Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-06-2011) 18-07-2011, n. 28445 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza in data 7-1-2011 annullava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di C.G. dal Gip del tribunale di quella città il 19-12-2010, con la contestazione provvisoria di usura e tentata estorsione continuata, aggravate dall’utilizzo del metodo mafioso, commesse a far tempo dal 2008, in danno di R. V., imprenditore del luogo, che svolgeva l’attività di riparazione di carrelli elevatori.

Il tribunale, riportando la motivazione alla base di analogo provvedimento relativo alle posizioni B.R. e B. G., indagati per gli stessi reati, riteneva, in sostanza, che gli elementi indiziari alla base della misura, e cioè le dichiarazioni della p.o. e dei familiari, pur plausibili, non fossero sufficientemente corroborate, da un lato, dalla documentazione, che qualificava neutrale, attestante rapporti economici fra le parti – sequestrata in 12.11.2010 in esito a perquisizione nell’abitazione di Cu.Ge., figlio dell’indagato-, dall’altro dalla registrazione di conversazioni eseguita dallo stesso R., nonchè dalle intercettazioni ambientali, il cui contenuto non appariva del tutto corrispondente alla versione della p.o.. Inoltre era ritenuta non convincente la vicenda relativa all’acquisto di carrelli elevatori (inerente peraltro non ai C., ma ad altri indagati, B.R. e G.), in quanto non omogenea al tipo di rapporti intercorrenti fra le parti, mentre la conoscenza da parte di R. dei legami dei C. con la criminalità organizzata, era a tal punto profonda da destare il sospetto che egli non avesse detto tutto e che, in conclusione, i rapporti fossero più articolati di quanto aveva riferito.

Il tribunale censurava pure il modus procedendi della procura che, avendo preferito sottoporre l’indagato a fermo, poi non convalidato dal Gip, aveva omesso la verifica presso gli istituti bancari delle informazioni fornite da R. circa le modalità degli asseriti prestiti usurari.

Ricorre avverso l’ordinanza di annullamento della misura, il PM della DDA di Napoli deducendo vizio di motivazione, nonchè violazione degli artt. 384, 273, 309 e 192 c.p.p..

Il PM censura l’omessa, illogica e contraddittoria motivazione in ordine all’inattendibilità della p.o. (basata tra l’altro sulla considerazione che la vittima di usura potrebbe, per la natura stessa del reato, avere interesse a riferire circostanze non vere), senza tener conto del complessivo quadro probatorio a carico dell’indagato, e in particolare delle ragioni dell’attendibilità intrinseca ed estrinseca di R. e dei riscontri alla sua versione.

Al riguardo si evidenzia il carattere preciso e ricco di dettagli – relativi a date, persone, luoghi, tassi d’interesse-, delle sue dichiarazioni, sempre costanti e mai in contraddizione, e si sottolinea come l’iniziativa della denuncia non fosse partita da lui, essendo stato individuato come possibile vittima di usura, a seguito del ritrovamento, in occasione della perquisizione di cui sopra, di una matrice di assegno sulla quale erano indicati il suo nome, la data del 10-8-2009 e l’importo di Euro 2000,00.

Perquisizione che aveva evidenziato la presenza, tra l’altro, di due carnet di assegni relativi a due diversi conti correnti, con indicazione sulle matrici di nominativi, date ed importi.

L’approfondita conoscenza da parte di R. dei legami degli indagati con la criminalità organizzata, era poi definita tutt’altro che sospetta, apparendo anzi in linea con il contesto in cui la p.o. è inserita, ed evidenziando la forte pressione esercitata su di lui, che, dopo l’inizio delle indagini, era stato addirittura aggredito, per circostanze riconducibili ai prestiti.

Secondo il PM ricorrente, il tribunale ha sottovalutato la valenza dei riscontri, rappresentati da un lato dalle dichiarazioni dei familiari di R., dall’altro dai colloqui di questi con gli usurai, da lui stesso registrati, e dalle intercettazioni disposte dal Gip, riscontrate dalle operazioni di osservazione dei carabinieri, da cui risulta un incontro, in data (OMISSIS), tra R. e i C. presso la lavanderia di costoro a (OMISSIS).

La richiesta è quindi di annullamento dell’ordinanza.

Il difensore di C.. Avv. Saverio Senese, ha depositato memoria in data 16 giugno 2011 con la quale resiste al ricorso del PM, chiedendo in primo luogo che lo stesso sia dichiarato inammissibile in quanto generico e comunque limitato alla prospettazione di una rilettura alternativa dei dati processuali. Riporta poi ampi stralci della memoria depositata al tribunale del riesame e da questo richiamata nell’ordinanza, nella quale indicava, a smentita della versione di R., gli elementi attestanti l’esistenza di rapporti commerciali di questi con i C., chiedendo il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

L’utilizzo da parte del tribunale del riesame della motivazione del provvedimento di annullamento relativo alle posizioni di B. R. e B.G., ha necessariamente relegato in secondo piano talune peculiarità proprie della vicenda relativa a C.G., atte a determinare una diversa conclusione circa il raggiungimento della soglia di gravita indiziaria.

