Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-06-2011) 18-07-2011, n. 28254 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro rigettava l’istanza di riesame proposta da P.A., confermando il provvedimento del Giudice per indagini preliminari del medesimo Tribunale che, in data 16 dicembre 2010, aveva applicato al predetto la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di cui ai capi agli artt. 74, commi 1, 2, 3, 4, in relazione al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 80, comma 2, (capo 1), artt. 110, 81 cod. pen., D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73 (capo 5) e art. 110 cod. pen., D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73 (capo 5 bis).

Esponeva il Tribunale che le indagini condotte dalla Direzione Antimafia di Catanzaro avevano portato alla rivelazione dell’esistenza di una potente associazione criminale dedita al narcotraffico (capo 1), della quale partecipavano anche esponenti della ‘ngrangheta "Muto" di Cetraro, della ‘ndrina "Chinilo" di Paterno Calabro, oltre a brokers di stupefacente del vibonese ed in San Luca.

Tale associazione operava, in particolare, nel settore delle importazioni dal Sud America, gestito da P.B., il quale era in diretto contatto con i narcos colombiani e venezuelani per l’acquisto di ingenti quantitativi di stupefacente e riceveva i relativi finanziamenti sia dai cetraresi sia da altri soggetti, avvalendosi anche dei propri congiunti, appartenenti alla famiglia Strangio di San Luca. La consorteria gestiva inoltre l’offerta di stupefacente nell’alto tirreno cosentino, in regime di monopolio ‘ndranghetistico, in particolare ad opera di S.L., che distribuiva la cocaina, importata tramite il P., e la canapa indiana, coltivata tramite suoi collaboratori, ad una serie di persone che a loro volta rifornivano i puscher di Cetraro e Santa Maria del Cedro.

In tale contesto associativo si venivano a collocare due episodi di importazione di ingenti quantità di cocaina (capi 5 e 5 bis). In ordine al primo, veniva arrestato il (OMISSIS) all’aeroporto di (OMISSIS) un corriere proveniente da San Paolo con circa 10 chili di cocaina destinata a P.B., S.A., S.L. ed altri soggetti, tra i quali anche A. P., che avrebbe dovuto prendere in consegna lo stupefacente.

Quanto al secondo, veniva arrestato la mattina del (OMISSIS) un cittadino venezuelano in possesso di circa 56 chili di cocaina diretta a P.B., P. C., S.L., P.D. e altri soggetti, tra i quali V.L., che a sua volta la doveva consegnare ad P.A. per trasportarla in Calabria.

2. Avverso la suddetta ordinanza, ricorre per cassazione il difensore dell’indagato, articolando i seguenti motivi:

– la violazione di cui all’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. c) ed e), in relazione agli artt. 125, 291 cod. proc. pen., comma 1, e art. 309 cod. proc. pen., commi 5 e 9, Il Tribunale avrebbe erroneamente respinto l’eccezione di inutilizzabilità delle conversazioni intercettate poste a fondamento della misura cautelare, sul rilievo che mancava agli atti la prova della trasmissione del P.M. al G.i.p. dei supporti informatici delle registrazioni intercettate. Al contrario, il ricorrente deduce che la difesa aveva prodotto all’udienza camerale del riesame l’elenco degli atti trasmessi e che, in ogni caso, il Tribunale doveva accertare la sussistenza agli atti delle bobine contenenti le suddette captazioni, al fine di verificare l’esatta corrispondenza tra quanto riportato negli atti a seguito della trascrizione nei brogliacci e quanto risultante dall’ascolto.

– la violazione di cui all’art. 606 cod. proc. pen.,, comma 1, lett. c) ed e), in relazione in relazione agli artt. 125, 266 e 309 cod. proc. pen., per aver il Tribunale respinto la deduzione difensiva in ordine al mancato accesso della difesa alle registrazioni captate, nonostante la dimostrazione della presentazione – documentata in udienza – di una espressa richiesta.

– la violazione di cui all’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b) ed e), in relazione agli artt. 125, 273, 291, 292 cod. proc. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per aver il Tribunale omesso qualsiasi motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in capo all’indagato per i reati di cui ai capi 5 e 5 bis e per non aver dato risposta alcuna alle doglianze difensive. In particolare, la difesa aveva sostenuto, in ordine al capo 5), che la condotta ivi contestata era penalmente irrilevante, essendo rimasta a livello preparatorio, essendo stato accertato l’accordo in corso per l’acquisto di droga, ma non la diretta disponibilità della stessa da parte del presunto fornitore nè l’effettiva concretizzazione dell’affare; mentre, per il capo 5 bis, aveva dedotto la insussistenza della gravità indiziaria ed in particolare che da una conversazione captata risultava che S.F. aveva voluto tenere fuori dalla vicenda "il comparello".

