T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 21-07-2011, n. 414 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente (imprenditore nel settore della ristorazione e già proprietario degli immobili, denominati S.M. e P.M., adibiti all’attività di ristorazione) in data 30.3.1998 aveva chiesto al Comune di Melfi il rilascio della concessione edilizia, per costruire sui terreni foglio di mappa n. 84, particelle nn. 769, 770 e 789, siti in Via G. D’Annunzio (Zona BS5 del PRG), un fabbricato da adibire ad albergoristorante con sala ricevimenti e convegni. Egli, conseguiva il rilascio del nullaosta dalle Autorità amministrative preposte alla tutela del vincolo ambientale -autorizzazione prot. n. 6641 del 3.11.1998 da parte del Regione Basilicata e autorizzazione prot. n. 19224 del 30.12.1998 da parte della Sopraintendenza per i Beni Ambientali di Potenza- (al riguardo va evidenziato che tutti i suddetti terreni erano e sono sottoposti a vincolo paesaggisticoambientale in forza del D.M. 3.9.1967, pubblicato nella G.U. del 30.9.1967) e previo parere favorevole della Commissione Edilizia (emesso nella seduta del 24.11.1998), in data 11.8.1999 otteneva il rilascio della predetta concessione edilizia.

Dopo aver ultimato la costruzione del ristorante con sala ricevimenti e convegni, in data 9.10.2008 il M.A. chiedeva al Comune il rilascio del permesso, per costruire sui predetti terreni foglio di mappa n. 84, particelle nn. 770 e 789 anche l’albergo, la cui realizzazione era già stata prevista nella citata domanda di concessione edilizia, presentata il 30.3.1998.

In data 12.12.2008 il Comune di Melfi rilasciava il relativo permesso di costruire.

I lavori di costruzione dell’albergo iniziavano in data 20.4.2009.

Con istanza del 30.6.2009 il M.A. chiedeva che il predetto permesso di costruire del 12.12.2008 fosse volturato in favore della società M.R. S.r.l.: tale istanza veniva accolta con atto del Comune prot. n. 19836 del 3.7.2009.

Con nota Responsabile Area Territorio ed Ambiente Comune di Melfi del 13.8.2009 (notificata al M.A. nella stessa data) veniva comunicato che era pervenuta al Comune "segnalazione che pone dubbi sul posizionamento del fabbricato", per cui veniva chiesto all’interessato di far pervenire entro 20 giorni "esauriente documentazione grafica e fotografica, corredata da una relazione grafica e fotografica che descriva il posizionamento dell’immobile, come previsto dal progetto", presentato il 30.3.1998, per il quale era stata poi rilasciata in data 11.8.1999 la concessione edilizia (con tale nota veniva pure precisato che il Comune resistente si riservava "di procedere alle successive verifiche per gli accertamenti di competenza").

Con provvedimento del 13.8.2009 (notificato alla società M. ricevimenti il 17.8.2009) il Responsabile dell’Area Territorio ed Ambiente del Comune di Melfi ai sensi dell’art. 27 comma 3, DPR n. 380/2001 intimava alla detta società l’immediata sospensione dei lavori, eseguiti in seguito al rilascio del permesso di costruire dell’12.12.2008, in quanto:

1) al momento dell’inizio de lavori, avvenuto il 20.4.2009, era stata indicata come impresa esecutrice la ditta individuale Signorelli Sandro, mentre successivamente tali lavori erano stati eseguiti dall’impresa O.T. S.r.l., con riferimento alla quale non era stata depositata la relativa certificazione di regolarità contributiva, prescritta dal D.Lg.vo n. 81/2008 ed, inoltre, mancavano "gli atti che documentavano lo stato dei luoghi, per autorizzare il subentro della nuova ditta nel cantiere";

2) il progetto esecutivo, munito dei calcoli statici e dell’attestazione di conformità alla normativa antisismica, era stato depositato presso l’Ufficio Difesa del Suolo di Melfi da persone diverse dal titolare del permesso di costruire.

