T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, Sent., 20-07-2011, n. 1272 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La parte ricorrente ha impugnato la deliberazione n.29 del 19.7.2008 del Consiglio Comunale di Lastra a Signa con cui è stato approvato il Regolamento Urbanistico, pubblicata sul BURT. n.37 del 10.9.2008 e gli artt. 31, 33 e 34 del Piano Strutturale del Comune di Lastra a Signa ed i relativi atti connessi indicati in epigrafe.

In particolare ha lamentato la violazione di legge sotto molteplici profili, l’illogicità e la contraddittorietà, il difetto di istruttoria e di motivazione. Mancherebbe infatti l’approvazione dell’intervento unitario, ed il potere dell’amministrazione sarebbe esercitato al di fuori dell’art. 7 l. 1150/1942. Inoltre non sarebbe stata effettuata adeguata istruttoria riguardo alle caratteristiche del tratto di strada e la motivazione sarebbe apodittica, in ragione della illogicità delle statuizioni pianificatorie. Infine, per l’approvazione del Regolamento Urbanistico sarebbe stato seguito un procedimento di livello solo comunale.

È stato richiesto anche il risarcimento del danno.

Si è costituita l’amministrazione intimata comunale, resistendo alle doglianze avverse.

Sono state prodotte memorie e documenti.

Nel corso della udienza odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso merita accoglimento nei limiti che seguono.

Le censure proposte contro il Piano strutturale mirano, invero, a contestare la previsione di un numero massimo di alloggi (490) da realizzare all’interno dell’UTOE 1 concernente le "aree critiche" del territorio comunale.. Tuttavia, contrariamente a quanto deducono tanto la parte ricorrente che l’amministrazione resistente, la previsione contenuta nel P.S. non è direttamente lesiva della sfera di interessi della deducente, limitandosi a prevedere, per il comparto edilizio di cui si tratta, un numero massimo di alloggi non in grado di precludere, in se considerato, la possibilità di assegnazione, per le aree immobiliari della ricorrente, di un numero di unità abitative superiore rispetto a quello previsto, in concreto, solo dal R.U. (scheda 28); solo in sede di regolamento urbanistico, infatti, sono state stabilite nel dettaglio le previsioni, specificando in tal modo, per la prima volta, gli elementi lesivi per la proprietà della ricorrente (possibilità di realizzare non più di due alloggi, oltre al sacrificio di un’area da destinare a parcheggio pubblico).

Ne consegue che nel merito assumono rilievo le censure mosse nei confronti del regolamento urbanistico.

Sul punto la doglianza relativa alla mancanza di adeguata motivazione appare meritevole di accoglimento.

In particolare, le doglianze formulate dalla ricorrente si appuntano precipuamente sulle scelte operate con il Regolamento urbanistico, lì dove il Comune avrebbe omesso di fornire una specifica motivazione a fronte di legittime aspettative vantate dall’interessata in ordine alla ridotta (anche rispetto alla previgente disciplina urbanistica) edificabilità dell’area di sua proprietà.

Ebbene, per consolidato orientamento giurisprudenziale, anche di questo Tribunale, le scelte effettuate dalla P.A. in sede di formazione ed approvazione dello strumento urbanistico generale sono accompagnate da un’amplissima valutazione discrezionale che, nel merito, appare insindacabile e, per ciò stesso, attaccabile solo per errori di fatto, per abnormità e irrazionalità delle stesse (tra le tante, cfr. Cons. Stato, Sezione VI, 16 febbraio 2011, n. 1015; Sez. IV, 6 febbraio 2002, n. 664; 27 luglio 2010 n. 4920).

In ragione di tale discrezionalità, l’Amministrazione non è tenuta a fornire apposita motivazione in ordine alle scelte operate nella predetta sede di pianificazione del territorio comunale, se non richiamando le ragioni di carattere generale che giustificano l’impostazione del piano (cfr. Cons. St., Sez. IV, 10 agosto 2004, n. 4550).

Sempre al riguardo, giova rammentare che le scelte adottate per ciò che attiene alla destinazione delle singole aree non necessitano di una specifica motivazione se non nel caso che la scelta vada ad incidere negativamente su posizioni giuridicamente differenziate ravvisabili unicamente, però, nell’esistenza di piani e/o progetti di lottizzazione convenzionati già approvati o situazioni di diverso regime urbanistico accertate da sentenze passate in giudicato (in tal senso, ex plurimis, Cons. St., Sez. IV 10 febbraio 2009, n. 2418); ipotesi, queste, non rinvenibili nel caso di specie.

