T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., 20-07-2011, n. 806 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La sentenza del Tar n. 9 del 26.1.2010, di merito, è stata impugnata in Consiglio di Stato, che ha ritenuto di non accordare la misura cautelare (cfr. ordinanza, V sez., n. 998 del 2.3.2011).

Con ricorso per l’ ottemperanza/esecuzione notificato il 23.3.2011 e depositato il 29/3 è stata richiesta l’esecuzione dei pagamenti relativi agli emolumenti 198719881989, oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese liquidate in sentenza.

Nelle more l’Amministrazione ha compiuto (il 20 aprile 2011), per ciascun ricorrente, due quantificazioni per procedere ai pagamenti (con diverse delibere):

uno a titolo di capitale, interessi e rivalutazione (euro 11.810);

un altro a titolo di spese di giudizio (euro 2.808).

Tali atti sono stati depositati in giudizio dalla difesa della ASL di OristanoGestione liquidatoria il 23.5.2011.

Alla Camera di Consiglio del 22.6.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

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Tenuto conto della tempestiva adozione degli atti di pagamento (20.4.2011) dopo la pronunzia cautelare del Consiglio di Stato (2.3.2011) -sia di capitale che di interessi e rivalutazione, la controversia permane in ordine alla "modalità di computo" degli accessori.

La questione si pone in particolare in ordine all’individuazione della corretta "base di calcolo" per interessi e rivalutazione:

se essa vada cioè individuata nella somma capitale "al lordo" delle ritenute fiscali e previdenziali o "al netto" di esse.

Dal prospetto contabile depositato in giudizio dalla ASL emerge che il conteggio di interessi e rivalutazione è stato compiuto sul "capitale netto" ("EF", ove E è l’imponibile IRPEF; F sono gli oneri fiscali IRPEF per il triennio di riferimento 19878889, al 34%) e ciò in applicazione del DM 352 1.9.1998.

Il Decreto ministeriale 1 settembre 1998, n. 352 "Regolamento recante i criteri e le modalità per la corresponsione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria per ritardato pagamento degli emolumenti di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale a favore dei dipendenti pubblici e privati in attività di servizio o in quiescenza delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29", all’art. 3 2° comma, prescrive che:

"Gli interessi legali o la rivalutazione monetaria sono calcolati sulle somme dovute, "al netto" delle ritenute previdenziali, assistenziali ed erariali".

Tuttavia, tale disposizione è direttamente applicabile per i crediti maturati dopo la data del 1.1.1995 (in base all’ art. 1, comma 1 del D.M.).

Occorre analizzare, per i crediti antecedenti (come in questo caso) quale sia la regola da applicarsi.

Sul punto si registrano due diversi orientamenti in giurisprudenza.

L’orientamento di gran lunga prevalente è a favore del calcolo degli interessi o della rivalutazione con riferimento alla sorte capitale "al netto" delle ritenute.

Si afferma infatti che "il calcolo della rivalutazione monetaria e degli interessi legali dovuti al dipendente per il ritardato pagamento di emolumenti deve essere eseguito assumendo come "base del computo" le somme dovute "al netto" delle ritenute contributive e fiscali, e non il capitale lordo in quanto può ritenersi produttivo di accessori solo il denaro che viene effettivamente ad incrementare il patrimonio del lavoratore e non anche quello corrispondente alle ritenute alla fonte, che non sarebbe mai entrato nella disponibilità dell’impiegato." (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 22 maggio 2006, n. 2989; Consiglio di Stato, IV, 3 febbraio 2006, n. 462; Consiglio Stato, sez. VI, 24 maggio 2004, n. 3383; Consiglio Stato, sez. VI, 10 marzo 2004, n. 1206; Consiglio Stato, sez. VI, 2 settembre 2003, n. 4858; Consiglio Stato, sez. IV, 30 dicembre 2003 n. 922; Consiglio Stato a. plen., 30 marzo 1999, n. 3; così come T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 01 marzo 2011, n. 1861; T.A.R. Piemonte, sez. II, 22 marzo 2010, n. 1531; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 6 luglio 2009, n. 6469; T.A.R. Lazio, sez. III, 9 giugno 2005, n. 4676;

Secondo altro orientamento, invece, la somma da prendere a riferimento per il calcolo degli accessori sarebbe il capitale "al lordo" delle ritenute. In proposito, si è affermato, infatti, che: "Il calcolo della rivalutazione monetaria e degli interessi dovuti sulle somme spettanti a titolo retributivo deve essere effettuato senza tener conto delle ritenute erariali (di tipo assistenziale e fiscale) e quindi al lordo e non al netto delle dette ritenute, e ciò al fine di evitare una duplicazione del carico erariale, il quale, al contrario, deve essere applicato sul globale una volta rivalutato." (T.A.R. Lombardia Brescia, 11 maggio 1998, n. 353).