Con verbale di accertamenti urgenti sullo stato dei luoghi e delle cose in cantiere, ex art. 354 C.P.P., del 14.8.2009, veniva nuovamente impartito l’ordine di sospensione dei lavori, eseguiti in forza del permesso di costruire dell’12.12.2008, in quanto veniva rilevati i seguenti abusi edilizi:

1) la presenza di un muro in blocchetti di cemento con altezza media di 2 m., che delimitava la strada di accesso a terreni di cui è causa e che aveva uno sviluppo longitudinale di 28,50 m., di cui 19,60 m. su Via D’Annunzio;

2) la realizzazione di una rampa, utilizzata per l’accesso al parcheggio dell’albergoristorante in esame e ad un’altra area descritta nel seguente n. 3), lunga 51,50 m. ed avente una larghezza minima di 5,10 m. e massima di 9,10 m.;

3) la realizzazione di una superficie di terreno, sopraelevata rispetto al naturale piano di campagna per un’altezza variabile da 0,00 m. a 8,00 m., che si sviluppa per 38 m.;

4) la realizzazione di una ulteriore superficie di terreno, sopraelevata rispetto al naturale piano di campagna, adiacente al parcheggio della Zona di PRG BS5;

5) la realizzazione di una pavimentazione e di una sistemazione esterna, diversa da quella autorizzata con il permesso di costruire rilasciato il 12.12.2008.

Con provvedimento del 9.10.2009 (notificato al M.A. nella stessa data) il Comune di Melfi ai sensi dell’art. 27 comma 3, DPR n. 380/2001 disponeva la reiterazione dell’ordine di sospensione dei lavori in quanto:

1) la società ricorrente ed il suo Direttore dei Lavori avevano rappresentato "l’impossibilità di ottenere una graficizzazione univoca dello stato dei luoghi in raffronto con gli stralci catastale e di PRG";

2) risultava, pertanto, necessario "ottenere l’ausilio di un tecnico, che, munito di adeguata strumentazione, fornisca le necessarie elaborazioni": tecnico al quale doveva essere consentito l’accesso ai luoghi per eseguire le opportune operazioni di campagna ed in favore del quale il Direttore dei lavori dei ricorrenti doveva fornire "la collaborazione ed il necessario supporto tecnicocartaceo e/o elettronico per lo svolgimento del compito".

I predetti provvedimenti di sospensione dei lavori del 13.8.2009 e del 9.10.2009, unitamente al detto verbale di accertamento ed alla citata nota Responsabile Area Territorio ed Ambiente Comune di Melfi del 13.8.2009, sono stati impugnati con il presente ricorso principale (notificato il 13.11.2009), deducendo la violazione dell’art. 27, comma 3, DPR n. 380/201 sotto quattro diversi profili, degli artt. 1, 3, 7, 8, 9, 10, 11, 21 quater, comma 2, e 21 nonies L. n. 241/1990, del principio di tipicità degli atti amministrativi, l’eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di motivazione, illogicità, perplessità, carente istruttoria, sviamento, contrasto coi precedenti, disapplicazione di atti amministrativi validi ed efficaci e omessa ponderazione e comparazione degli interessi coinvolti (con tale ricorso è stata proposta anche la domanda di risarcimento dei danni, causati ai ricorrenti dall’illegittima adozione dei provvedimenti impugnati, per i quali è stato chiesto a questo Tribunale che venisse disposta la nomina di un CTU per la loro quantificazione).

Si è costituito in giudizio il Comune di Melfi, il quale ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.

Successivamente con verbale di sopraluogo del 19.11.2009 la Polizia Municipale del Comune di Melfi riscontrava sui terreni foglio di mappa n. 84, particella n. 768 (con riferimento a tale particella questo TAR con Sentenza n. 1040 del 20.12.2005, passata in giudicato, ha già statuito l’illegittimità della modifica del profilo del terreno, realizzata dal ricorrente M.A. mediante l’accumulo di 15.000 mc. di materiali inerti) e parte della particella n. 1211, i seguenti abusi edilizi:

1) nella parte di tali terreni, ricadenti nella Zona VU11 di PRG, erano stati eseguiti in assenza di permesso di costruire:

a) la "modifica del profilo naturale del terreno mediante un sistema di scavo e riporto, quantificati rispettivamente in circa 387 mc. e 22.193 mc.";

b) la "realizzazione di una struttura, denominata "terre armate", della lunghezza di m. 56,50 e di un’altezza di m. 8,00";

c) la "realizzazione di un cavidotto per illuminazione esterna, completo di tre pozzetti d derivazione";

d) la "realizzazione di un muro di blocchetti di cemento mediamente alto m. 2,00 della lunghezza totale di m. 28,50";

2) nella parte di tali terreni, ricadenti nella Zona BS5 di PRG, era stato eseguito in parziale difformità dai permessi di costruire rilasciati in data 11.8.1999 ed in data 12.12.2008, il posizionamento dell’immobile, oggetto della controversia in esame: esso era "sconfinato nelle limitrofe Zone BI25 e BS17 per circa 103 mq. ed a distanza inferiore dai prescritti 5 m. dalla viabilità per 35 mq.".

