Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21-07-2011, n. 4444 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1). Con ricorso proposto avanti al Tribunale regionale amministrativo per la Campania la società G. C. a r.l. – affidataria da parte del Comune di Brusciano di lavori di adeguamento alle norme di sicurezza dell’istituto scolastico I.C. De Filippo di Via G. Falcone – si gravava, deducendo vizi di violazione dell’art. 97 della Costituzione, della normativa in tema di informazioni antimafia e della legge sul procedimento amministrativo, nonché di violazione del giudicato e di eccesso di potere sotto svariati profili – avverso:

– l’informativa della Prefettura di Caserta. n. 483/P.L./12B.16/ANT/AREA 1^ del 14 ottobre 2009, recante la dichiarazione di sussistenza, a carico della società ricorrente, di tentativi di infiltrazione mafiosa;

– la successiva nota del Comune di Brusciano. n. 27182 del 19 novembre 2009, di comunicazione dell’ avvio del procedimento per la risoluzione del contratto relativo ai lavori di adeguamento alle norme di sicurezza dell’ I.C. De Filippo di Via G. Falcone;

– la determinazione del responsabile dell’Area tecnica del Comune di Brusciano n. 841 del 30 novembre 2009, di risoluzione del predetto contratto;

– la nota della direzione dei lavori del 2 dicembre 2009, con la quale, facendo seguito alla determinazione n. 841/2009, era stata ordinata la sospensione totale dei lavori e la contestuale messa in sicurezza del cantiere.

Con successivi motivi aggiunti l’ impugnazione era estesa:

– all’informativa della Prefettura di Caserta n. 1444/12b.16/ANT/AREA 1^ del 15 luglio 2009, recante la sussistenza, a carico della società ricorrente, di tentativi di infiltrazione mafiosa;

– alla pregressa informativa della Prefettura di Caserta n. 1444/12b.16/ANT/AREA 1^ del 24 ottobre 2007, avente il medesimo oggetto;

– agli atti dell’istruttoria preordinata all’emissione dell’ informativa del luglio 2009;

– alla relazione della Prefettura di Caserta n. 483/P.L./12B.16/ANT/AREA 1^ del 12 gennaio 2010.

Con sentenza n. 17236 del 12 agosto 2010 il Tribunale adito respingeva il ricorso.

Il primo giudice, in via preliminare, dichiarava l’inammissibilità del ricorso avverso l’ interdittiva n. 1444/12b.16/ANT/AREA 1^ del 24 ottobre 2007 – perché annullata con sentenza dello stesso Tribunale n. 519 del 29 gennaio 2009 – e contro la relazione della Prefettura di Caserta. n. 483/P.L./12B.16/ANT/AREA 1^ del 12 gennaio 2010, trattandosi di atto di stretta valenza processuale, con il quale l’autorità prefettizia si era data carico di fornire chiarimenti in ordine alle determinazioni adottate ed alle questioni tecniche affrontate nel caso specifico.

Nel merito il giudice territoriale respingeva il ricorso.

In particolare:

– riconosceva l’effetto vincolante dell’informativa prefettizia nei confronti del Comune che aveva disposto l’affidamento dei lavori, restando in conseguenza escluso ogni obbligo di motivazione in merito alle ragioni della statuizione di risoluzione del rapporto contrattuale;

– dava atto dell’adeguatezza della motivazione posta a sostegno della misura interdittiva;

– escludeva – alla luce di nuove sopravvenienze ed emergenze investigative inerenti all’affitto da parte della G. C. s.r.l., dopo un mese dalla sua costituzione, di azienda appartenente al figlio dei soci, colpita da interdittiva antimafia, corroborate da rapporti di affinità del medesimo con clan malavitoso – ogni effetto vincolante del giudicato derivante dalla sentenza del Tribunale regionale n. 519 del 2009, di annullamento di precedente informativa di segno negativo, emessa nei confronti della stessa società appellante con atto del Prefetto di Caserta del 24 ottobre 2007;

– rilevava che la determinazione del Prefetto era sostenuta da un quadro indiziario sufficientemente preciso e concordante, risultando indenne – avuto riguardo all’ampia sfera di discrezionalità che caratterizza la funzione di prevenzione dei fenomeni di infiltrazione e condizionamento mafioso – dai denunciati vizi di eccesso di potere nei profili dell’erroneità, dell’inesistenza dei presupposti e di contraddittorietà.

Ha proposto appello la G. C. s.r.l., che ha diffusamente contrastato le conclusioni del primo giudice e chiesto la riforma della sentenza impugnata.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’ Interno ed il Comune di Brusciano che hanno contraddetto in memoria i motivi di impugnativa e concluso per la conferma della sentenza impugnata.

