Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 14-07-2011) 18-07-2011, n. 28258

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.R.E.J. ricorre, a mezzo del suo difensore avverso la sentenza 17 novembre 2010 del G.U.P. del Tribunale di Bergamo (che ha applicato, ex art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni 3 di reclusione ed Euro 14 mila di multa per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per aver importato in Italia, dalla Spagna, 343 grammi di cocaina, suddivisi in 28 ovuli), deducendo vizi e violazioni nella motivazione della decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

Il Procuratore generale a sua volta ricorre avverso la stessa decisione lamentando l’omessa applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici in relazione al combinato disposto dell’art. 29 cod. pen. e art. 445 c.p.p., comma 1.

Motivi della decisione

Il ricorrente, con un unico motivo di impugnazione, deduce vizio di motivazione in relazione all’omessa verifica delle condizioni indicate nell’art. 129 cod. proc. pen.. Il motivo è palesemente infondato.

Per consolidata giurisprudenza, l’applicazione della pena su richiesta si fonda su un accordo tra l’imputato e il P.M., che integra un negozio giuridico processuale recettizio, il quale, pervenuto a conoscenza dell’altra parte e una volta che questa abbia dato il proprio consenso, diviene irrevocabile e non è suscettibile di modifica per iniziativa unilaterale dell’altra, in quanto il consenso, reciprocamente manifestato con le dichiarazioni congiunte di volontà, determina effetti non reversibili nel procedimento (cfr. ex plurimis: Sez. 6, Sentenza n. 4120/2007), con la conseguenza che non è consentito nè all’imputato e neppure al P.M. rimettere in discussione i termini della pattuizione (Cass., Sez. 1, 25 gennaio 1997 n. 6898).

Ne discende che la sentenza ex art. 444 c.p.p., comma 2 la quale, come nella specie, espressamente esclude la ricorrenza di una delle ipotesi di proscioglimento prevista dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità di cui all’art. 129 succitato (Cass. Pen. Sez. 3, 15 aprile 1991 n. 4271, Pulzone; Id., 11 dicembre 1992, Greco).

Nella vicenda le modalità di detenzione della droga (ingerita e detenuta nel corpo del detentore) sono di tale inequivoco valore da non consentire alcun apprezzamento in termini di applicabilità dell’invocato art. 129 cod. proc. pen..

Da ciò la declaratoria di inammissibilità del ricorso dell’imputato che va condannato alle spese nonchè al versamento alla cassa delle ammende di una somma che pare equo determinare nella misura di Euro 1.000,00.

Fondato è invece il ricorso del Procuratore generale: la pena inflitta comportava infatti, in relazione al combinato disposto dell’art. 29 cod. pen. e art. 445 c.p.p., comma 1 l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, in tali sensi annullata l’impugnata sentenza.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’omessa applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici che determina in anni cinque. Dichiara inammissibile il ricorso del S. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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