– la violazione di cui all’art. 606 cod. proc. pen.,, comma 1, lett. c) ed e), in relazione agli artt. 125, 273, 291, 292 cod. proc. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, per aver il Tribunale omesso qualsiasi motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in capo all’indagato per i reati di cui al capo 1), ed in particolare della sua consapevole intraneità alla consorteria criminale, posto che manca ogni indizio che il P. abbia attuato la predisposizione di mezzi o abbia partecipato e contribuito attivamente all’ipotizzata associazione. Al P. sarebbero addebitati infatti soltanto due isolati e circoscritti episodi di importazione di droga inidonei ad integrare la prova della partecipazione al reato associativo.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Quanto ai primi due motivi, se ne deve constatare la manifesta infondatezza. il ricorrente assume nel ricorso di aver prodotto all’udienza camerale davanti al Tribunale del riesame "l’indice degli atti trasmessi, ex art. 291 cod. proc. pen." e la richiesta di accesso ai supporti informatici delle registrazioni contenenti le comunicazioni intercettate.

Tuttavia, dal verbale dell’udienza camerale e dalla memoria difensiva allegata in quella sede, di tale produzione non vi è traccia.

Risulta invero che la difesa del P. aveva soltanto eccepito l’inutilizzabilità delle conversazioni intercettate poste a sostegno della misura cautelare, a causa della mancata trasmissione da parte del P.M. dei relativi supporti informatici al G.i.p., ai sensi dell’art. 291 cod. proc. pen., e al Tribunale del riesame, ex art. 309 cod. proc. pen., comma 5, omissione, che, secondo la difesa, avrebbe impedito al giudice della cautela di valutare i dati dai quali erano stati desunti i gravi indizi di colpevolezza.

La documentazione prodotta dal difensore all’udienza camerale davanti a questa Corte dimostra la sola presentazione al P.M. della richiesta di accesso alle conversazioni intercettate, ma non la produzione della stessa al Tribunale del riesame.

Da quanto ora esposto, risulta corretta l’affermazione dei giudici a quibus, secondo cui la difesa del P. non aveva neppure allegato in sede di riesame di aver avanzato una simile richiesta al P.M. Pertanto, limitata la questione alla eccepita inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, in considerazione della mancata trasmissione da parte del P.M. al g.i.p., prima, e al Tribunale del riesame, poi, dei supporti informatici relativi alle registrazioni delle conversazioni intercettate, deve osservarsi che la costante ed uniforme giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene legittimo che il pubblico ministero presenti al giudice per le indagini preliminari, a supporto di una richiesta di misura restrittiva della libertà personale, solo i "brogliacci" e non le trascrizioni o le stesse registrazioni delle comunicazioni intercettate, in ragione dell’urgenza del provvedere.

Conseguentemente, il giudice della cautela ben può porre a fondamento del provvedimento di applicazione della misura cautelare il contenuto delle intercettazioni, anche se compendiate in "brogliacci", ovvero riportate in forma riassuntiva, pur se non trascritte o sommariamente trascritte con semplici riferimenti riassuntivi, ravvisandosi, in sostanza, una sorta di "presunzione d’esistenza e di conformità", che non richiede un controllo giurisdizionale sulla effettiva sussistenza di tale documentazione, dalla quale discende la validità della prova (cfr. da ultimo Sez. U, n. 20300 del 22/04/2010, dep. 27/05/2010, Lasala, in motivazione).

Ulteriore conseguenza di questa impostazione è che il P.M. non sia tenuto a trasmettere al tribunale della libertà, oltre ai "brogliacci", le registrazioni delle comunicazioni intercettate, in quanto, a norma dell’art. 309 cod. proc. pen., comma 5, il P.M. deve trasmettere soltanto gli atti da lui esibiti al momento della richiesta d’applicazione della misura.

Il tribunale del riesame deve quindi verificare, alla stregua degli artt. 273, 274, 275 e 280 cod. proc. pen., la legittimità della adozione della misura cautelare, avendo anzitutto riguardo alla situazione processuale coeva al provvedimento impugnato, senza, tuttavia, omettere di valutare anche gli elementi sopravvenuti, purchè addotti nell’udienza camerale.

