T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, Sent., 20-07-2011, n. 1267 Piano per gli insediamenti produttivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Comune di Capannori adottava, con delibera consiliare n. 10 del 19.2.1982, ai sensi dell’art. 27, legge 22.10.1971, n. 865, un piano di insediamenti produttivi (P.I.P.) nella frazione di Carraia.

Il Piano veniva approvato dalla Regione Toscana, con decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 46 del 31.1.1983.

Con convenzione Rep. 13.400 del 31.12.1987 ("Convenzione per la cessione della proprietà e per la concessione in diritto di superficie di aree per la realizzazione del P.I.P. di Carraia al CO.ED.AR." – Consorzio Edile Artigiano – Soc. Coop. a r.l.) il Comune di Capannori affidava al CO.ED.AR l’esecuzione del suddetto P.I.P. attraverso la cessione in diritto di proprietà di alcune aree, ed in diritto di superficie delle rimanenti, inserite nel piano.

La convenzione aveva espressamente effetto obbligatorio tra le parti, in quanto la cessione della proprietà e la concessione in superficie si sarebbero concretizzate con l’acquisizione da parte del Comune, attraverso lo strumento dell’espropriazione per pubblica utilità, delle aree suddette dai privati proprietari (art. 2 convenzione).

Il prezzo per la cessione del diritto di proprietà e del diritto di superficie veniva indicato, all’art. 3, in lire 11.500 al metro quadrato, specificando che "tale importo rappresenta il costo presunto dell’acquisizione di tali aree ed è provvisoriamente determinato ai fini della presente convenzione ed il CO.ED.AR. è impegnato a pagarlo a conguaglio nella eventualità di maggiori spese da parte del Comune per l’acquisizione delle aree stesse".

Era poi previsto (art. 5) che il CO.ED.AR., una volta realizzati gli immobili, li avrebbe ceduti, a seconda dei casi in diritto di proprietà ovvero in diritto di superficie, unitamente alle relative aree, alle imprese secondo una graduatoria formulata dal Comune.

Le imprese avrebbero comunicato la cessione al Comune.

All’art. 6, comma 1, lett. a), era invece previsto che il corrispettivo per la cessione degli edifici da parte del CO.ED.AR. alle singole imprese era determinato, tra l’altro, "dall’ammontare del costo di acquisizione delle aree stabilito in L. 11.500 al mq. salvo eventuale conguaglio così come cedute al CO.ED.AR.".

All’esito della procedura concorsuale prevista dall’art. 5 della convenzione, la Società Ingrosso Mercerie Lucchese s.r.l. risultava aggiudicataria del lotto n. 40 del P.I.P., della superficie di mq. 2.500 ca..

Con atto Notaio Barsanti Rep. 36.666 del 29.1.1991, il CO.ED.AR. cedeva quindi alla società Ingrosso Mercerie Lucchese s.r.l. il capannone artigianale ricadente nel suddetto lotto e la relativa area di pertinenza.

Le parti precisavano (pag. 5) che l’immobile compravenduto era gravato dagli oneri derivanti, tra l’altro, dalla convenzione di cessione delle aree in diritto di proprietà o di superficie dal Comune di Capannori al CO.ED.AR. e che la parte acquirente dichiarava di ben conoscere la suddetta convenzione.

Soprattutto, per quanto ai nostri fini rileva, la parte acquirente dichiarava, (pagg. 56) per sè ed aventi causa, di subentrare nella posizione giuridica del venditore CO.ED.AR. in relazione a tutti i diritti, oneri ed obblighi, nascenti dalla sopra citata convenzione, ed in particolare nell’obbligo di versare al Comune di Capannori l’eventuale conguaglio sul prezzo di cessione delle aree, qualora l’acquisizione delle medesime avesse comportato oneri superiori alle lire 11.500 / mq. preventivate.

L’obbligo suddetto veniva esplicitato a chiare lettere nella successiva pag. 11 dell’atto di compravendita Notaio Barsanti, in cui la società Ingrosso Mercerie Lucchese s.r.l. si impegnava espressamente a "corrispondere al Comune di Capannori ogni maggiore onere e spese occorsi per l’acquisizione delle aree entro trenta giorni dalla richiesta".