Con memoria depositata il 30 marzo 2010 la G. C. s.r.l. ha insistito nelle proprie tesi difensive.

All’udienza del 24 giugno 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2). Con il primo motivo di impugnativa la soc. G. C. s.r.l., in contrario alle conclusioni del primo giudice, sostiene che l’interdittiva prefettizia è intervenuta in sostanziale violazione del giudicato derivante dalla sentenza del Tribunale regionale amministrativo n. 519 del 2009, con la quale è stata annullata informativa di analogo contenuto emessa in data 24 ottobre 2007nei confronti della società predetta, ed in assenza di nuova emergenze investigative che potessero giustificare la rinnovazione dell’atto di prevenzione.

Il motivo non va condiviso.

Quanto al dedotto profilo di violazione del giudicato va osservato che nella fase istruttoria che ha preceduto l’adozione del provvedimento del Prefetto della Provincia di Caserta dal 17 luglio 2009, con il quale è stata dichiarata la sussistenza nel confronti della soc. G. delle cause interdittive di cui all’art. 4 del d.lgs. 8 agosto 1990, n. 490, è stata per la prima volta presa in esame la sussistenza di un contratto di locazione di azienda stipulato il 24 luglio 2007 fra la società predetta, della quale sono soci i coniugi O. M. e G. A., e la ditta individuale del figlio D. A., a sua volta colpita da misura interdittiva del 14 luglio 2008.

Si tratta di un elemento nuovo che non era stato vagliato nel procedimento sfociato nella precedente informativa prefettizia del 24 ottobre 2007, annullata con la sentenza n. 519 del 2009 innanzi richiamata.

Invero, nelle stessa parte motiva di detta sentenza si dà atto che nel corso del precedente giudizio solo con memoria successiva l’Avvocatura dello Stato ha prodotto una nota nella quale… viene specificato che il figlio (di O. M. e G. A.) ha proceduto all’affitto in favore della G. C. della propria ditta individuale, e che, tuttavia, circostanze successive all’emanazione del provvedimento gravato non possono trovare ingresso, in quanto integrano in modo postumo ed indebito il contenuto di un atto pesantemente incisivo nella sfera del destinatario.

Il giudice territoriale non si è quindi pronunziato sulla portata indiziante dell’avvenuto affitto di azienda e, pertanto, non viola il giudicato il nuovo esame da parte del Prefetto delle condizioni e presupposti giustificativi della misura prevista dall’art. 4, comma quarto, del d.lgs. n. 490 del 1994 sulla base del nuovo elemento acquisito.

E’ noto, inoltre, che il giudicato derivante dalle sentenza di annullamento di un atto amministrativo non esplica effetto preclusivo assoluto quanto alla rinnovazione del provvedimento, ma solo relativo, ove intervengano nuovi elementi di giudizio e l’Amministrazione intenda integrare la motivazione eventualmente riconosciuta carente all’ esito del precedente giudizio.

Il provvedimento del Prefetto del 15 luglio 2009, diversamente da quanto argomentato dagli appellanti, non è intervenuto in presenza di un immutato quadro investigativo, ove si consideri che nella nuova fase istruttoria la Regione Carabinieri Campania e il Nucleo di Polizia tributaria di Caserta, con le rispettive informative del 24 febbraio e 9 giugno 2009, ponevano in rilievo la cessione in locazione in favore della soc. G. C. s.r.l. dell’ omonima impresa individuale di D. A..

2.1). Non può accedersi all’ordine argomentativo della società ricorrente, volto a negare ogni rilievo – nel quadro delle nuove emergenze investigative che hanno indotto il Prefetto all’adozione della misura interdittiva – al sopravvenuto arresto dei sig.ri A. L. e F. L., rispettivamente suocero e cognato di D. A., già in condizione di latitanza, ritenuti elementi di spicco del clan camorristico dei casalesi.

La misura dell’arresto costituisce, invero, elemento confermativo del quadro indiziario a carico dei predetti soggetti in legame di affinità con l’ Aversano. Si tratta di evento che non va considerato partitamente, ma nel complesso di fatti e circostanze assunti dal Prefetto a fondamento della misura interdittiva, che nel reciproco concorso, con particolare riguardo ai rapporti parentali, sono state ritenute idonei ad introdurre la situazione di pericolo di infiltrazioni mafiose nella compagine sociale della G. C. s.r.l..

