Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 18-07-2011, n . 28237 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 9 agosto 2007 il GIP del tribunale di Latina convalidò il decreto del PM che aveva disposto in via di urgenza il sequestro preventivo di due manufatti in relazione al reato di cui all’art. 323 cod. pen. ed a quello di lottizzazione abusiva.

Il tribunale del riesame di Latina, con ordinanza del 24 settembre 2007, escluse il fumus del reato di lottizzazione abusiva e mantenne il sequestro unicamente in relazione al reato di cui all’art. 323 cod. pen..

Le attuali ricorrenti vennero rinviate a giudizio con Decreto del GIP di Latina del 12.5.2010.

I.G. e P.S. proposero al tribunale collegiale di Latina nel corso del giudizio istanza di revoca del detto sequestro preventivo.

Il tribunale collegiale con ordinanza 24 settembre 2010 rigettò l’istanza.

Le indagate proposero appello al tribunale del riesame di Latina, che lo rigetto con l’ordinanza in data 28 ottobre 2010.

Avverso questa ordinanza I.G. e P.S. hanno proposto ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione di legge e dei principi in tema di giudicato cautelare.

Osservano che nella specie non vi era stato giudicato cautelare ma al massimo semplice preclusione. In ogni caso, sulla base dei principi enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 29952 del 2004 il tribunale del riesame, in sede di appello, avrebbe dovuto valutare la sussistenza delle condizioni di applicabilità della misura anche in assenza di fatti sopravvenuti.

2) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai principi della CEDU ed agli artt. 3, 24, 111 e 117 Cost.. Lamentano che erroneamente il tribunale del riesame ha dichiarato inammissibile e manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 322 bis cod. proc. pen.. Rilevano che questa disposizione, nella parte in cui, in tema di misure cautelari reali, riserva al tribunale in composizione collegiale la decisione sull’appello, senza tuttavia prevedere un collegio diversamente ubicato allorquando l’ordinanza impugnata promani dal tribunale in composizione collegiale sedente nello stesso ufficio giudiziario, contrasta con gli artt. 3, 24, 111 e 117 Cost. nonchè con le norme ed i principi della CEDU. 3) violazione di legge e vizio di motivazione anche in relazione al tema del ne bis in idem ed alla violazione dell’art. 19 cod, proc. pen.; manifesta illogicità della motivazione, contraddetta dalle risultanze cartolari; violazione e falsa applicazione dell’art. 323 cod. pen..

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Quanto al primo motivo, si osserva che il richiamo alla sentenza delle Sezioni Unite n. 29952 del 2004 (sul quale il motivo si fonda) è inconferente. Tale sentenza, infatti, si riferisce alla ipotesi della mancata tempestiva proposizione, da parte dell’interessato, della richiesta di riesame avverso un provvedimento applicativo di una misura cautelare reale, ed ha affermato che in tale ipotesi, la mancata proposizione della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non ne preclude la revoca per la mancanza delle condizioni di applicabilità, neanche in assenza di fatti sopravvenuti.

Nell’occasione, la Corte ha peraltro precisato che, in sede di istanza di revoca, non possono essere riproposti motivi già dedotti in sede di riesame e che, in assenza di un mutamento del quadro processuale di riferimento, è inammissibile la riproposizione di istanze fondate sui medesimi motivi rigettati con decisione definitiva (Sez. Un., 24.5.2004, n. 29952, Romagnoli, m. 2281 17).

Nel caso di specie, invece, le interessate avevano proposto istanza di riesame contestando la mancanza dei presupposti per l’applicazione della misura ed il tribunale aveva accolto l’istanza di riesame relativamente all’ipotizzato reato di lottizzazione abusiva, mentre aveva confermato la misura avendo riconosciuto sussistente il fumus del reato di abuso d’ufficio.

Relativamente al fumus del reato di abuso d’ufficio, pertanto, si era formato il giudicato cautelare sicchè non poteva più essere contestata la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura bensì soltanto il sopravvenire di fatti nuovi che avessero fatto venire meno il suddetto fumus.