Infatti non è stata valorizzata la possibile portata accusatoria della registrazione effettuata nel pomeriggio del 15-11-2010 dal R., il cui contenuto è stato testualmente riportato nel ricorso del PM, da cui risulta che la p.o., mentre attendeva l’arrivo di Cu.Ge., figlio e coindagato di G., in compagnia della moglie del primo, aveva detto alla donna, riferendosi alla visita dei carabinieri (determinata dall’esito della perquisizione a carico di Cu.Ge. che aveva portato al rinvenimento di una matrice di assegno sulla quale erano indicati il nome di R., la data del 10-8-2009 e l’importo di Euro 2000), che la moglie L. – S.M. – lo aveva messo in difficoltà chiedendogli spiegazioni ("ed io cosa gli dovevo dire? Io sto in mano a G. con l’interesse…questo e quell’altro?"), mentre egli, sembra di capire, intendeva nasconderle di essere oggetto di usura da parte dell’indagato (non sembrando altrimenti interpretabile l’espressione "io sto in mano a Gennaro con l’interesse", equivalente all’affermazione di essere vittima degli interessi usurari imposti da questi).

Ulteriori dati significativi in tal senso, trascurati nel provvedimento impugnato, si evincono da altre conversazioni registrate e dalle intercettazioni ambientali.

Ci si riferisce in particolare al fatto che Cu.Ge., figlio dell’indagato G., aveva istruito R. su come rispondere alle domande dei Carabinieri, suggerendogli di giustificare i legami tra loro con una pregressa relazione sentimentale tra lo stesso R. e C.A., sorella di Ge. e figlia di G., e gli assegni con l’esistenza di rapporti di lavoro.

Suggerimenti all’evidenza non necessari se le ragioni alla base dei loro rapporti fossero state davvero quelle.

Inoltre i C. padre e figlio, dopo la perquisizione nei confronti del secondo, avevano consegnato alla p.o., al fine di non farlo trovare dai carabinieri, un assegno da Euro 5000,00 emesso a favore di questi da un cliente (il che avvalora le modalità di esecuzione dei prestiti descritte da R., attuati mediante lo sconto, detratti interessi usurari, di assegni di suoi clienti), con l’intesa che R., scortato da Cu.Ge. (dettaglio che, compatibile con la versione dei fatti fornita dalla p.o., è altrimenti poco spiegabile), si sarebbe recato presso il traente per restituire il titolo e ottenere il corrispettivo in contanti (il che non era avvenuto in quanto R., approfittando del possesso del titolo, lo aveva riscosso, fingendo con C.G., il quale non aveva mancato di insospettirsi, che gli fosse stato sequestrato).

La captazione ambientale in parola, effettuata presso la lavanderia dei C., presente anche G., mostra altresì l’insistenza di questi per ottenere da R. il pagamento della somma di 16.000 Euro, accompagnata da larvate, ma non per questo meno chiare, minacce, cui si associa il figlio Ge. ("Io domani mi metto fuori casa di tuo suocero, sopra all’anima di…, sopra all’anima di mia madre, V. ma se io vengo a casa, le cose non finiscono così, io non voglio fare niente…Sentite io vi prego di darmi solo i miei soldi").

Nè è pertinente il riferimento alla vicenda, ritenuta dal tribunale poco convincente, dell’acquisto dei carrelli elevatori (che R. aveva ricostruito nel senso che i relativi suoi assegni erano stati posti all’incasso, e protestati, dopo che egli ne aveva corrisposto il controvalore in contanti, essendo stato costretto a consegnare ulteriori assegni a garanzia del credito, anch’essi posti all’incasso e sequestrati, mentre i B. avevano dichiarato che i carrelli erano stati pagati con assegni privi di copertura), essendo relativa non al rapporto con i C., ma a quello con i B..

Alla stregua di quanto sopra, e a fronte della valutazione di plausibilità e di affidabilità delle dichiarazioni della p.o. espressa nella stessa ordinanza impugnata (che tuttavia le ritiene prove di accusa non insuperabili, trascurando che la fase cautelare è caratterizzata dal criterio della probatio minor), è destinata a restare recessiva, in punto di giudizio di gravità indiziaria, la valenza asseritamente neutrale della documentazione rinvenuta presso Cu.Ge., così come la ritenuta non piena corrispondenza alla ricostruzione di R. degli esiti delle registrazioni e delle intercettazioni, sia perchè alla p.o. non possono attribuirsi il ruolo e le capacità di agente provocatore, sia perchè non va neppure sottovalutata la comprensibile prudenza dei suoi interlocutori dopo che uno di loro era stato sottoposto a perquisizione.

D’altro canto la conoscenza da parte di R. dei legami dei C. con la criminalità organizzata, ritenuta a tal punto profonda da giustificare il sospetto che egli non avesse detto tutto e che, in conclusione, i rapporti fossero più articolati di quanto riferito, può essere spiegabile anche con i rapporti di vecchia data della p.o. con la famiglia C., dovuti anche alla relazione sentimentale già intrattenuta con C.A..

Senza contare, ad ulteriore avallo dell’attendibilità di R., che non è stato lui a denunciare di essere vittima di usura, essendo le sue dichiarazioni accusatorie frutto di autonoma attività investigativa.

Quanto sopra giustifica l’annullamento dell’ordinanza gravata con rinvio per nuovo esame al giudice a quo.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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