Sempre con riferimento ai maggiori oneri per l’acquisizione delle aree che fossero in ipotesi occorsi, le parti precisavano (pag. 11) che detti maggiori oneri, ancorchè riferiti a parti limitate del P.I.P., sarebbero stati ripartiti con riferimento all’intera superficie assegnata e quindi suddivisi per i metri quadrati del piano.

E’ accaduto che l’acquisizione delle aree da parte del Comune è stata caratterizzare da un acceso contenzioso con i proprietari espropriandi, culminato con tre sentenze della Corte d’Appello di Firenze, mentre in altri casi si è potuto addivenire alla cessione bonaria. In altri casi ancora, vi sono state transazioni.

Il tutto definitosi negli anni 19992001.

Il costo finale che il Comune di Capannori ha dovuto sopportare per l’acquisizione delle aree cedute al CO.ED.AR. e di conseguenza alle singole imprese, è stato pari a lire 7.901.199.478 (cfr. prospetto finale dei costi, dai quali detrarre l’acconto rivalutato già versato dal CO.ED.AR. in sede di convenzione – lire 2.935.949.931) Residua un maggiore onere, cui in forza degli atti citati debbono far fronte le imprese assegnatarie dei vari capannoni, di lire 4.965.249.547, per un totale di lire 28.311 / mq..

Il debito gravante sul lotto (di mq. 2.500) n. 40 assegnato alla società Ingrosso Mercerie Lucchese s.r.l. risultava pertanto pari a lire 70.750.000 (Euro 36.539,33), secondo quanto asserito dal ricorrente.

In data 21.7.2000, la società Carraia Servizi s.r.l. (che raggruppava tutte le aziende del P.I.P. di Carraia (e tra queste la Ingrosso Mercerie Lucchese s.r.l.) sottoscriveva un accordo con il Comune di Capannori con cui veniva indicato l’importo da restituire in lire 28.000 / mq., e quindi il debito gravante sulla società Ingrosso Mercerie Lucchese si riduceva a lire 70.000.000 (lire 28.000 per mq. 2.500), e quindi a Euro 36.151,98.

Frattanto, con deliberazione dell’assemblea straordinaria del 18.3.1999, ricevuto dal Notaio Palladino di Lucca (rep. 21179 – racc. 1329), la società Ingrosso Mercerie Lucchese s.r.l., tra l’altro, aveva modificato la propria ragione sociale in "Ba.Be s.r.l.".

Tutte le imprese facenti parte del P.I.P. di Carraia procedevano al pagamento al Comune di Capannori della somma derivante dai maggiori oneri sostenuti per l’acquisizione delle aree, tranne la società Ba.Be s.r.l..

Il Comune aveva anche proceduto alla rateizzazione dell’importo.

Rispondeva con lettera 12.10.2000 la Società Ba.Be s.r.l.: a) disconoscendo l’accordo sottoscritto tra la Carraia Servizi s.r.l. e il Comune di Capannori; b) ritenendo a tutto concedere di dover pagare la somma di lire 41.250.000; c) affermando di non essere tenuta all’obbligo restitutorio perchè la società Ingrosso Mercerie Lucchese s.r.l., già dichiarata fallita, è stata ammessa al concordato fallimentare con sentenza omologata in data 8.4.1998 e che quindi il Comune avrebbe avuto l’onere di presentare domanda di insinuazione al passivo dello stato fallimentare, e che, non avendolo fatto, avrebbero potuto rivendicare soltanto il 20% del proprio credito, analogamente a tutti gli altri creditori.

