Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-07-2011) 18-07-2011, n. 28255 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p. 1. Con ordinanza del 29 marzo 2011 il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice d’appello, confermava il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che aveva respinto la richiesta di N.A., indagato dei reati previsti dagli artt. 319 e 479 cod. pen., diretta a ottenere la scarcerazione per decorrenza del termine massimo di custodia cautelare a norma dell’art. 297 cod. proc. pen., comma 3.

Il Tribunale, premesso:

– che N. era stato colpito da o.c.c. emessa il 15.5.2009, perchè colto nella flagranza del reato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio;

– che era stato raggiunto da una seconda ordinanza custodiale emessa il 18.1.2011 per reati di corruzione antecedentemente commessi e inoltre per il reato di cui all’art. 416 cod. pen., comma 1, uniti dal vincolo della continuazione a quello sopra menzionato;

ciò premesso, riteneva di non poter applicare la retrodatazione del termine di custodia cautelare, perchè i reati di cui alla seconda ordinanza cautelare sarebbero emersi (fatta nota riepilogativa della polizia giudiziaria datata 10.04.2010 e, quindi, erano "desumibili" dagli atti fin dal momento in cui fu adottata la prima misura cautelare.

Contro la decisione ricorre per cassazione l’indagato, che denuncia l’inosservanza della disposizione dell’art. 297 cod. proc. pen., comma 3, In particolare deduce:

1. che la giurisprudenza di legittimità (S.U. Rahulia) interpreta la disposizione de qua nel senso che, quando i reati diversi, oggetto delle distinte ordinanze cautelari, siano legati da connessione qualificata, la retrodatazione opera automaticamente, ossia indipendentemente dalla possibilità, al momento dell’emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l’esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure;

p. 2. che, comunque, nella fattispecie, la desumibilità dagli atti esisteva ex ante, perchè gli atti di indagine posti a base delle due ordinanze cautelari erano tutti presenti nel procedimento n. 14357/2008 R.G.N.R., dal quale fu prelevata la notitia criminis iscritta al n. 7475/2009 R.G.N.R., che formò oggetto della seconda misura cautelare.

2. Il primo motivo di ricorso è fondato e perciò assorbe il secondo.

Questa Corte, nella composizione a Sezioni Unite, ha affermato (sentenza 22.3.2005 n. 21557, Rahulia) e ribadito (sentenza 19.12.2006 n. 14535, Librato) che, nel caso di emissione, nello stesso procedimento, di più ordinanze che dispongano nei confronti di un imputato la medesima misura cautelare per fatti diversi, commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza, legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologia, la retrodatazione della decorrenza dei termini della misura disposta con l’ordinanza successiva opera automaticamente, ossia indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti, al momento dell’emissione della prima ordinanza, l’esistenza di elementi idonei a giustificare le successive misure, è la cd. regola della retrodatazione automatica, che si applica quando i reati, oggetto delle distinte ordinanze cautelari, appartengono al medesimo procedimento e sono uniti da connessione qualificata.

Nel caso di specie le anzidette condizioni sono presenti.

Dall’esame della seconda ordinanza di custodia cautelare (emessa il 18 gennaio 2011) risulta che i reati rubricati sono stati tutti accertati nel corso di un’unica indagine, condotta nei confronti di N.A., funzionario della Motorizzazione Civile di Napoli, protrattasi per circa un anno e conclusasi con l’arresto dell’indagato, colto in flagrante nell’atto di ricevere l’illecita retribuzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.

I reati contestati con le due distinte ordinanze cautelari sono – come riconosce lo stesso giudice a quo – palesemente legati dal medesimo disegno criminoso e, quindi, connessi a norma dell’art. 12 cod. proc. pen., comma 1, lett. b).

Pertanto, a prescindere dalla deducibilità dagli atti, fin dal momento dell’adozione della prima ordinanza cautelare, dell’esistenza di elementi idonei a giustificare la seconda misura cautelare, nella fattispecie opera l’automatica retrodatazione della decorrenza del termine massimo di custodia cautelare a partire dalla data del primo provvedimento coercitivo.

L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio allo stesso Tribunale, che, in diversa composizione, attenendosi al principio di diritto sopra enunciato, dovrà verificare se il termine massimo di fase della custodia cautelare sia decorso e, in caso positivo, restituire in libertà l’indagato.

P.Q.M.

La Corte di cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Palermo per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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