Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-04-2011) 15-07-2011, n. 28062 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Firenze confermò la sentenza 30.3.2010 del tribunale di Siena, che aveva dichiarato C.G. colpevole dei reati di cui: A) al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, per avere ceduto a R.M. e ad altri minori sostanza stupefacente, al fine di porli in uno stato di incapacità psichica; B) agli artt. 609 bis e 609 quater cod. pen. per avere usato violenza nei confronti di R.M. per costringerlo ad avere rapporti sessuali approfittando della sua inferiorità psichica indotta attraverso l’assunzione di hashish e con la minaccia di riferire ai carabinieri il possesso di sostanza stupefacente; D) di avere divulgato notizie ed informazioni finalizzate all’adescamento ed allo sfruttamento sessuale di minori;

E) di avere compiuto atti sessuali con D.S., anche nel periodo in cui questi era minore degli anni 14 e proseguendo in seguito anche abusando delle sue condizioni di inferiorità psichica, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento del danno in favore delle parti civili, mentre lo assolse perchè il fatto non sussiste dal reato di detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico di al capo C).

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e artt. 609 ter e 84 cod. pen. (capo A). Osserva che la corte d’appello ha ritenuto sussistente il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 finalizzato alla consumazione del reato di cui all’art. 609 bis di cui al capo B). Sennonchè, l’art. 609 ter prevede quale circostanza aggravante dell’art. 609 bis l’uso di sostanze stupefacenti. Quindi, in forza dell’art. 84 cod. pen., il reato di cui al capo A) doveva essere dichiarato assorbito quale circostanza aggravante del reato di cui all’art. 609 bis.

2) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in riferimento al reato di cui al capo B). Osserva che la corte d’appello ha ritenuto sussistente tale reato per la condotta di avere abusato delle condizioni di inferiorità psichica per avere ceduto al ragazzo hashish al fine di farlo stare più rilassato.

Risulta però che il R. era assuntore di hashish ed anche di eroina. Con l’appello aveva eccepito che la cessione di hashish e di somme di denaro non erano idonee a realizzare uno stato di incapacità psichica. La sentenza impugnata ha totalmente omesso di motivare sul punto e sullo stato di incapacità psichica.

Manca totalmente la motivazione anche sulla condotta di minaccia pure contestata al capo B), e sulle relative specifiche censure sollevate con l’atto di appello.

La sentenza impugnata è anche contraddittoria e manifestamente illogica perchè ammette che in alcune occasioni il R. riceveva lo stupefacente senza sottoporsi ad atti sessuali, il che contrasta con la asserita situazione di inferiorità psichica, in quanto il ragazzo era in grado di autodeterminarsi.

3) violazione dell’art. 600 ter c.p., comma 2; mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in riferimento al capo D). Lamenta che illogicamente la corte d’appello ha ritenuto provato il reato di adescamento sulla base di un sms intercettato, in quanto per la sussistenza del delitto in questione occorre che l’agente divulghi o distribuisca informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento di minori. L’sms in oggetto è invece privo di ogni riferimento soggettivo e oggettivo idoneo ad individuare l’identità dei soggetti ivi citati ed i luoghi indicati.

Nella specie la condotta contestata non contiene gli elementi necessari a mettere in pericolo il bene protetto.

Lamenta altresì che la sentenza impugnata manca di motivazione sui destinatari delle notizie divulgate e sulla finalizzazione adescatrice di tale divulgazione. La finalità di adescamento ha un senso se le comunicazioni sono rivolte a soggetti minori e non a terzi. Nella specie non vi è alcuna prova che i destinatari della comunicazione fossero minori. In ogni caso le notizie non hanno un intrinseco contenuto idoneo ad adescare.

Manca poi la motivazione sulla condotta finalizzata allo sfruttamento dei minori.

Infine la motivazione è contraddittoria e manifestamente illogica nella parte in cui la corte d’appello rinvia al materiale pedopornografìco rinvenuto nel garage, mentre non è stato reperito alcun materiale pedopornografico, tanto che la sentenza di primo grado lo aveva assolto per insussistenza del fatto dalla specifica contestazione di cui al capo C).

4) erronea applicazione della legge penale e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in riferimento al capo E).

Osserva che manca qualsiasi motivazione sulla sussistenza di uno stato di inferiorità di D.S., che non può derivare dalla sola dazione di piccole somme di denaro o dalla promessa di rapporti sessuali. Manca poi la motivazione sull’abuso. Inoltre, la condizione di inferiorità psichica non può risiedere nel mero divario anagrafico.

