Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21-07-2011, n. 4417 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo dell’Umbria, rubricato al n. 305/2004, il sig. A. A. impugnava:

– la determinazione dirigenziale della Regione Umbria n. 2647 in data 2 aprile 2004, notificata in data 20 aprile 2004, con cui era stata negata la classificazione come "residenza d’epoca" al complesso immobiliare denominato "Le Logge di Silvignano", di sua proprietà, ed era stato confermato il diniego del contributo previsto nell’ambito del DOCUP obiettivo 2 2000/2006 misura 2.1.. azione 2.1.4. di cui alla graduatoria approvata con determina dirigenziale della Regione Umbria n. 328 del 22 gennaio 2003;

– il verbale n. 3/2004 in data 19 marzo 2004 con il quale la Commissione regionale, istituita presso la Regione dell’Umbria per la classificazione ai fini dell’esercizio di attività turistico recettiva in residenza d’epoca (ex art. 2 della l.r. Umbria 4 aprile 1990, n. 13), aveva espresso parere negativo al riconoscimento del possesso requisiti per la classificazione come "residenza d’epoca" del suddetto complesso immobiliare;

– la deliberazione della Giunta regionale dell’Umbria n. 282 in data 12 marzo 2003, con cui era stata costituita la Commissione regionale dell’Umbria per la classificazione ai fini dell’esercizio di attività turistico recettiva in residenza d’epoca (ai sensi dell’art. 2 della l.r. n. 13 del 1990);

– il decreto del Presidente della Giunta regionale n. 99 in data 9 aprile 2003 con il quale sono stati designati i componenti della predetta commissione regionale;

– ogni altro atto presupposto, conseguente o, comunque, connesso, compresi per quanto occorrer possa:

a) la nota della Regione Umbria prot. n. 43855 in data 19 marzo 2004;

b) la nota della Regione Umbria prot. n. 59827 in data 19 marzo 2004;

c) la determinazione dirigenziale n. 328 in data 22 gennaio 2003, con la quale la Regione dell’Umbria ha approvato le graduatorie delle istanze ammissibili e non ammissibili a contributo previsto nell’ambito del DOCUP obiettivo 2 2000/2006 misura 2.1.. azione 2.1.4., nella parte in cui non è stata ammessa a contributo la domanda del sig. A. A..

Il ricorrente sosteneva, in sintesi, che:

– l’Amministrazione ha errato nel ritenere non classificabile come residenza d’epoca il complesso in questione, di fatto violando anche il precetto sostanziale contenuto nella suddetta sentenza, passata in giudicato;

– il diniego non è sufficientemente motivato in quanto supinamente adeguato al verbale della Commissione regionale per la valutazione delle residenze d’epoca (n. 3/2004) ed in più è sostanzialmente meramente ripetitivo di quello annullato.

– la predetta Commissione regionale è irregolarmente costituita.

Egli chiedeva quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.

Con la sentenza in epigrafe, n. 66 in data 3 marzo 2005, il Tribunale amministrativo dell’Umbria respingeva il ricorso.

2. Avverso la predetta sentenza l’A. ha proposto ricorso in appello (n. 1768/08), contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto, lamentando l’omessa disamina della terza argomentazione dedotta e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio la Regione Umbria, chiedendo il rigetto dell’appello.

Quest’ultimo è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 24 giugno 2011.

3. Il ricorso, ritiene il Collegio, è infondato.

3a. L’Amministrazione regionale, con l’atto in questione, non ha superato i vincoli derivanti dal giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale amministrativo dell’Umbria n. 52 del 6 febbraio 2004.

Non può essere condiviso l’assunto dell’appellante secondo la quale la pronuncia citata avrebbe accertato la conformità della struttura ai requisiti dell’art. 1 della legge regionale dell’Umbria 4 aprile 1990, n. 13, e l’illogicità della valutazione negativa espressa dall’Amministrazione.

La sentenza si limita infatti a rilevare il difetto di motivazione del provvedimento impugnato in quella sede.

La sentenza, infatti, aveva annullato il provvedimento impugnato ritenendo che il giudizio negativo della Commissione, fatto proprio dal dirigente, non era adeguatamente sostenuto dall’affermata "assenza di una sostanziale omogeneità e la frammentazione in varie unità abitative", osservando come tali criteri non sono previsti dalla legge regionale da applicare.

Il giudicato comporta quindi la possibilità dell’adozione di un nuovo atto, che sia adeguatamente motivato e sulla base di parametri diversi da quelli censurati dal giudice.

In altri termini, il contenuto del nuovo atto non è imposto dalla sentenza, se non nella parte in cui vieta la riproposizione dei criteri di giudizio censurati.

L’Amministrazione si è attenuta al comando del giudice, avendo impostato la valutazione della richiesta dell’odierno appellante secondo criteri del tutto nuovi ed autonomi dai precedenti.

L’argomentazione deve pertanto essere disattesa.

3b. Nemmeno può essere condivisa la doglianza relativa all’erroneità del giudizio.