Quanto al secondo motivo, si osserva che, per pacifica e consolidata giurisprudenza, poichè l’eccezione di illegittimità costituzionale può essere sollevata dalle parti in ogni grado del giudizio, senza preclusioni, non sono ammissibili i motivi di impugnazione con i quali si contesta la decisione del giudice del grado precedente di dichiarare la manifesta infondatezza o l’inammissibilità di una questione di legittimità costituzionale, proprio perchè tale questione può essere riproposta nei gradi successivi. Sono quindi irrilevanti le considerazioni con le quali le ricorrenti eccepiscono la manifesta illogicità o l’erroneità della motivazione con la quale il tribunale del riesame ha respinto la questione. La parte, infatti, può proporre ex novo la questione e soltanto su tale questione come riproposta deve decidere il giudice dell’impugnazione.

Con il ricorso per cassazione le ricorrenti hanno eccepito l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 117 Cost. nonchè alle norme ed ai principi della CEDU, dell’art. 322 bis cod. proc. pen.. Rilevano che questa disposizione, nella parte in cui, in tema di misure cautelari reali, riserva al tribunale in composizione collegiale la decisione sull’appello, senza tuttavia prevedere un collegio diversamente ubicato allorquando l’ordinanza impugnata promani dal tribunale in composizione collegiale sedente nello stesso ufficio giudiziario.

Va ricordato che la L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, prescrive che le parti debbano indicare i termini ed i motivi o i profili dell’istanza con la quale sollevano la questione di legittimità costituzionale. Nella specie, con il ricorso per cassazione, non sono stati in alcun modo indicati nè i profili sotto i quali o i motivi per i quali la disposizione dell’art. 322 bis cod. proc. pen., sarebbe in contrasto con le disposizioni costituzionali solo genericamente indicate, nè tanto meno gli specifici termini nei quali l’eccezione viene proposta. Quanto alla violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, poi, non sono state nemmeno indicate le norme interposte della Cedu con cui si profilerebbe il contrasto.

L’eccezione di illegittimità costituzionale è pertanto inammissibile per genericità e per mancanza dei presupposti richiesti.

Quanto al terzo motivo, va innanzitutto rilevato che la censura di manifesta illogicità della motivazione, contraddetta dalla risultanze cartolari, è inammissibile perchè, come è noto, con il ricorso per cassazione avverso provvedimenti in materia cautelare reale possono essere dedotti esclusivamente i vizi di violazione di legge e di mancanza di motivazione, cui è equiparata la motivazione meramente apparente.

In ordine alla presunta violazione del ne bis in idem, in relazione all’intervenuta sentenza di condanna n. 506/08 del tribunale di Latina, l’ordinanza impugnata ha correttamente rilevato che il decreto di sequestro preventivo in questione è stato confermato solo per il reato di abuso d’ufficio, con la conseguenza che l’eccezione di ne bis in idem relativa alla contravvenzione edilizia contestata è del tutto irrilevante ed inidonea ad incidere sulla eventuale revoca del sequestro.

In ordine alla eccepita insussistenza del fumus del reato di abuso d’ufficio, il tribunale del riesame ha correttamente osservato che l’eccezione è inammissibile perchè la sussistenza del fumus dell’abuso d’ufficio è coperta dal giudicato cautelare, essendo già stata oggetto di valutazione da parte del tribunale del riesame, che ha ritenuto sia l’illegittimità dei titoli abilitativi concessori sia il fumus del dolo, mentre nessun elemento nuovo è intervenuto sul punto. Esattamente, quindi, il tribunale del riesame ha rilevato che non era possibile una diversa valutazione degli elementi già acquisiti e valutati dal tribunale in sede di riesame.

In ordine alla violazione dell’art. 19 cod. proc. pen., il tribunale del riesame ha esattamente osservato che l’unico elemento nuovo, costituito dalla avvenuta separazione, in sede di udienza preliminare, della posizione del pubblico funzionario coindagato, investe una questione procedurale del tutto inidonea ad incidere sulla permanenza dei presupposti del sequestro.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali.

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