Con Ordinanza dell’11.12.2009 (notificata al ricorrente M.A. nella stessa data) il Responsabile dell’Area Territorio ed Ambiente del Comune di Melfi ordinava di "ripristinare a proprie spese, entro e non oltre 90 giorni dalla notifica della presente Ordinanza", i sopra descritti abusi edilizi, indicati nel citato verbale di sopraluogo Polizia Municipale del 19.11.2009, con l’espresso avvertimento che, in caso di mancato ripristino dello stato dei luoghi, si sarebbe proceduto "all’acquisizione gratuita di diritto a favore del patrimonio del Comune dell’opera e dell’area secondo le disposizioni di cui al comma 3 dell’art. 31 del DPR n. 380/2001", fermo restando che si sarebbe proceduto "al ripristino a spese del responsabile dell’abuso".

Quest’ultima Ordinanza dell’11.12.2009 è stata impugnata con atto di motivi aggiunti (notificato il 5.2.2010), deducendo la violazione degli artt. 31, 32 e 36 DPR n. 380/2001, dell’art. 3 L.R. n. 28/1991 e l’eccesso di potere per erroneità del presupposto (a tale atto di motivi aggiunti è stata allegata una perizia giurata, redatta dal Geom. Di Vito Michele il 22.1.2010, con la quale veniva evidenziato che il contestato sconfinamento era stato autorizzato con il rilascio del permesso di costruire del 12.12.2008, poiché tale sconfinamento era stato previsto negli elaborati progettuali, presentati il 9.10.2008 in scala 1:2000, i quali risultavano conformi alle tavole di PRG, anch’esse redatte in scala 1:2000. Con tale atto di motivi aggiunti è stata proposta anche la domanda di risarcimento dei danni causati ai ricorrenti dall’impugnata Ordinanza di demolizione, per i quali è stato chiesto a questo Tribunale che venisse disposta la nomina di un CTU per la loro quantificazione).

Con Ordinanza n. 72 del 24.2.2010 questo Tribunale sospendeva l’efficacia dell’Ordinanza dell’11.12.2009, soltanto relativamente all’ingiunzione della demolizione della parte dell’immobile, oggetto della controversia in esame, che era "sconfinata nelle limitrofe Zone BI25 e BS17 per circa 103 mq. ed a distanza inferiore dai prescritti 5 m. dalla viabilità per 35 mq.".

All’Udienza Pubblica del 9.6.2011 il ricorso passava in decisione.

Motivi della decisione

Il presente ricorso principale risulta fondato soltanto con riferimento al secondo motivo di impugnazione e pertanto va accolto per tale parte, attesocchè secondo un orientamento giurisprudenziale (cfr. TAR Catanzaro, Sez. II, n. 51 del 20.1.2009; TAR Friuli Venezia Giulia n. 623 del 23.8.2002), condiviso da questo Tribunale (cfr. TAR Basilicata, n. 9 del 19.1.2008), l’ordinanza di sospensione lavori ex art. 27, comma 3, DPR n. 380/2001 ha una funzione strettamente cautelare e strutturalmente preordinata all’adozione di provvedimenti definitivi di carattere sanzionatorio, per l’emanazione dei quali il Legislatore stabilisce il termine perentorio di 45 giorni: quindi il provvedimento di sospensione non può essere reiterato una seconda volta. Pertanto, nella specie, dopo l’adozione del primo ordine di sospensione, impartito con il provvedimento del Responsabile Area Territorio ed Ambiente Comune di Melfi in data 13.8.2009 e con il verbale di accertamento urgenti sullo stato dei luoghi e delle cose in cantiere ex art. 354 C.P.P. del 14.8.2009, il Comune resistente non poteva più reiterare la sospensione dei lavori, ma doveva emanare il provvedimento definitivo di carattere sanzionatorio entro il termine perentorio del 28.9.2009, per cui da tale data i ricorrenti potevano legittimamente proseguire nell’esecuzione dei lavori, assentiti con il permesso di costruire del 12.12.2008.