A tal fine, onde controbilanciare le cennate esigenze di rapida rappresentazione del contenuto delle registrazioni con quelle della difesa di poter verificare la valenza probatoria degli elementi che hanno indotto il pubblico ministero a richiedere ed il giudice ad emanare il provvedimento restrittivo della libertà personale e di esperire, quindi, efficacemente "tutti i rimedi previsti dalle norme processuali", alla difesa è stato riconosciuto – a seguito della sentenza della Corte Costituzionale dell’8-10 ottobre 2008, n. 336 (che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 268 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore potesse ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate) – il diritto di accedere alle registrazioni delle comunicazioni intercettate. In tal modo, la difesa è posta in condizione di verificare direttamente l’affidabilità delle trascrizioni di polizia giudiziaria, utilizzate per la ricostruzione del quadro indiziario, con facoltà di prospettare, in sede di riesame, la non corrispondenza o la non esatta interpretazione tra quanto riportato nei brogliacci e quanto, invece, realmente risultante dalle intercettazioni.

Ove il pubblico ministero non ottemperi tempestivamente alla richiesta di accesso alle registrazioni e di trasposizione su nastro magnetico delle conversazioni o comunicazioni captate, perchè la circostanza possa rilevare nel procedimento incidentale de liberiate, la parte ha l’onere di specifica allegazione e documentazione al riguardo in quella sede.

Se tanto non venga specificamente dedotto, il difensore rinuncia del tutto alla possibilità di contestare la "presunzione d’esistenza e di conformità" del contenuto dei "brogliacci" a quello delle conversazioni o comunicazioni captate; ed il tribunale del riesame nessun accertamento è tenuto ad eseguire al riguardo.

Ne consegue che il rilievo, come nella specie, non può essere formulato per la prima volta in Cassazione (cfr. Sez. U, n. 20300 del 22/04/2010, Lasala, Rv. 246907).

3. Inammissibili sono anche i restanti motivi, riguardanti il vizio di motivazione in ordine alla gravità indiziaria della partecipazione del P. ai reati indicati nei capi 1), 5) e 5 bis).

Giova ribadire che, ai fini dell’emissione di una misura cautelare personale, per "gravi indizi di colpevolezza", ex art. 273 cod. proc. pen., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che, contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova, non valgono di per sè a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato ai fini della pronuncia di una sentenza di condanna, e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso il prosieguo delle indagini, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza.

Ciò posto, il Tribunale ha dato adeguatamente conto delle ragioni che giustificavano la conferma della gravità del quadro indiziario in ordine alle provvisorie contestazioni sub 1), 5) e 5 bis) mosse al P., con una motivazione adeguata, conforme ai principi di diritto che governano le risultanze probatorie ed esente da contraddizioni e manifeste illogicità, fornendo altresì risposta alle doglianze difensive.

Dalla motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame, il cui contenuto si integra, per espresso rinvio, con quella dell’ordinanza custodiale, si evince che sin dall’agosto 2008 erano stati avviati da P.B. e da suoi stretti familiari contatti per reperire soggetti interessati a partecipare all’acquisto di una grossa partita di droga dal Sudamerica, raccogliendo denaro ed effettuando frequenti viaggi all’estero, nei quali incontrava importanti narcotrafficanti.

In particolare, il P. si era recato prima in Olanda ed in Spagna accompagnato dal P. e poi in (OMISSIS), da dove si scambiava notizie con il P. circa i suoi contatti con i narcos e circa i pagamenti da destinare ai sudamericani (i 12.000 Euro da consegnare all’amico "(OMISSIS)" che doveva poi trasferirli a coloro che dovevano dare loro "la frutta"). Al suo rientro dal (OMISSIS), il P. trovava ad accoglierlo il P.con il quale rientrava in Calabria due giorni dopo. Nei giorni successivi, il P. monitorava l’arrivo di un corriere dal Sudamerica che doveva far giungere, tramite altro corriere, il carico a (OMISSIS), dove costui con il P. si recavano il giorno precedente. Nel frattempo un contatto spagnolo, tale F. chiedeva al P. il pagamento dei 12.000 per l’operazione in corso, che a sua volta riceveva istruzioni dal P. di attendere il giorno seguente. Giunti a (OMISSIS), ricevevano notizia dal contatto venezuelano che qualcosa era andato storto (era stato, nel mentre, arrestato il corriere proveniente da (OMISSIS) con circa 10 chili di cocaina) e venivano sollecitati a verificare su internet se vi era stato qualche sequestro di stupefacente.

