Cass. civ. Sez. VI, Sent., 06-12-2011, n. 26273 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con decreto del 9 dicembre 2009, la Corte d’Appello di Napoli ha dichiarato improponibile la domanda di equa riparazione proposta da B.N. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, verificatasi in un giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, promosso dall’istante nei confronti dell’Azienda Sanitaria Locale Napoli (OMISSIS).

A fondamento della decisione, la Corte ha richiamato il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, rilevando che nel giudizio presupposto il ricorrente non aveva presentato l’istanza di cui al R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, avendo proposto soltanto l’istanza di fissazione dell’udienza e non avendo interesse alla decisione, in considerazione dell’inammissibilità della domanda proposta.

2. – Avverso il predetto decreto l’istante propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, della L. 24 marzo 2001, n. 89 e dell’art. 6, par. 1. della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, sostenendo che l’art. 54, comma 2, cit. non è applicabile alle domande di equa riparazione relative a giudizi amministrativi in corso alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, soprattutto se alla predetta data fosse stata già fissata o tenuta l’udienza di discussione.

1.1. – Il motivo è fondato.

Come si evince dal decreto impugnato, il giudizio presupposto ha avuto inizio con ricorso depositato il 10 ottobre 2000, e quindi anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, il quale ha disposto che la domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione non è stata presentata un’istanza ai sensi del R.D. n. 642 del 1907, art. 51, comma 2.

Trova pertanto applicazione il principio enunciato da questa Corte, che si condivide e si intende ribadire anche in questa sede, secondo cui l’innovazione introdotta dalla predetta disposizione è inapplicabile ratione temporis ai procedimenti di equa riparazione aventi ad oggetto giudizi amministrativi introdotti prima dell’entrata in vigore della predetta disposizione. In difetto di una disciplina transitoria e di esplicite previsioni contrarie, va infatti data continuità all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il principio dell’immediata applicabilità della legge processuale concerne soltanto gli atti processuali successivi all’entrata in vigore della legge stessa, come ha affermato anche la Corte costituzionale (cfr. sent. n. 155 del 1990), e non incide su quelli anteriormente compiuti, i cui effetti, conformemente al principio tempus regit actum, restano regolati dalla legge sotto il cui imperio sono stati posti in essere (cfr. Cass., Sez. 1, 4 gennaio 2011, n. 115; 28 novembre 2008, n. 28428).

2. – Resta conseguentemente assorbito il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6, par. 1. della CEDU, nonchè l’incongrua motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, sostenendo che la mancata presentazione dell’istanza di prelievo non esclude la configurabilità della lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, ma può costituire elemento di valutazione soltanto ai fini della liquidazione dell’indennizzo.

3. – L’accoglimento del primo motivo, comportando la caducazione del decreto impugnato, anche nella parte concernente il regolamento delle spese processuali, rende superfluo anche l’esame del terzo e del quarto motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 92 e 96 c.p.c. e dell’art. 6, par. 1, della CEDU, nonchè l’omessa, insufficiente, contraddittoria o incongrua motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, censurando il decreto impugnato nella parte in cui lo ha condannato al pagamento delle spese, anzichè disporne la compensazione, in contrasto con il principio di gratuità del giudizio affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

4. – Il decreto impugnato va pertanto cassato, e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.c., comma 2, con il riconoscimento in favore del ricorrente di un indennizzo complessivamente pari ad Euro 3.330,00, oltre interessi legali con decorrenza dalla domanda.

Premesso infatti che il giudizio presupposto si è concluso in primo grado con sentenza del 14 novembre 2007, e ritenuto che il periodo di tempo ragionevolmente necessario per la sua definizione può essere stimato in tre anni, sulla base dei parametri cronologici elaborati dalla Corte EDU in riferimento alla fase di primo grado per giudizi di ordinaria complessità, il ritardo addebitabile a disfunzioni dell’organizzazione giudiziaria deve essere determinato in quattro anni ed un mese; il danno non patrimoniale dev’essere quindi liquidato, conformemente ai criteri enunciati dai Giudici di Strasburgo, per i primi tre anni nella misura unitaria di Euro 750,00 e per gli anni successivi in quella di Euro 1.000,00, avuto riguardo al progressivo aggravamento del patema d’animo causato dal protrarsi dell’incertezza in ordine all’esito della vicenda processuale.

4. – Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo, con attribuzione al procuratore dichiaratosi anticipatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e. decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di B.N. della somma di Euro 3.330,00, oltre interessi legali dalla domanda, nonchè al pagamento delle spese processuali, che si liquidano per il giudizio di merito in complessivi Euro 861,00, ivi compresi Euro 450,00 per onorario. Euro 311,00 per diritti ed Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, e per il giudizio di legittimità in complessivi Euro 550,00, ivi compresi Euro 500,00 per onorario ed Euro 50,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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