Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21-07-2011, n. 4424 Professori universitari associati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. P. C. impugnava, con ricorso notificato il 23 dicembre 2004, il provvedimento del Rettore dell’Università La Sapienza di Roma, del 21 ottobre 2004, con il quale gli veniva comunicato di non aver diritto a prendere servizio quale professore associato presso la Facoltà di medicina e chirurgia a causa del blocco dell’assunzione del personale, disposto dalla legge finanziaria n. 289 del 2002, rinnovato per il 2004 dalla successiva legge finanziaria n. 350 del 2003.

Nel ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio veniva ricordato che il ricorrente era transitato dall’Azienda USL, Roma A, nei ruoli organici del Policlinico Umberto I con delibera 21 novembre 2000.

Il ricorrente conseguiva poi in data 19 settembre 2002 l’idoneità a professore di seconda fascia per il settore scientifico disciplinare MED/29 "Chirurgia maxillo facciale" e, con delibera del Consiglio di facoltà di medicina e chirurgia in data 24 febbraio 2004 veniva chiamato nella qualifica di professore di seconda fascia per il suddetto settore scientifico.

Non essendo stato però invitato a prendere servizio in tale ruolo, il ricorrente inviava in data 23 settembre 2004 formale istanza al Rettore dell’Università degli studi di Roma La Sapienza, con la quale chiedeva l’adozione del decreto di nomina nel ruolo dei professori associati.

Il Rettore rispondeva, come ricordato, negando l’accoglimento della richiesta, motivando con il blocco delle assunzioni di personale disposto con la legge finanziaria n. 289 del 2002.

2. Il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza oggi impugnata dall’Università, accoglieva il ricorso, perché il divieto di assunzione, sebbene previsto dalla normativa in esame, non poteva operare nel caso di specie in quanto la chiamata del ricorrente non comportava alcun aggravio di spesa, come confermato dalla Ragioneria generale dello Stato in esito ad ordinanze istruttorie, disposte dal medesimo Tribunale amministrativo.

Il giudice dichiarava così illegittimo il provvedimento impugnato e lo annullava, ma respingeva la domanda di risarcimento del danno, data l’assenza di variazione stipendiale connessa alla retrodatazione della nomina conseguente all’annullamento dell’atto impugnato e, quindi, per l’inesistenza di un danno economico.

3. Contro tale decisione ricorreva in appello l’Università degli studi di Roma La Sapienza, sostenendo l’erroneità della sentenza, che non considerava il divieto generalizzato di assunzioni, la cui applicabilità prescindeva dal fatto che la nomina del ricorrente potesse risultare "a costo zero".

4. La causa veniva assunta in decisione alla pubblica udienza del 14 giugno 2011.

La questione è stata esaminata in casi analoghi da questa Sezione, che si è pronunciata con le decisioni del 7 dicembre 2007, nn. 6307 e 6308, conformemente alle quali si ritiene l’appello fondato.

La sentenza impugnata fonda l’illegittimità della nota rettorale – con la quale era stato comunicato il diniego di nomina dell’istante a professore di seconda fascia per il divieto esplicito di assunzioni, disposto dall’articolo 3, comma 53, della legge finanziaria 27 dicembre 2002, n. 289 – sulla considerazione (avvalorata dalle conclusione della Ragioneria Generale dello Stato, che si era espressa in merito su richiesta dello stesso Tribunale amministrativo regionale, che la ratio virtuosa della predetta legge non era elusa, dal momento che la nomina dell’istante non comportava aggravio di spesa.

Conformemente alle decisioni richiamate, la tesi non convince, perché il ricorso alla ratio legis, prospettato dai ricorrenti, può essere giustificato solo quando la lettera della disposizione non consenta di pervenire ad una interpretazione univoca del precetto. Nella specie, invece, è pacifico che il divieto di assunzioni di personale a tempo indeterminato fosse esplicito e generalizzato, nel senso che non ammetteva alcuna deroga, relativamente alla sussistenza o meno di un immediato onere finanziario. E comunque andrebbe considerato che l’obiettivo del divieto di assunzioni di cui all’articolo 3, comma 53, l. 27 dicembre 2002, n. 289, era di bloccare qualsivoglia assunzione, al fine di contenere la complessiva spesa del pubblico impiego in una prospettiva non solo contingente, ma anche proiettata nel futuro.

L’appello va, pertanto, accolto, e, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarato infondato e perciò respinto il ricorso di primo grado.

Sussistono sufficienti ragioni per consentire la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione VI, accoglie il ricorso in epigrafe annullando la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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