Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21-07-2011, n. 4436 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La sig.ra F. S. presentava domanda di partecipazione al concorso per l’arruolamento di 780 allievi agenti della Polizia di Stato, indetto con bando in data 8 novembre 1996; dopo aver superato la prova scritta veniva sottoposta agli accertamenti psicofisici ed attitudinali, all’esito dei quali era ritenuta "non idonea per carenze nel livello evolutivo, nel controllo emotivo, nelle capacità intellettive, nell’adattabilità". Conseguentemente, veniva esclusa dall’arruolamento con decreto del Direttore Centrale del Personale in data 17 luglio 1998, per "accertato difetto dell’idoneità attitudinale".

Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo delle Marche, il quale con ordinanza 13 gennaio 1999, n. 36 ammetteva con riserva l’interessata "all’arruolamento di cui al bando 8 novembre 1996". Pertanto la sig.ra F. veniva ammessa alla frequenza del 150° corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato, a conclusione del quale si collocava al 33° posto su n. 178 allievi, conseguendo l’idoneità al servizio; tuttavia non le veniva consentito di prestare la "promessa solenne" poiché con provvedimento 9 dicembre 1999, prot. n. 92324/29, la Direzione centrale del personale stabiliva il suo rinvio al luogo di residenza al termine del corso di formazione.

Anche quest’ultimo provvedimento veniva impugnato dinanzi allo stesso Tribunale amministrativo, che con sentenza 26 maggio 2000 n. 754 – previa riunione dei due ricorsi – accoglieva il primo ed annullava il giudizio di inidoneità della F. al servizio di polizia ed il conseguente decreto di esclusione dal concorso, dichiarando la cessazione della materia del contendere in ordine al secondo.

Nonostante la predetta sentenza sia passata in giudicato e sia stata notificata in forma esecutiva in data 6 giugno 2000, l’Amministrazione vi ha prestato ottemperanza soltanto in data 14 febbraio 2001, provvedendo all’assunzione in servizio della interessata quale agente in prova della Polizia di Stato.

2. Con nuovo ricorso al Tribunale amministrativo delle Marche, rubricato al n. 706/2002, la sig.ra S. F. chiedeva il risarcimento di tutti i danni da lei subiti a causa dell’illegittimo provvedimento di esclusione dall’arruolamento e del conseguente ritardo nell’assunzione in servizio, quantificati nella somma di tutte le retribuzioni non percepite dal momento in cui sarebbe dovuto avvenire il suo arruolamento (23 dicembre 1999) e fino alla data di effettiva assunzione (14 febbraio 2001), oltre alla perdita di chances ed all’ulteriore pregiudizio subito per essere stata costretta a scegliere una sede di servizio più lontana (Padova) rispetto a quella che le sarebbe spettata nel caso in cui l’arruolamento fosse stato disposto a tempo debito (cioè a conclusione del 150° corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato); quantificava i danni nell’importo presuntivo di Euro 100.000,00.

Con la sentenza in epigrafe, n. 706 in data 29 maggio 2008, il Tribunale amministrativo delle Marche accoglieva in parte il ricorso, riconoscendo la colpa dell’Amministrazione solo in relazione al periodo successivo al passaggio in giudicato della sentenza e liquidando il risarcimento in una somma pari al 50% delle retribuzioni dovute per il periodo dal 6 giugno 2000 fino al 14 febbraio 2001, con rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT ed interessi nella misura legale, calcolati sino al soddisfo.

3. Avverso la predetta sentenza la sig.ra S. F. ha proposto il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 7974/08, chiedendo la sua riforma, nella parte in cui la dichiara soccombente, e l’integrale accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituita l’Amministrazione chiedendo il rigetto dell’appello.

Quest’ultimo è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 24 giugno 2011.

4. L’appellante chiede l’integrale riconoscimento delle sue pretese risarcitorie.

Queste pretese hanno titoli diversi, per cui devono essere esaminate separatamente.

4a. La pretese relative alla perdita di chances ed all’assegnazione di una sede di servizio più gradita devono essere respinte per mancanza di prova, il cui onere incombeva sulla richiedente.

L’appellante infatti non dimostra l’esistenza a suo vantaggio di chances, di qualsivoglia contenuto, che a suo dire avrebbe perso a causa della ritardata assunzione in servizio. Nemmeno dimostra – e nei termini in cui potrebbe avere rilievo – che, venendo tempestivamente assunta, sarebbe stata assegnata ad una sede di servizio a lei più gradita, e nemmeno indica quale sarebbe questa sede. Nemmeno dimostra come possa avere influito sulla sua crescita professionale un ritardo di poco più di un anno nella chiamata in servizio.