Conseguentemente, va annullato il secondo provvedimento di sospensione Responsabile Area Territorio ed Ambiente Comune di Melfi del 9.10.2009, facendo comunque salva l’ulteriore attività amministrativa del Comune resistente, il quale può sempre emanare, se ne ricorrono i presupposti, i relativi provvedimenti definitivi di carattere sanzionatorio.

Mentre gli altri motivi di impugnazione del ricorso principale si mostrano infondati.

Infatti, non era necessario indicare negli impugnati provvedimenti di sospensione il loro termine di efficacia, in quanto erano stati emanati ai sensi dell’art. 27, comma 3, DPR n. 380/2001 che ne statuisce l’efficacia massima di 45 giorni.

L’ordine di sospensione del 13.8.2009 ed il verbale di accertamento del 14.8.2009 vanno letti contestualmente, per cui deve tenersi conto soltanto degli abusi edilizi, indicati nel predetto verbale ex art. 354 C.P.P. del 14.8.2009, e non anche delle irregolarità, indicate nel precedente ordine di sospensione del 13.8.2009.

Pur prescindendo dalla circostanza che l’impugnata nota del 13.8.2009 svolge la funzione di comunicazione ex art. 7 L. n. 24171990 di avvio del procedimento, va rilevato che lo stesso provvedimento di sospensione dei lavori ex art. 27, comma 3, DPR n. 380/2001 può sostituire la comunicazione di avvio del procedimento, finalizzato all’emanazione dei provvedimenti sanzionatori edilizi (sul punto cfr. per es. TAR Lecce Sez. II Sent. n. 1264 del 14.2.2005) e, comunque, trattasi di un provvedimento di natura cautelare, per i quali lo stesso art. 7, comma 2, L. n. 24171990 prevede espressamente una deroga dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento.

Inoltre, va rilevato che il Comune di Melfi non ha violato il principio di tipicità degli atti amministrativi, in quanto ha applicato l’art. 27, comma 3, DPR n. 380/2001. Parimenti il Comune resistente non ha violato i principi in materia di autotutela, in quanto i provvedimenti di sospensione impugnati sono stati adottati con riferimento agli abusi edilizi, indicati nel verbale di accertamento del 14.8.2009.

Anche l’atto di motivi aggiunti risulta parzialmente fondato e pertanto va accolto in parte, per le ragioni di seguito indicate.

Innanzitutto, va evidenziato che, poiché i suddetti permessi di costruire dell’11.8.1999 e del 12.12.2008 sono stati rilasciati al ricorrente M.A., deve ritenersi che il medesimo ricorrente sia il responsabile degli abusi edilizi, riscontrati con il predetto verbale di sopraluogo Polizia Municipale del 19.11.2009.

Quindi, l’impugnata Ordinanza Comune di Melfi dell’11.12.2009 risulta illegittima laddove attesta che il posizionamento dell’immobile, oggetto della controversia in esame, era "sconfinato nelle limitrofe Zone BI25 e BS17", in parziale difformità dai permessi di costruire rilasciati in data 11.8.1999 ed in data 12.12.2008: in vero, come sostenuto e dimostrato dal Geom. Di Vito Michele nella perizia giurata del 22.1.2010, tale sconfinamento risultava dagli elaborati progettuali, presentati il 9.10.2008 in scala 1:2000 (i quali risultavano conformi alle tavole di PRG, anch’esse redatte in scala 1:2000), per cui deve ritenersi che con il rilascio del permesso di costruire del 12.12.2008 il Comune di Melfi abbia autorizzato il predetto sconfinamento. Anche se va sottolineato che tale permesso di costruire, rilasciato il 12.12.2008, attestava espressamente che gli interventi edilizi autorizzati dovevano essere eseguiti esclusivamente nella Zona BS5.