Con riferimento ai suindicati criteri ermeneutici da tempo affermati dal giudice amministrativo, la ricorrente non può invocare una sorte di diritto alla immutabilità della classificazione urbanistica dell’area di sua proprietà sulla base dei pregressi assetti urbanistici, di per sé inidonei alla configurazione di una posizione qualificata rispetto ai nuovi intendimenti dell’Amministrazione.

Ne deriva, allora, in linea generale, che la preesistente destinazione urbanistica non impedisce l’introduzione di previsioni di segno diverso in virtù dell’esercizio di uno jus variandi pacificamente riconosciuto all’Amministrazione ed inoltre, che la posizione della parte interessata assume un contenuto di semplice aspettativa, senza che, perciò, possa configurarsi a carico dell’Ente locale un onere di specifica motivazione in ordine alla disposta variazione urbanistica dell’area, ben potendo soccorrere al riguardo l’esposizione delle ragioni di carattere generale sottese alle scelte di gestione del territorio comunale (cfr Ad. Pl. n. 24 del 22 dicembre 1999).

Sennonché, nel caso in esame non si tratta di introduzione di modifica di destinazione urbanistica delle aree di proprietà della ricorrente, ma della delimitazione della relativa capacità edificatoria (comprensiva della ristrutturazione conservativa dell’immobile storico – la villa – e della possibilità di demolizione e ricostruzione di altri manufatti) e della realizzazione, su parte delle aree di proprietà della stessa ricorrente, di un parcheggio da destinare ad uso pubblico, oggetto di cessione della relativa area a beneficio del Comune.

Si tratta, quindi, dell’introduzione non di un vincolo conformativo, né di vincoli espropriativi, ma dell’assegnazione, alle aree in parola, da un lato, di un puntuale limite di edificabilità, ragguagliato non alle complessive superfici e volumetrie, bensì solo al numero di unità abitative ricavabili mediante l’intervento recuperatorio; dall’altro, dell’imposizione, a carico dell’interessata, della realizzazione di un puntuale intervento di trasformazione di aree di sua proprietà da destinare a parcheggio pubblico con relativa cessione delle aree stesse.

Ma previsioni così puntuali in vista della utilizzabilità del compendio immobiliare di cui si tratta, che non si collocano nel solco della ordinaria zonizzazione delle aree, finiscono per introdurre direttamente precisi limiti di utilizzazione funzionale di immobili preesistenti.

Per fare ciò, peraltro, l’Amministrazione avrebbe dovuto, in sede di approvazione del regolamento urbanistico, non solo precisare le ragioni per le quali, su quasi 500 unità abitative realizzabili, in base al Piano strutturale, nell’UTOE 1 di cui si discute, solo due sono stati riservati all’interessata, pur in presenza di preesistenti volumetrie (risalenti ad oltre un secolo addietro) prossime a mc. 3000 e superfici eccedenti i mq. 800; e tutto ciò senza riferimento alcuno all’eventuale rispetto di standard urbanistici introdotti con riguardo all’unità di intervento edificatorio di cui si discute – scheda 28 del R.U. – tali da comportare puntuali limiti all’insediamento abitativo di zona.

E considerazioni analoghe valgono anche per ciò che attiene all’area da destinare a pubblico parcheggio, in quanto anche in tal caso avrebbero dovuto essere forniti puntuali chiarimenti atti a precisare la carenza, al riguardo, di idonei e predefiniti standard urbanistici, giustificativa della contestata previsione (e ciò non senza considerare che la realizzazione dei parcheggi, se, in ipotesi, rivista in funzione della realizzazione degli alloggi previsti dalla citata scheda 28, avrebbe potuto anche essere prevista come volta alla realizzazione di idonei spazi dedicati a parcheggio privato).

Quanto, infine, alla doglianza relativa alla lamentata unitarietà che caratterizzerebbe l’intervento in questione, la stessa potrà essere considerata all’esito del riesame della fattispecie da parte del Comune, non senza considerare, peraltro, al riguardo, che la disciplina regolamentare impugnata, per i suoi contenuti, non preclude, comunque, la realizzazione degli interventi in tempi differenti.

Il Regolamento urbanistico impugnato è quindi illegittimo, nella parte (paragrafo 2.2.2.) in cui non reca una adeguata motivazione delle scelte operate e il ricorso va, quindi, entro tali limiti, accolto, con il conseguente annullamento delle previsioni urbanistiche afferenti alla scheda 28.

La domanda risarcitoria non può, invece, allo stato essere accolta attesa l’esigenza del globale riesame della fattispecie da parte del Comune, solo all’esito del quale potrebbe essere valutata la sussistenza di ragioni di danno.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.

Respinge la domanda risarcitoria.

Condanna l’amministrazione al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente che si liquidano in euro 3.000,oo, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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