Replicava il Comune di Capannori con lettera 29.4.2002, prot. 22940 rilevando la infondatezza degli argomenti della società Ba.Be s.r.l.. In particolare:

a) la società Ingrosso Mercerie Lucchese s.r.l. (ora Ba.Be s.r.l.) era ed è socia della società Carraia Servizi s.r.l., che ha sottoscritto, in nome e per conto delle imprese che raggruppa l’accordo del 21.7.2000;

b) se la Ba.Be s.r.l. ritenesse di non riconoscere l’operato della Carraia Servizi s.r.l., il proprio obbligo restitutorio deriverebbe in ogni caso dalla convenzione CO.ED.AR. / Comune di Capannori e dal contratto di compravendita CO.ED.AR. / Ingrosso Mercerie Lucchese s.r.l., e tale obbligo sarebbe pari non alle lire 28.000 / mq. concordato nella scrittura del 21.7.2000, bensì alla maggiore somma di lire 28.311 / mq., pari a maggiori oneri sostenuti dal Comune, suddivisi per i mq. totali delle aree cedute agli operatori;

c) l’importo totale a carico della Ba.Be, il cui lotto è di mq. 2.500, è pari pertanto a lire 70.000.000 in caso di applicazione della scrittura del 21.7.2000, ovvero di lire 70.750.000 in caso di non applicazione della suddetta scrittura;

d) pretestuoso è il riferimento alla procedura fallimentare che ha interessato la società Ingrosso Mercerie Lucchese s.r.l. in quanto il diritto del Comune di Capannori alla restituzione dei maggiori oneri sostenuti si è perfezionato con l’effettuazione degli esborsi sostenuti per l’acquisizione delle aree, eventi come precisato accaduti tra il 1999 e il 2001 e che quindi non avrebbe certamente potuto il Comune insinuarsi al passivo del fallimento, essendo a quel momento (1996) il credito chiaramente insussistente.

Replicava il legale della società Ba.Be s.r.l. con lettera del 23.5.2000, affermando la non debenza di somma alcuna a carico della società assistita.

Il Comune di Capannori, pertanto, ha proposto, con il presente ricorso, la domanda di pagamento, avverso la Ba.Be s.r.l., per le somme specificate in epigrafe.

Il TAR Toscana, con sentenza n. 733/2004 ha dichiarato il difetto di giurisdizione.

Il Consiglio di Stato ha annullato la predetta sentenza, disponendo il rinvio innanzi al TAR.

Alla odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

Quanto alla questione preliminare, relativa alla esistenza di procedura fallimentare e, quindi, la necessità di iscriversi al passivo, ritiene il collegio che la stessa non possa essere condivisa. Invero all’epoca non vi era certezza alcuna sull’esito della controversia tra Comune ed espropriandi relativa alla sussistenza stessa di un debito del Comune verso gli espropriandi medesimi e, se del caso, all’esatto importo dell’indennità di esproprio, ciò che inibiva in radice la possibilità di iscrizione allo stato passivo; e, comunque, la tematica interessa la successiva fase della liquidazione, non quella dell’accertamento del diritto, che compete a questo giudice.

Nel merito, si osserva che questioni analoghe questo TAR si è già pronunciato con diverse decisioni (ex multis, TAR Toscana n. 2951/06).

Ritiene il collegio che non vi siano ragioni per discostarsi dall’orientamento così formatosi.

In particolare, il piano per insediamenti produttivi di cui all’articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, oltre che essere uno strumento di pianificazione urbanistica, costituisce uno strumento di politica economica, con funzioni di incentivazione delle imprese che si realizza offrendo ad esse, ad un prezzo politico e previa espropriazione ed urbanizzazione, le aree occorrenti per il loro impianto e la loro espansione.

Ne deriva che il prezzo corrisposto tiene conto solo in maniera parziale dei costi effettivamente sostenuti, in relazione alla finalità dell’istituto, di talché nessuna relazione vi può essere fra il prezzo pagato dall’ente espropriante e quello finale di cessione dei terreni espropriati.

I piani per le aree da destinare ad insediamenti produttivi sono previsti e disciplinati dalla l. 22 ottobre 1971, n. 865 il cui art. 27 stabilisce che "I comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della Regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi".

Le aree comprese nel piano approvato sono espropriate dai comuni o da loro consorzi ed utilizzate per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico mediante la cessione in proprietà o la concessione del diritto di superficie sulle aree medesime.

