Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-02-2011) 15-07-2011, n. 28057

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 16 marzo 2010, la Corte di appello dio Torino, ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino che ha condannato N.S., in riferimento al reato di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis, e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e 1 bis, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, alla pena di mesi 8 e giorni 20 di reclusione e Euro 2.060 di multa.

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione; inosservanza di legge e mancanza della motivazione con riguardo alla richiesta di sospensione condizionale della pena.

1. La sentenza impugnata sarebbe viziata da inosservanza della legge penale, in quanto la difesa aveva dedotto l’illegittimità dell’atto di espulsione, mentre la Corte di appello aveva ritenuto che in tema di ingiustificata inosservanza dell’ordine del Questore gli eventuali vizi del decreto prefettizio di espulsione non possono essere dedotti in sede penale attesa la natura civilistica dell’impugnazione, senza tenere conto del potere/dovere del giudice penale di verificare che il fatto concreto sia conforme a tutti gli elementi costitutivi del fatto tipico. I giudici avrebbero dovuto delibare la legittimità anche del decreto di espulsione, quale antecedente logico dell’ordine di allontanamento.

2. Inoltre è stata dedotta la mancanza di motivazione in ordine ad un motivo d’impugnazione, in quanto la difesa aveva chiesto la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, mentre la sentenza della Corte d’Appello risulterebbe priva di motivazione sul punto.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso non è fondato. E’ ormai principio consolidato in giurisprudenza quello recepito nella parte motiva dai giudici di appello circa la impossibilità per il giudice penale di esaminare la legittimità del decreto prefettizio di espulsione (Cfr.

Sez. 1, n. 1468 dell’11/1/2008, P.G., in proc. Ndiaye, Rv. 239075).

2. Del pari infondata risulta la lagnanza circa la mancanza di motivazione in ordine alla richiesta concessione della sospensione condizionale della pena, in quanto, poichè il ricorrente è recidivo, un’espressa motivazione reiettiva del beneficio non era necessaria, dovendosi ritenere implicita la prognosi negativa sull’autore del reato.

3. Infine, la Corte rileva che la sentenza impugnata contiene, nel capo di imputazione relativo al delitto di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, la contestazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis, (l’aggravante per la c.d. condizione di clandestinità dell’imputato), disposizione che è stata dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale n. 249 del 2010. Peraltro, poichè il giudice di primo grado, con valutatone poi confermata da quello di appello, ha riconosciuto l’attenuante di cui al D.P.R. n. 390 del 1990, comma 5, e l’ha considerata prevalente, all’esito del bilanciamento con tale circostanza aggravante e con la recidiva, tale circostanza è, in concreto, rimasta priva di effetti in relazione al computo del trattamento sanzionatorio, (con la pena finale, frutto anche della riduzione di pena per effetto del rito abbreviato), per cui non ha ragion d’essere alcuna pronuncia sul punto. Infatti è stato affermato che "la sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della circostanza aggravante comune della cosiddetta clandestinità non determina la nullità della sentenza ove il giudice, in sede di giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee, abbia ritenuto prevalente una circostanza attenuante sull’aggravante poi dichiarata incostituzionale" (Cfr. Sez. 3, Sentenza n. 40923 del 19/11/2010, Chamki e altro, Rv. 248705). Il presente ricorso, in conclusione, va rigettato ed alla dichiarazione di rigetto del gravame consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere del pagamento delle spese del procedimento

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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