2.2). In ordine alla fattispecie in esame non assume rilievo l’indirizzo giurisprudenziale che, muovendo dall’art. 12 del d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252, in caso di partecipazione di imprese in associazione o consorzio alle pubbliche gare, nega che il verificarsi di situazioni di tentativo di infiltrazioni mafiose in capo ad una delle imprese associate possa riflettersi sulla sfera di capacità delle altre imprese ai fini dell’affidamento della commessa pubblica, nel caso in cui l’impresa che sia incorsa nella perdita dei requisiti di partecipazione sia estromessa dall’ a.t.i. prima delle stipula del contratto o della concessione dei lavori.

Nel caso di specie vengono in rilievo i dati fattuali della locazione da parte della G. C. s.r.l. di un assetto aziendale di ditta destinataria di informativa antimafia – in concorso con i rapporti parentali del titolare dell’azienda oggetto di affitto – su cui è venuta a fondarsi la valutazione di merito del Prefetto quanto al pericolo permeabilità mafiosa dell’impresa locatrice, che per stabilità e protrazione degli effetti nel tempo non sono assimilabili alla presenza in un" a.t.i. di un" impresa prevenuta, nei cui confronti può aver luogo la misura espulsiva prevista dall’art. 12 del d.P.R. n. 252 del 1998.

2.3). La società appellante rinnova le censure, disattese dal primo giudice, secondo le quali l’interdittiva prefettizia risulterebbe viziata da eccesso di potere nei diversi profili dell’inesistenza dei presupposti, sproporzione della misura adottata ed insufficienza della motivazione

Il Collegio reputa che il provvedimento impugnato si sottrae alle doglianze formulate nei termini predetti e che sul punto la sentenza del Tribunale regionale meriti conferma..

La giurisprudenza ha ripetutamente posto in rilievo che l’ informativa prevista dal richiamato art. 4 del d.lgs. n. 490 del 1994 ha la natura di una misura di polizia atipica, volta ad anticipare la soglia di difesa sociale per una tutela adeguata nei confronti della criminalità organizzata nelle sue potenzialità espansive nei settori delle commesse pubbliche e delle erogazioni economiche a carico degli enti pubblici.

La misura interdittiva non deve necessariamente essere collegata ad accertamenti in sede penale definitivi e certi sull’ esistenza della contiguità con organizzazioni malavitose e del condizionamento in atto dell’ attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici ed indiziari, da cui emergano gli elementi di pericolo di dette evenienze e non necessita, quindi, di dimostrazione nell’ attualità delle infiltrazioni mafiose. Non è inoltre, necessario che l’infiltrazione mafiosa sia in atto, ma è sufficiente il tentativo, con esposizione al condizionamento delle scelte e degli indirizzi societari (cfr. Cons. Stato, VI, 15 giugno 2011, n. 3647; 8 giugno 2009, n. 3491; 30 gennaio 2007, n. 364; V, 30 maggio 2005, n. 2796).

Il giudizio espresso si collega ad un’ampia sfera di discrezionalità dell’ Autorità cui spettano i compiti di polizia e di mantenimento dell’ ordine pubblico quanto alla ricerca ed alla valutazione degli elementi rilevatori delle condizioni di pericolo ipotizzate dall’ art. 4 del d.lgs. n. 490 del 1994. Nei confronti delle misure di prevenzione adottate il sindacato in sede giurisdizionale si attesta nei limiti dell’ assenza di eventuali vizi della funzione, che possano essere sintomo di un non corretto esercizio del potere quanto alla completezza dei dati acquisiti, alla non travisata valutazione dei fatti, alla logicità delle conclusioni, alla sufficienza dell’esternazione delle ragioni giustificative del provvedimento.

Ciò posto la misura interdittiva oggetto di contestazione si collega ai seguenti fatti e sequenza di eventi:

– la soc. G. C. a r.l. fu costituita il 24 giugno 2007;

– in data 24 luglio 2007 la soc. G. C. assume in locazione l’omonima azienda di D. A., figlio dei due soci della società locatrice;

– la ditta D. A. è destinataria di informativa antimafia di segno positivo;

– D. A. e legato da rapporto di affinità con sig.ri A. L. e F. L., rispettivamente suocero e cognato da ultimo tratti in arresto e qualificati come appartenenti al clan dei casalesi.

Ai fini del sindacato esterno del giudice amministrativo sul potere esercitato dal Prefetto l’approccio alle emergenze istruttorie sulla base delle quali è adottata al misura di polizia non deve essere atomistico, ma volto a recepire il complessivo valore significativo degli elementi acquisiti ai fini dell’adozione della misura interiettiva.