Dispone, poi, l’ultimo comma della citata disposizione che "Contestualmente all’atto di concessione, o all’atto di cessione della proprietà dell’area, tra il comune da una parte e il concessionario o l’acquirente dall’altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell’acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza".

Analoghe disposizioni sono contenute nell’art. 35 per quanto riguarda i piani per l’edilizia economica e popolare nel quale, peraltro, sono dettagliatamente stabiliti i contenuti della convenzione da stipularsi con i soggetti assegnatari delle aree, nonché il principio per cui "il prezzo di cessione delle aree è determinato in misura pari al costo di acquisizione delle aree stesse…".

In proposito non si è mancato di rilevare l’analoga funzione di promozione sociale svolta da entrambe le tipologie di piani che, attraverso lo strumento dell’espropriazione, si propongono l’intento di offrire ai soggetti assegnatari, ad un prezzo inferiore a quello di mercato, le aree necessarie per la realizzazione di attività imprenditoriali o di case di abitazione producendo, di fatto, un trasferimento di ricchezza dal proprietario espropriato all’assegnatario di aree a basso prezzo (Consiglio Stato, sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2939).

Ne consegue che la disciplina pubblicistica di cui all’art. 27 l. n. 865 cit. non si esaurisce alla fase di delimitazione, individuazione ed espropriazione delle aree ma caratterizza anche il trasferimento ai privati, da parte del Comune, delle aree suddette, riflettendosi necessariamente sugli oneri e le sanzioni previste a carico dei privati nella convenzione relativa alla cessione di cui si palesa evidente la preordinazione alla tutela dell’interesse pubblico (Cassazione civile, sez. I, 27 settembre 1997, n. 9508).

Sulla scorta di tale premessa deve ritenersi che, nonostante l’espressa quantificazione del costo delle aree e delle spese di urbanizzazione, come contenuta nella convenzionecontratto stipulata tra le parti, il Comune abbia diritto a ripetere dai singoli acquirenti l’importo pro quota di quanto effettivamente speso per l’acquisizione delle aree e per le spese di urbanizzazione. Ciò peraltro, come ha avuto modo di affermare questo TAR, anche nell’ipotesi in cui nessuna riserva in tal senso fosse contenuta nel contratto stesso, dovendosi ritenere operante il meccanismo di inserzione automatica di clausole per l’integrazione del contenuto del contratto prevista dall’art. 1339 del codice civile, in relazione alla natura inderogabile della disposizione legislativa sopra richiamata in tema di copertura delle spese sostenute dall’Ente pubblico per gli scopi questione (Consiglio di Stato, Sez. V, 01 dicembre 2003, n. 7820; id., sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 577).

Con altra censura la parte ricorrente si duole anche della concreta determinazione del costo imputato a titolo di conguaglio e ciò in quanto nella transazione originariamente stipulata con il Comune di Capannori non viene indicato quanto della somma corrisposta sia da imputare alla sorte capitale e quanto invece ad interessi legali e rivalutazione monetaria.

La doglianza non appare persuasiva.

Infatti, dai conteggi eseguiti e documentati dall’Amministrazione resistente risulta che la comparazione tra il prezzo originariamente corrisposto dalla parte ricorrente e quello richiesto a conguaglio è avvenuta previa rivalutazione del prezzo iniziale, di tal che i due valori posti a raffronto appaiono del tutto omogenei, senza che ai soggetti assegnatari siano stati impropriamente addossati oneri ad essi non spettanti, fatta salva la decorrenza di interessi legali dal momento della richiesta della somma.

Il ricorso va quindi accolto, con il conseguente accoglimento della domanda e la condanna, quindi, della società intimata alla corresponsione, a favore del Comune, della somma di Euro 36.151,98 (corrispondenti a lire 70.000.000 – lire 28.000 per mq. 2.500 – come da scrittura del 21.7.2000 tra Comune e la società Carraia Servizi).

In ragione della complessità della questione, anche sotto il profilo della giurisdizione, si ritiene di dover compensare integralmente le spese di lite.

P.Q.M.

pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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