Erroneamente poi la sentenza impugnata ha ravvisato il reato di cui all’art. 609 quater cod. pen. per il periodo antecedente al compimento dei 14 anni della persona offesa, mentre la motivazione si è basata sull’abuso induttivo, ossia sull’elemento costitutivo del reato di cui all’art. 609 bis, che è poi stato posto a fondamento del reato di cui all’art. 609 quater. Invero, la condanna per il reato di cui all’art. 609 quater implica necessariamente che le condotte siano state valutate come prive dei connotati dell’abuso induttivo.

Motivi della decisione

Il Collegio ritiene che i motivi di merito si risolvono in censure in punto di fatto della decisione impugnata, con le quali si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, e sono comunque infondati avendo i giudici del merito fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali hanno ritenuto sussistente la prova della responsabilità dell’imputato per i reati contestati.

Quanto al reato sub B), infatti, la corte d’appello ha osservato che l’imputato aveva abusato dello stato di inferiorità psichica sia del R. sia del D., avendo strumentalizzato le giovani vittime ed ottenuto le richieste prestazioni sessuali grazie alla situazione di superiorità assicuratagli dalla notevole differenza di età, dalla disponibilità economica e dalla capacità di esaudire ogni loro desiderio, dalla riparazione dei motorini, alla consegna di CD, videogiochi, sigarette e hashish (come nel caso del R.), dalla seduzione ottenuta mediante promesse varie, molto efficaci stante l’immaturità dei ragazzi. Il fatto che il R. fosse già assuntore di hashish e di eroina è stato ritenuto dalla corte d’appello irrilevante, dato che l’abuso è stato individuato appunto nel rifornire e nella promessa di rifornire sostanza stupefacente al giovane tossicodipendente. Quindi lo stato di inferiorità psichica non era determinato dalla assunzione della sostanza, bensì dalla offerta di consegnare la stessa o somme di denaro per acquistarla. Da ciò deriva anche l’irrilevanza del fatto che qualche volta il R. avesse ricevuto sostanza stupefacente senza sottoporsi ad atti sessuali.

Quanto al reato sub D), la corte d’appello ha motivatamente ritenuto che l’adescamento di minori ivi contestato era provato dallo stesso tenore dei messaggi inviati dal C. ad altri giovani, con i quali costoro venivano informati (ed in tal modo adescati) sulla riservatezza e bellezza dei luoghi dove viveva e sulla garanzia di sperimentare capacità sessuali nei confronti dei loro coetanei. La sentenza di primo grado, del resto, ha evidenziato che l’imputato, inviava non solo sms ma anche messaggi chat a minorenni, nei quali descriveva le pratiche sessuali ed il luogo in cui venivano consumate, esortando coloro che fossero interessati a sperimentarle personalmente. Il che avveniva nell’ambito di una chat line all’interno di una singola stanza (o canale) di discussione in cui poteva facilmente raggiungere una pluralità di soggetti interessati al tema e dialogare con essi. Il richiamo alla (inesistente) detenzione di materiale pedopornografico non è stata fatta dalla sentenza impugnata in riferimento al reato di cui al capo D).

Quanto al reato sub E), la corte d’appello ha osservato che l’abuso della situazione di inferiorità psichica del D. era avvenuto con gli stessi comportamenti, dazioni e promesse di ogni tipo dianzi ricordati con riferimento al R., nonchè approfittando della sua superiore e consumata esperienza, e non con il solo divario anagrafico. La corte d’appello ha sottolineato l’esistenza dell’abuso induttivo da quando il D. aveva compiuto i 14 anni, ritenendo chiaramente irrilevante che vi fosse stato l’abuso per il periodo anteriore.

E’ invece fondato il primo motivo. Infatti, con riferimento alla imputazione di cui al capo A), la corte d’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha ritenuto configurabile il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, finalizzato alla commissione del reato di cui all’art. 609 bis cod. pen. in danno del R., contestato con il capo B).

L’art. 609 ter cod. pen., però, prevede quale circostanza aggravante del reato di cui all’art. 609 bis, tra l’altro, l’uso di sostanze stupefacenti. La corte d’appello ha quindi erroneamente omesso di fare applicazione del principio di cui all’art. 84 cod. pen. per il quale il reato contestato al capo A) doveva ritenersi assorbito, quale circostanza aggravante, in quello di cui al capo B).

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio limitatamente all’addebito sub A) perchè assorbito in quello sub B), e con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Firenze per la rideterminazione della pena. Nel resto il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’addebito sub A) perchè assorbito in quello sub B).

Annulla detta sentenza con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Firenze per la rideterminazione della pena.

Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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