Comunque, non possono assumere alcun rilievo gli eventuali equivoci, derivanti dalla scala 1:2000, con la quale sono stati redatti sia gli elaborati progettuali, presentati il 9.10.2008, che le tavole di PRG, se riferiti alla violazione dell’art. 51, comma 5, delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente PRG, che per la Zona BS5 statuiva l’obbligo di rispettare la distanza minima di 5 m. dal ciglio stradale, attesocchè tale distanza va comunque rispettata a prescindere dalle grandezze degli elaborati grafici, anche perché il suo obbligatorio rispetto può facilmente essere accertato con qualunque tipo di misurazione. Al riguardo, va pure rilevato che l’art. 33 L. n. 47/1985 statuisce che sono insanabili -e perciò non condonabili- gli abusi commessi nella fascia di rispetto stradale, il cui vincolo è stato imposto prima dell’esecuzione delle opere edilizie (cfr. C.d.S. Sez. IV Sent. n. 6627 del 30.12.2008; C.d.S. Sez. IV Sent. n. 5716 del 18.10.2002; C.d.S. Sez. IV Sent. n. 3731 del 5.7.2000). Va, altresì, evidenziato che ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. b), L.R. n. 28/1991 costituisce variazione essenziale anche la modifica dell’ubicazione di un edificio, contenuta entro 5 m., quando vengono violati i limiti di distanza, fissati dallo strumento di pianificazione generale, come nella specie, dove è stata violata la distanza minima di 5 m. dal ciglio stradale, prescritta dall’art. 51, comma 5, delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente PRG.

Con riferimento agli abusi realizzati nella Zona VU11 di PRG, va rilevato che ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 146, comma 4,, 159, co 5, e 167, comma 4, lett. a), D.Lg.vo n. 42/2004 non più essere rilasciata l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria con riferimento le eventuali alterazioni, realizzate dai ricorrenti, ai terreni di cui è causa, i quali, come sopra evidenziato, sono sottoposti al vincolo paesaggistico in forza del D.M. 3.9.1967, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30.9.1967, in quanto tali interventi edilizi hanno determinato la creazione di superfici utili. Al riguardo va precisato che risulta irrilevante quanto statuito da questo TAR con le Sentenze n. 737 del 2.8.2005 e n. 1040 del 20.12.2005, secondo cui, nonostante dopo l’entrata in vigore dell’art. 146, comma 10, lett. c), D.Lg.vo n. 42/2004 non poteva essere più rilasciata l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, avrebbe potuto lo stesso essere chiesto all’Autorità preposta alla tutela del vincolo ambientale (in alternativa alla rimessione in pristino a spese del trasgressore) il pagamento della sanzione pecuniaria equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito, poiché all’epoca il vigente art. 167 D.Lg.vo n. 42/2004 non prevedeva, analogamente all’art. 181, comma 1ter, dello stesso D.Lg.vo n. 42/2004 (in materia di sanzioni penali), che la predetta sanzione pecuniaria potesse essere applicata soltanto agli abusi che non avessero determinato superfici utili o volumi in aumento o relativi all’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica o configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria.

A quanto sopra consegue l’accoglimento parziale sia del ricorso principale, e per l’effetto l’annullamento soltanto del secondo provvedimento di sospensione Responsabile Area Territorio ed Ambiente Comune di Melfi del 9.10.2009, sia dell’atto di motivi aggiunti, nella parte in cui è stato ritenuto illegittimo lo sconfinamento nelle Zone BI25 e BS17, tranne la parte di tale sconfinamento che dista a meno di 5 m. dal ciglio stradale.

Le domande risarcitorie, connesse al ricorso principale ed all’atto di motivi aggiunti, vanno respinte, in quanto i ricorrenti non hanno dimostrato di aver subito alcun danno, per cui in applicazione del generale principio dell’onere della prova, che trova piena applicazione nelle controversie relative alle domande risarcitorie, il soggetto, che deduce di aver subito un danno, ai fini del riconoscimento del risarcimento danni deve fornire la prova del danno subito sia in ordine all’an che al quantum. Inoltre, va precisato che alla totale carenza probatoria non può supplire la richiesta di consulenza tecnica di ufficio, la quale ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche non possedute, ma non è certo destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti dalla stessa dedotti e posti a base delle proprie richieste (cfr. da ultimo C.d.S. Sez. VI Sent. n. 5864 del 29.9.2009).

Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio, mentre le spese relative al Contributo Unificato vanno poste a carico del Comune di Melfi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata così decide:

1) accoglie in parte il ricorso principale in epigrafe e per l’effetto annulla soltanto il secondo provvedimento di sospensione Responsabile Area Territorio ed Ambiente Comune di Melfi del 9.10.2009;

2) accoglie l’atto di motivi aggiunti, soltanto nella parte in cui è stato ritenuto illegittimo lo sconfinamento nelle Zone BI25 e BS17, tranne la parte di tale sconfinamento che dista a meno di m. 5- dal ciglio stradale;

3) respinge entrambe le domande risarcitorie.

Spese compensate, tranne quelle relative al Contributo Unificato, che vanno poste a carico del Comune di Melfi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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