore generale, mentre la qualifica a lui attribuita, ex L. n. 336 del 1970, di direttore generale costituiva unicamente una finctio iuris, finalizzata al conseguimento di un miglior trattamento di quiescenza.

Resistono alle domande con rituale controricorso gli eredi di R. D., che eccepiscono:

a) la tardività del ricorso, in quanto la sentenza sarebbe stata notificata personalmente all’Istituto contumace in appello l’11 novembre 06;

b) il fatto che il R. non chiede l’indennità di posizione di cui alla lettera a) correlata a funzioni di capo di direzioni generali o di uffici di livello pari o superiore, ma quella di cui alla lett. b) correlata a ogni altra funzione dirigenziale del dirigente generale, in relazione al fatto che nel 71 egli era direttore centrale e svolgeva i relativi compiti dirigenziali;

c) il ricorso censurerebbe apprezzamenti di merito della Corte territoriale, come tali incensurabili in questa sede con la mera contrapposizione ad esse di opposte valutazioni.

I controricorrenti hanno altresì depositato una memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto tardivo.

Nel giudizio di appello l’INPS era rimasto contumace, sicchè ad esso la sentenza conclusiva avrebbe dovuto essere notificata ai sensi dell’art. 292 c.p.c. "personalmente", vale dire direttamente nella sede legale, in persona del legale rappresentante.

La sentenza della Corte d’appello, pubblicata il 14 giugno 2006 e resa esecutiva il 31 ottobre successivo, è stata notificata dai sigg. R., unitamente all’atto di precetto, al legale rappresentante dell’INPS presso la sede legale dell’ente in Roma in data 11 novembre 2006, come risulta dalla documentazione in atti.

Una tale notifica deve pertanto ritenersi utile sia ai sensi dell’art. 479 c.p.c. e quindi quale atto propedeutico rispetto all’esecuzione, che ai sensi degli artt. 292, 325 e 326 c.p.c. e quindi per la decorrenza del termine perentorio di sessanta giorni stabilito per l’impugnazione della stessa.

Poichè il ricorso per cassazione dell’INPS avverso la sentenza indicata è stato notificato agli eredi R. solo in data 30 agosto 2007 e pertanto ben oltre il termine breve di decadenza, applicabile nel caso di specie, esso va dichiarato inammissibile in quanto tardivo.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il normale regolamento delle spese di questo giudizio, la cui liquidazione è operata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’INPS a rimborsare ai resistenti le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 40,00 per esborsi ed Euro 2.500,00, oltre accessori, per onorari, che distrae all’avv. Ettorantonio Di Lustro.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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