Tale profilo della domanda deve quindi essere disatteso.

4b. La pretesa dell’appellante è invece fondata nella parte in cui domanda il risarcimento del danno derivante dalla mancata percezione degli stipendi, conseguenti all’instaurazione tardiva del rapporto di impiego.

Il Tribunale amministrativo ha accolto in parte la domanda, seppur ritenendo che il fatto dell’Amministrazione possa essere ritenuto colposo solo per la parte relativa al ritardo nell’assunzione protrattosi oltre il passaggio in giudicato della sentenza (che aveva annullato l’esclusione dell’interessata dal concorso).

L’appellante contesta tale conclusione, imputando a colpa tutto il suddetto ritardo, incluso il tratto di tempo antecedente.

L’Amministrazione in questo grado del giudizio non spiega argomentazioni difensive a questo riguardo.

Osserva il Collegio che, in simili fattispecie concorsuali, l’onere della prova in tema di colpa dell’Amministrazione va collegato, in virtù del rapporto giuridico instaurato con l’accoglimento della domanda di partecipazione al concorso, al principio generale codificato dall’art. 1218 Cod. civ., che vuole competa all’inadempiente di dimostrare di essere stato esente da colpa.

Perciò non è la colpa dell’Amministrazione che va dimostrata da chi domanda il risarcimento dei danni, perché questa colpa è presunta per effetto dell’accertata illegittimità dell’atto amministrativo: è piuttosto l’assenza di colpa che va dimostrata dall’Amministrazione; salvo che – si può specificare – l’assenza di colpa dell’Amministrazione non risulti in concreto del tutto manifesta, nel qual caso sarebbe irragionevole mantenere ferma una tale presunzione.

Ne consegue che, salvo un tale caso limite, la mancanza di tale colpa nell’adottare un siffatto provvedimento illegittimo non va affermata d’ufficio dal giudice, ma deve essere eccepita e dimostrata dalla parte convenuta, cioè dall’Amministrazione (cfr. ad es. Cons. Stato, VI, 23 giugno 2006, n. 3981; V, 20 marzo 2007, n. 1346; VI, 3 aprile 2007, n. 1513; VI, 9 novembre 2006, n. 6607; IV, 16 luglio 2007, n. 4010; VI, 9 giugno 2008, n. 2751).

Nella presente controversia, come sopra sottolineato, l’Amministrazione nulla ha dedotto al riguardo.

Si aggiunge che la mancanza di colpa non emerge in concreto con un’evidenza tale da rendere superflua una dimostrazione come quella richiesta dalla presunzione in questione.

L’odierna appellante fu a suo tempo esclusa dal concorso sulla base di un giudizio attitudinale negativo, che l’Amministrazione ha però abbandonato dopo l’accoglimento del ricorso.

Il sospetto circa la presumibile superficialità di quel giudizio – vale a dire, circa la colpa in questione – non può quindi essere escluso a priori, anche se avrebbe potuto, in ipotesi, essere fugato da quella contraria dimostrazione che era onere dell’Amministrazione fornire.

Visto che l’Amministrazione non ha assolto tale onere, ritiene il Collegio che il danno provocato dall’illegittima esclusione dell’appellante dal concorso è senz’altro da ritenere ab origine ascrivibile a colpa dell’Amministrazione.

Quanto alla consistenza, il danno in questione va identificato nel fatto della mancata percezione degli stipendi a partire dalla data in cui i colleghi di concorso dell’appellante hanno iniziato a essere a quel titolo remunerati e fino alla data in cui anch’ella ha preso servizio.

Di conseguenza, l’Amministrazione deve essere condannata al risarcimento del danno suddetto.

Quanto alla quantificazione, osserva il Collegio che nel periodo in questione l’appellante non ha prestato servizio. In mancanza di prestazioni corrispettive e di altri mezzi per determinare analiticamente l’entità del danno, appare al Collegio equo stimare e liquidare il danno medesimo nella misura del 50% delle retribuzioni che sarebbero spettate all’appellante per il periodo suddetto (23 dicembre 1999 – 14 febbraio 2001).

5. In conclusione, l’appello deve essere accolto in parte e, in parziale riforma della sentenza gravata, l’Amministrazione soccombente deve essere condannata al risarcimento del danno conseguente alla ritardata ammissione in servizio dell’appellante, nei termini di cui sopra, con rivalutazione monetaria ed interessi.

Le spese del presente grado del giudizio devono essere integralmente compensate, in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 7974/08, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, condanna l’Amministrazione soccombente al pagamento delle somme di cui in motivazione.

Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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