La norma regionale appena richiamata (art. 1 l.r. Umbria 4 aprile 1990, n. 13 – Accoglienza turistica – ricettiva nelle residenze d’epoca) attribuisce un’ampia sfera di discrezionalità agli organi incaricati dell’attribuzione della qualifica di residenza d’epoca a strutture turistico ricettive, la quale poi costituisce il presupposto per la concessione di contributi per la ristrutturazione delle medesime strutture.

La norma infatti, al comma 2, dispone che la detta particolare qualificazione spetta ai "complessi immobiliari che per strutture di particolare pregio storicoarchitettonico, per la dotazione di mobili e arredi d’epoca o di particolare livello artistico e per l’inserimento in contesti ambientali di particolare valore naturale e paesaggistico, sono idonee ad una accoglienza altamente qualificata".

Il comma 3 precisa poi che "i castelli, le ville e gli altri complessi immobiliari in possesso dei requisiti di cui al comma precedente da destinare in tutto o in parte alla ricettività turistica devono essere complessi monumentali in ottimo stato di conservazione, che non abbiano subito interventi lesivi della loro destinazione e i cui interventi di restauro, consolidamento e conservazione non ne abbiano alterato, sia all’esterno che all’interno, l’originaria fisionomia architettonica e strutturale, ferme restando, per i beni soggetti al vincolo monumentale, le prescrizioni dei competenti organi statali".

In altri termini, la norma consente di dichiarare residenze d’epoca non tutte le strutture di pregio stoirco, ma solo quelle che si distaccano dal pur elevato standard medio e presentano i requisiti indicati.

Alla luce di tale premessa, appare logico e coerente con le finalità della legge regionale che la Regione segua criteri di particolare ricore nel riconoscimento della qualifica di residenza d’epoca (è stato affermato che solo sedici strutture hanno ottenuto la classificazione e solo due nell’ambito del procedimento di cui qui si tratta), per cui è coerente che questo sia negato nel caso in cui la struttura, pur pregevole, presenti manchevolezze.

La presente controversia rientra nell’ambito di applicazione del principio appena affermato.

Come rilevato dalla difesa della Regione, l’odierno appellante ha partecipato a un precedente bando per la concessione di contributi per la ristrutturazione di residenze d’epoca, senza ottenere il riconoscimento.

Il provvedimento negativo non è stato impugnato e gli edifici ivi considerati non consentono l’acquisizione di contributi in quanto nel frattempo autonomamente ristrutturati.

Il giudizio degli organi regionali ha quindi riguardato gli edifici restanti, gli unici ammissibili al contributo, nel quadro del loro inserimento nell’intero complesso.

I giudizi formulati dalla commissione istruttoria, e fatti propri dal provvedimento impugnato, di per sé espressione di discrezionalità tecnica, non risultano manifestamente illogici.

La Regione, non smentita sul punto, rileva che il giudizio pur positivo (sebbene con qualche rilievo negativo circa l’inadeguatezza di alcuni spazi comuni) sulla struttura nel suo complesso non contrasta con quello relativo agli edifici, per i quali viene richiesto il contributo per la ristrutturazione, perché si tratta di edifici fortemente degradati, privi di qualità tipologica ed architettonica, addirittura con una porzione costruita in blocchi di cemento alla fine degli anni "60.

Vale la considerazione centrale che l’inserimento di un manufatto di privo del necessario pregio esclude di suo l’illogicità del giudizio, posto che questo deve accertare, è bene ribadirlo, la particolare qualità della residenza.

L’appellante si duole poi del giudizio circa la mancanza di qualità di un edificio, piano superiore di una chiesetta del 1200, ma la relativa scelta rientra nell’ambito tecnicovalutativo dell’Amministrazione.

E’ vero che l’immobile è espressamente considerato nella relazione storico artistica per l’imposizione sull’intero complesso del vincolo di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ma lo è solo in relazione alla scala, definita "deliziosa", mentre – agli speciali fini turisticoricettivi che qui interessano, che non necessariamente coincidono con i meri accertamenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale – non viene considerato rilevante l’edificio nella sua interezza.

L’operato della commissione, recepito dal dirigente, sfugge quindi alle censure di illogicità è difetto di motivazione.

Ritiene, in conclusione, il Collegio che l’Amministrazione ha adeguatamente giustificato il proprio giudizio negativo con l’individuazione di elementi che impongono di escludere l’eccezionale pregio della struttura.

La sua valutazione non può essere superata sulla base di quella dell’appellante.

3c. L’appellante sostiene infine l’irregolare composizione della Commissione istruttoria, in quanto per alcuni membri sarebbe stato violato il divieto di reincarico di cui all’art. 4 l.r. Umbria 21 marzo 1995, n. 11, e due sarebbero incorsi nella causa di incompatibilità di cui all’art. 3 della stessa legge regionale.

La censura è infondata in quanto la legge regionale dell’Umbria 21 marzo 1995, n. 11 "disciplina le nomine e designazioni di competenza della Regione in enti e aziende dipendenti, società a partecipazione regionale, nonché in altri organismi pubblici e privati, esterni alla Regione" (art. 1) e non è quindi applicabile per la composizione di uffici interni alla Regione.

4. In conclusione, l’appello deve essere respinto.

In considerazione della scarsità di precedenti giurisprudenziali le spese devono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 1768/06, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente spese ed onorari fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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