Quanto al secondo episodio, le risultanze investigative avevano rivelato, a partire dal novembre 2008, quindi subito dopo il fallimento di questa operazione, che il P. stava organizzando una nuova importazione di droga dal Sudamerica, raccogliendo denaro per finanziare l’acquisto e contattando il canale di approvvigionamento della cocaina, il colombiano L.E. C., che a sua volta aveva contatti con i narcos venezuelani. In particolare, il (OMISSIS) il P. si recava in auto in l’Olanda con il figlio S. ed il P., incontrandosi durante il viaggio con il C..

Nei mesi successivi venivano registrati numerosi contatti tra i soggetti coinvolti nell’operazione, tra i quali figurava anche un ufficiale dell’Arma, V.L., che doveva assicurare il passaggio della droga attraverso la dogana italiana. In particolare, il V. si incontrava il 24 gennaio 2009 a Roma con il P., il C. e C.P., raggiunti poi da F. S. e dal P.. Dopo vari rinvii e frenetici incontri, il (OMISSIS) il P. informava gli altri indagati dell’arrivo del corriere da (OMISSIS), prenotato a Roma presso l’hotel (OMISSIS) e il cui nome era G.R.. La mattina successiva quest’ultimo veniva fermato all’aeroporto di (OMISSIS) con un carico di circa 56 chili di cocaina e in possesso di una lettera di prenotazione del suddetto hotel. Nel frattempo, venivano avvisati il V., il C. ed il P. del mancato arrivo. Il P. risultava esser giunto a (OMISSIS) ed aver alloggiato nel medesimo hotel (OMISSIS) che lasciava la mattina successiva alle 11,41, pagando il conto, in coincidenza con la diffusione della notizia tra gli altri protagonisti dell’operazione del mancato arrivo del carico.

Le conclusioni circa la sussistenza della gravità indiziaria a carico del ricorrente risultano pertanto adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale valutazione delle emergenze investigative, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Infatti, il Tribunale ha osservato che le risultanze delle indagini (con particolare riferimento alle intercettazioni effettuate) avevano dimostrato la sussistenza di una grave piattaforma indiziaria a carico del prevenuto in ordine ai reati a lui ascritti, riportando dettagliatamente le conversazioni registrate, dalle quali emergeva il diretto coinvolgimento del P. negli illeciti traffici a lui contestati nell’ordinanza cautelare.

In particolare, quanto al reato sub 5), gli elementi evidenziati dal Tribunale resistono alle critiche mosse dal ricorrente, posto che non può certo parlarsi di condotta rimasta allo stadio del "mero accordo preparatorio" penalmente irrilevante. Le risultanze investigative dimostrano al contrario l’avvenuta conclusione da parte degli indagati dell’affare per l’acquisto della cocaina da importare, tant’è che proprio il P. si era interessato del pagamento ai fornitori dei 12.000 Euro nel corso dell’operazione e che gli indagati – tra i quali il P. -erano pronti a ricevere il carico a Roma, quando il corriere veniva arrestato in transito in Olanda.

E’ principio più volte affermato da questa Suprema Corte e che questo Collegio condivide che, ai fini della consumazione del delitto di acquisto e cessione di sostanza stupefacente è sufficiente che si sia formato il consenso delle parti contraenti sulla quantità e qualità della sostanza e sul prezzo della stessa (tra le tante, Sez. 4, n. 38222 del 19/05/2009, dep. 30/09/2009, Casali, Rv. 245293).

Quanto al capo 5 bis), il Tribunale ha indicato elementi di notevole spessore indiziario circa il coinvolgimento del P. anche nel secondo episodio criminoso. In particolare, il Tribunale ha evidenziato la presenza del P. il 24 gennaio 2010 a Roma in compagnia degli altri protagonisti della illecita operazione ( P. e C.), in occasione dell’incontro tra questi e l’ufficiale dei carabinieri V.. Che la presenza del gruppo fosse finalizzata all’organizzazione dell’importazione viene desunto dal Tribunale da alcune intercettazioni dalle quali era emerso che il P. stava discutendo quel giorno dei dettagli dell’operazione (v. intercettazione F.- B.) e che il V. e P. C. dovevano ricevere a Roma il denaro per pagare colui che doveva garantire la copertura dell’operazione di importazione (v. intercettazione V.- P.).