In particolare anche la Corte di Cassazione sostiene tale secondo orientamento (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 18 agosto 2000, n. 10942).

Un terzo orientamento (espresso da T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 16 aprile 2007, n. 637) delinea un modello "misto" e introduce un distinguo fra "rivalutazione monetaria" (che andrebbe calcolata sulle somme al lordo) ed "interessi" (che invece andrebbero calcolati sulle somme al netto), sostenendo che:

"Per i crediti di lavoro maturati antecedentemente alla data del 31 dicembre 1994, la rivalutazione monetaria va calcolata sulle somme al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali; su tale importo vanno poi operate le ritenute fiscali e previdenziali secondo il regime vigente. Gli interessi, invece, vanno calcolati sulle somme della sorte capitale considerata al netto delle ritenute." In particolare si è sostenuto che sarebbe più coerente con il rapporto di imposta calcolare la rivalutazione sul maggiore importo ed operare oggi sull’importo rivalutato le ritenute, fiscali, contributive o previdenziali. Ciò in quanto la rivalutazione persegue lo scopo di attualizzare il valore della somma pagata con un dato differenziale di tempo e attenuare così gli effetti tipici del principio nominalistico, reintegrando il danneggiato nella situazione patrimoniale anteriore all’illecito. In questa situazione patrimoniale rientrerebbero, giuridicamente, tutte le somme di spettanza del creditore, comprese quelle che quest’ultimo, a sua volta, è tenuto a corrispondere all’erario per il debito d’imposta.

A fronte di tale panorama giurisprudenziale variegato e multiforme, il Collegio ritiene di sostenere e condividere l’orientamento maggioritario espresso dalla giurisprudenza amministrativa.

Ciò in quanto:

– la scelta espressa nel Regolamento (D.M. 1998, n. 352) ben può essere valorizzata ed utilizzata come canone interpretativo anche per i rapporti antecedenti;

il Consiglio di Stato è il (potenziale) giudice d’appello anche nella presente controversia e l’orientamento manifestato va tenuto in peculiare considerazione al fine di evitare determinazioni contrastanti (che scatenerebbero -nelle more- solo temporanei passaggi di denaro).

Gli interessi e la rivalutazione monetaria dovuti per il ritardato pagamento di crediti di lavoro vanno computati sul capitale netto depurato dalle ritenute previdenziali e fiscali, così come ha effettuato la ASL, e non sul capitale lordo. Il "quantum" per rivalutazione monetaria ed interessi legali su somme dovute a titolo di arretrati retributivi va infatti determinato basandosi sugli importi che vengono effettivamente erogati al dipendente, ossia al netto delle somme non corrisposte per ritenute fiscali e retributive, trattandosi di parti del credito principale delle quali i dipendenti non avrebbero mai potuto, in proprio, disporre.

Del resto, il ritardo nel pagamento danneggia l’avente diritto per effetto della tardiva acquisizione della disponibilità della somma di denaro che lo stesso avrebbe dovuto conseguire in un momento anteriore; a tale fine non può assumere rilievo la somma lorda, nella parte comprensiva di importi che il soggetto comunque non avrebbe mai percepito, e dal cui impiego non avrebbe di conseguenza potuto trarre alcuna utilità o soddisfazione. Le ritenute, sia fiscali che contributive, vengono effettuate prima che il credito sia percepito dal titolare e, quindi, non possono giocare alcun ruolo in sede di "quantificazione del danno" cagionato dalla mancata corresponsione dell’emolumento.

In definitiva. richiamando Consiglio Stato sez. IV, 03 febbraio 2006 n. 462, "il calcolo della rivalutazione monetaria e degli interessi legali dovuti al dipendente per il ritardato pagamento di emolumenti deve essere eseguito assumendo come base del computo le somme dovute "al netto" delle ritenute contributive e fiscali, e non il capitale "lordo"".

In conclusione il ricorso va dichiarato in parte improcedibile (stante l’intervenuto pagamento di quanto stabilito nella sentenza Tar 9/2010) ed in parte respinto (per la richiesta di interessi e rivalutazione sulla base lorda e non netta).

Stante la reciproca soccombenza le spese possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima):

in parte dichiara improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse (intervenuto pagamento del capitale),

– ed in parte respinge il ricorso (per la modalità del computo interessi e rivalutazione).

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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