Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-04-2011) 15-07-2011, n. 28074 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto 1.4.2010 il Gip presso il tribunale di Firenze dispose il sequestro preventivo di un immobile denominato "ex Scuole Lambruschini" sito in (OMISSIS) e del relativo cantiere, in relazione al reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), sia perchè l’edificazione degli ampliamenti era avvenuta in violazione dell’art. 35 delle NTA del regolamento urbanistico, sia perchè l’edificazione dell’ampliamento D del progetto si trovava a distanza dagli edifici preesistenti inferiore a quella prescritta dal D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, punto 1, nonchè in relazione ai reati di cui agli artt. 471 e 479 cod. pen..

Il tribunale del riesame di Firenze, con l’ordinanza in epigrafe, revocò il provvedimento di sequestro preventivo, osservando, tra l’altro, che nella specie doveva applicarsi la norma derogatoria (per gli edifici pubblici) di cui all’art. 11, comma 2, e non quella di cui all’art. 35 (dettata in via generale per gli edifici del centro storico) delle NTA del regolamento urbanistico, e che, quanto alle distanze legali, non si applicava il D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, punto 1, in quanto questo non indica le distanze da rispettare in caso di costruzione di un nuovo fabbricato, sicchè valevano le distanze previste dal codice civile, mentre era irrilevante la traslazione di trenta centimetri dei pilastri.

Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione di legge. Erroneamente il tribunale del riesame ha ritenuto che, trattandosi di edificio ricadente in centro storico, non sarebbe applicabile la disciplina del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 1. Invero, il D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 1, n. 1, si riferisce per la zona centro storico alle sole operazioni di risanamento conservativo e di ristrutturazione e non anche alle nuove edificazioni, per la ragione che nei centri storici è vietata la nuova edificazione. Nella specie si tratta di lavori di ristrutturazione di un edificio tutelato posto nel centro storico, con interventi di demolizione e di ricostruzione, con modifiche della sagoma e con consistenti ampliamenti planimetrici. Sono state quindi eseguite opere di nuova edificazione (ampliamenti) derogando al divieto di costruzione nei centri storici, mediante adozione di apposita variante al regolamento urbanistico. Si tratta di attività che ricade nella previsione dell’art. 9 cit., comma 1, n. 2, e perciò dovevano essere rispettati i limiti di distanza ivi previsti, di 10 m. In ogni caso l’intervento non ha rispettato neppure i limiti di cui al n. 1 del comma 1. In sostanza, il comune ha derogato al generale divieto di costruzione (ampliamento) nel centro storico, e quindi doveva applicarsi la normativa sulle distanze di cui al D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 1, n. 2. In ogni caso non è stata rispettata neppure la normativa di cui al n. 1 del medesimo comma.

2) mancanza di motivazione, perchè il tribunale del riesame non ha considerato che la variante al regolamento urbanistico tesa a consentire le opere di ampliamento dell’immobile tutelato ex D.Lgs. n. 42 del 2004, è stata adottata senza il preventivo vaglio della competente Sovrintendenza. La contestazione di esecuzione dell’ampliamento in violazione dell’art. 35 delle NTA ed in particolare dell’esecuzione con una traslazione di 30 cm. verso sud dei pilastri portanti, ha riguardo alla esecuzione di opere in difformità dei progetti approvati, e dunque abusive, cui ha fatto seguito l’approvazione di una perizia di variante in corso d’opera del tutto illegittima perchè avente ad oggetto un abuso già realizzato.

Motivi della decisione

Il Collegio rileva che il ricorso è inidoneo a raggiungere il suo scopo e di portare alla caducazione del provvedimento impugnato.

Il tribunale del riesame, infatti, ha revocato il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze il 1 aprile 2010, per due concorrenti ragioni, e precisamente sia perchè ha ritenuto che non sussisteva il fumus commissi delicti relativo al reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), poichè gli indagati avrebbero agito sulla base di una corretta interpretazione delle norme statali e comunali, e sia perchè ha ritenuto che non sussisteva il periculum in mora "atteso che comunque allo stato l’opera cade sopra un’area nella quale esiste una variante comunque approvata e relativamente alla quale è stata concessa l’autorizzazione da parte della Soprintendenza (4/8/09)".

Ora, il pubblico ministero ricorrente con i suoi pregevoli motivi ha impugnato l’ordinanza del tribunale del riesame esclusivamente nella parte in cui ha escluso il fumus del reato ipotizzato e non anche nella parte in cui ha escluso il periculum in mora. Pertanto, quand’anche questa Corte accogliesse tali motivi, non potrebbe comunque annullare il provvedimento impugnato, non potrebbe comunque annullare il provvedimento impugnato, perchè la soluzione da esso adottata continuerebbe a trovare fondamento nella (non contestata) mancanza della sussistenza attuale e concreta di esigenze cautelari.

Il ricorso del PM va pertanto dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *