Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 15-07-2011, n. 28050 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che con sentenza del 23 settembre 2009, e depositata il 17 dicembre 2009, la Corte d’Appello di Napoli, ha applicato all’Imputata M.A., incolpata di una pluralità di reati edilizi unificati dal vincolo della continuazione, in concorso con altro imputato, la pena di anni uno di reclusione nonchè la multa di Euro 12.000,00, con i doppi benefici e l’ordine di demolizione delle opere abusive; che l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, facendo valere due motivi di doglianza;

che, con il primo, lamenta la violazione dell’art. 606, lett. b) ed e), per mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione; e con il secondo la violazione dell’art. 606, lett. b) ed e), in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, e art. 349 c.p.;

che, con il primo mezzo, la ricorrente censura la sentenza in esame in quanto le affermazioni poste a base della condanna non sarebbero sorrette da riscontri probatori;

che, con il secondo, la M. si lamenta del fatto che il giudice di merito non abbia rilevato che le opere sarebbero state di tipo temporanee e non necessitanti di alcuna autorizzazione o comunicazione.

Considerato che il ricorso è manifestamente infondato, e deve – pertanto- essere dichiarato inammissibile;

che, nella specie, la ricorrente, in relazione al primo motivo di doglianza, non considera che il giudice di appello ha ritenuto provato i reati edilizi, ivi incluso quello relativo all’obbligo dell’osservanza delle prescrizione sul cemento armato, sulla base delle dichiarazioni rese da tutti i testimoni;

che, se è vero che due di essi hanno escluso che il capannone fosse stato realizzato in cemento armato, i giudici di appello hanno precisato che quel manufatto è stato "realizzato in profilati di ferro, ancorati al suolo con piastre di tirafondi metallici e soprastati da profilati in ferro e lamiera coibentata", con affermazione non impugnata in questa sede, ed hanno affermato che tali opere "sono anch’esse soggette all’obbligo di predisposizione di un progetto esecutivo redatto da un tecnico autorizzato, dell’esecuzione sotto il controllo di un tecnico abilitato e di preventiva denuncia allo sportello unico del Comune" (p. 3 sent.);

che, infatti, non dissimilmente questa stessa Sezione della Corte (Sez. 3, Sentenza n. 35878 del 25/06/2008, P.M. in proc. Guerrisi), in un caso di costruzione certamente meno complessa, ha chiarito che "è soggetta al rilascio del permesso di costruire e, in difetto, integra la violazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), la realizzazione di una struttura tubolare in ferro, in quanto si tratta di un intervento edilizio non assentibile in base a semplice D.I.A. perchè modificativo della sagoma dell’edificio preesistente. (Fattispecie in materia di sequestro preventivo nella quale la Corte ha, peraltro, precisato che a nulla rileva la circostanza della mancanza d’aumento volumetrico)";

che, inoltre, altro teste (Sena) ha affermato che il muro di cinta era stato eseguito in c.a. e tale circostanza è stata riscontrata dallo stesso teste Formato (".. a parte il sostegno di alcune strutture che erano del muro di cinta"); che, pertanto, la ricorrente tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi (ispirati a minor rigore) da quelli adottati dal giudice di merito, che con motivazione ampia ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, in ordine alla consistenza delle opere abusive e degli altri fatti fonte di responsabilità penale; che, in tal senso, la Corte d’appello ha motivato (p. 4 della sent.) anche in ordine alfa responsabilità per la violazione dei sigilli, richiamando il contenuto della deposizione del teste A.D., neppure citato nel ricorso per cassazione;

che anche il secondo motivo di impugnazione è manifestamente infondato, atteso che la presunta precarietà del manufatto capannone, in disparte la realizzazione del muro di cinta in c.a., era chiaramente esclusa proprio dalla descrizione delle opere in metallo stabilmente ancorate al suolo ("realizzate in profilati di ferro, ancorati al suolo con piastre di tirafondi metallici e soprastati da profilati in ferro e lamiera coibentata");

che va infatti affermato il principio di diritto secondo cui, in materia edilizia, ai fini del riscontro del connotato della precarietà e della relativa esclusione della modifica dell’assetto del territorio, il difetto di quelle esigenze temporanee alle quali l’opera precaria eventualmente assolva può essere rilevato anche dalle caratteristiche costruttive e dal saldo ancoraggio dei materiali impiegati; che, di conseguenza, essendo manifestamente infondato, il ricorso va dichiarato inammissibile e l’Imputata condannata, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma di mille Euro in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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