Di rilievo è la circostanza riportata dall’ordinanza cautelare della presenza concertata del gruppo (in particolare, C., S. F. e P.) a Roma per l’arrivo dello stupefacente previsto per il (OMISSIS), poi rinviato – come comunicato dal P. che era in Venezuela – per la presenza di una commissione di controllo. S.F., nel discutere di cosa fare sulla questione dello stupefacente con C., chiede cosa deve fare dei "ragazzi " ( P. e P.S.) venuti a posta a Roma per attendere il carico illecito. La stessa presenza concordata a Roma dei protagonisti dell’operazione ( P., rientrato in Italia, S.F., C. e P.) per l’arrivo del carico veniva monitorata il 12 marzo 2009. In quell’occasione, P. comunica che era in attesa del carico, usando il gergo in uso al gruppo. Avuta notizia del mancato arrivo del tanto atteso carico, il P. inviava a M.F. – persona interessata allo stupefacente in arrivo – un messaggio dicendogli, dispiaciuto, che era andato "tutto come l’altra volta".

La presenza del P. il (OMISSIS) nello stesso hotel prenotato dal gruppo per il corriere e la sua dipartita proprio in congiunzione con la notizia del fallimento dell’operazione (dovuta all’arresto del corriere) rappresentano ulteriori circostanze di notevole consistenza indiziaria convergenti nella dimostrazione della partecipazione del P. alla materiale presa in carico dello stupefacente trasportato dal corriere.

Quanto al mancato esame della deduzione difensiva concernente la telefonata intercorsa tra S.F. ed il P., va ribadito che il giudice non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, nel qual caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Nel caso in esame, la deduzione difensiva, neppure sostenuta da una argomentazione specifica circa la rilevanza, non veniva di per sè a scardinare l’impianto indiziario, posto che lo S., una volta avuta contezza della presenza di M.S. ("è venuto coso") all’incontro che il P. ed il P. dovevano avere a Roma con M.F., suggerisce al P. di non fare parola in tale contesto dell’arrivo del carico (che il gruppo stavo freneticamente pianificando), che sarebbe stato lui poi a comunicare la notizia in altro momento ("glielo dico io poi…"). E’ evidente la preoccupazione dello Sfrangio di tenere riservata in quel contesto l’ennesima notizia dell’arrivo del carico, onde evitare di far perdere di credibilità al gruppo a causa dei continui rinvii dell’operazione dì importazione.

Relativamente alla provvisoria contestazione di partecipazione all’associazione di cui al capo 1), il Tribunale ha rilevato che gli atti di indagine aveva rivelato un’articolata organizzazione dedita al narcotraffico, risalendo alle fase più remote del ciclo (l’importazione dal Sudamerica e la coltivazione di stupefacenti in (OMISSIS)) e monitorando le cessioni di elevate quantità di droga, sino a coprire le fasi finali della vendita al dettaglio della droga raffinata e tagliata.

La dimostrazione dell’intraneità del P. – sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo – alla suddetta consorteria viene tratta dal Tribunale dalla collocazione di costui – come dimostrano i due episodi sopra indicati – nelle fasi operative "strategiche" del narcotraffico, la cui complessità implica un adeguato grado di organizzazione e cooperazione plurisoggettiva, quali la fase preliminare dei contatti con i narcotrafficanti dei Paesi produttori, quelle susseguenti dirette a consentire la materiale importazione della droga e la presa in carico dell’importante carico, una volta giunto in Italia, per poi trasportarlo in Calabria, dove smistarlo secondo gli accordi già presi.

Va qui ribadito il principio che la partecipazione al sodalizio criminoso può essere desunta anche dalla commissione di singoli episodi criminosi, purchè siffatte condotte, per le loro connotazioni, siano in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune esperienza, un "ruolo specifico" della persona, funzionale all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale, e le stesse siano espressione non occasionale della adesione al sodalizio criminoso e alle sue sorti, con l’immanente coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo illecito sviluppo (Sez. 6, n. 44102 del 21/10/2008, dep. 26/11/2008, Cannizzo, Rv. 242397).

Tanto basta per rendere l’ordinanza impugnata incensurabile in questa sede, non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione del materiale indiziario compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile.

4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1,000. La cancelleria provvedere agli adempimenti previsti dall’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti previsti dall’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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