Nella fattispecie in esame, la tempistica dell’operazione commerciale dell’affitto di azienda (in prosieguo destinataria di informativa interdittiva) da parte della G. C., in stretta concomitanza con la sua costituzione; il vincolo di parentela diretta fra i soci della G. C. ed il titolare dell’azienda oggetto del contratto di affitto; la stabilità e la durata nel tempo del rapporto che si determina fra le parti del contratto di affitto; il rapporto di affinità fra il titolare dell’azienda ceduta in affitto ed esponenti della criminalità organizzata, forniscono un quadro sintomatico ed indiziante del pericolo di infiltrazione mafiosa nei confronti della neo costituita G. Costruzione che non rende irragionevole la scelta di tutela preventiva del Prefetto in ordine all’esposizione di detta società alla potenziale ingerenza della criminalità organizzata sul corretto utilizzo delle risorse pubbliche devolute al settore degli appalti pubblici o al finanziamento delle imprese.

In conclusione gli elementi acquisiti – pur non dovendo assurgere necessariamente a livello di prova (anche indiretta) – sono tali da far ritenere ragionevolmente, secondo l’ id quod plerumqueaccidit, l’esistenza di condizioni che sconsigliano l’instaurazione di un rapporto con la pubblica amministrazione. La misura adottata supera, quindi, il vaglio della congruità, logicità e ragionevolezza e non presenta un deficit motivazionale, come dimostra l’ampio l’ordine argomentativo dell’appellante contrario alla statuizione del Prefetto.

2.4). La società appellante invoca a parametro di legittimità dell’interdittiva l’art. 2, comma 30, l. 15 luglio 2009, n. 94, che ai fini dello scioglimento dei consigli comunali e provinciali per collegamenti o condizionamenti da parte della criminalità organizzate, richiede che gli elementi a tal fine acquisiti siano concreti, univoci e concordanti.

Osserva il Collegio che si tratta di una previsione che è chiamata ad operare con riguardo agli organi elettivi degli enti locali e che non può essere trasposta, in via analogica, nel diverso settore afferente al corretto utilizzo delle risorse economiche da parte delle amministrazioni statali e degli enti pubblici, che riceve compiuta regolamentazione nel d.lgs. n. 490 del 1994 e nel relativo regolamento di attuazione.

In ogni caso non è in discussione la concretezza e concordanza degli elementi posti a sostegno dell’informativa prefettizia – che trovano riscontro nelle verifiche degli organi di polizia, non contestate quanto all’esistenza e alla non contraddittorietà dei fatti accertati – mentre il giudizio di univocità appartiene all’autorità di pubblica sicurezza, al cui prudente apprezzamento è riservata ogni determinazione sulla soglia di rilevanza del pericolo di condizionamento mafioso.

2.5). La soc. G. C. lamenta, infine, che il Comune di Brusciano ha disposto, in rapporto di stretta causalità con la ricezione dell’ informativa del prefetto, la risoluzione del rapporto contrattuale in corso, senza procedere ad un’autonoma valutazione in ordine al suo possibile prosieguo in relazione alla fattispecie concreta. Ciò in base all’art. 4, comma 6, del d.lgs. n. 490 del 1994 ove è stabilito che l’amministrazione può revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dal contratto, fatto salvo il pagamento delle opere già eseguite.

Il Tribunale amministrativo ha correttamente disatteso il motivo.

L’effetto risolutivo dei rapporti in corso segue con carattere vincolato all’informativa di cui all’art. 4, comma 4, del d.lgs. n. 490 del 1994, e realizza sul piano di effettività la misura interdittiva del Prefetto volta alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose. Nessun obbligo di particolare motivazione grava a carico dell’ ente interessato, che può adottare la statuizione risolutiva sulla scorta del mero richiamo all’informativa prefettizia (cfr. Cons. Stato, VI, 15 dicembre 2010, n. 8928; 30 dicembre 2005, n. 7619).

La prosecuzione del rapporto è consentita dall’art. 4, comma 6, del d.lgs. n. 490 del 1994 in presenza di forniture o lavori di somma urgenza, ovvero in presenza di un rapporto ormai in corso di esaurimento, a fronte del quale si configuri prevalente in assoluto l’interesse dell’ Amministrazione al completamento delle prestazioni di cui al contratto revocando (fattispecie che non vengono in rilievo nel presente contenzioso) ed in tal caso la scelta di segno positivo dell’ Amministrazione deve ricevere esaustiva e congrua motivazione.

Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi euro 2.000,00 (duemilacinquencento) di cui 1.000,00 (mille/00) in favore del Ministero dell’interno e 1.000,00 (mille/00) in favore del Comune di Brusciano.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate come in motivazione in euro 2.000,00 (duemila) di cui 1.000,00 (mille/00) in favore del Ministero dell’interno e 1.000,00 (mille/00) in favore del Comune di Brusciano.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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