Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-06-2011) 18-07-2011, n. 28233 Condono Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 21 agosto 2010, il Tribunale di Torre Annunziata, Sezione Distaccata di Sorrento, in composizione monocratica e quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di annullamento o revoca dell’ingiunzione alla demolizione emesso dal Pubblico Ministero con riferimento ad un manufatto abusivo per la realizzazione del quale A.L. era stato condannato con sentenza divenuta irrevocabile in data 8 giugno 1999.

Avverso il provvedimento il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Deducendo la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevava che erroneamente il giudice non aveva ritenuto condonabili le opere oggetto di esecuzione nonostante la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla L. n. 724 del 1994.

Pur risultando, infatti, che alla data del 9 dicembre 1994, quindi dopo la scadenza del termine massimo per la presentazione della domanda di condono, la polizia giudiziaria aveva rilevato la esecuzione di lavori, questi dovevano ritenersi di mera rifinitura dell’immobile e non rilevanti ai fini della sanatoria, in quanto il manufatto, alla data del 31 dicembre 1993, doveva ritenersi completato al rustico.

Osservava che sulla condonabilità delle opere si era espresso favorevolmente anche il tecnico comunale responsabile dell’Ufficio urbanistica e condoni del Comune di Massa Lubrense come risultava dal verbale delle dichiarazioni rese al giudice dell’esecuzione, che allegava al ricorso.

Rilevava, inoltre, che l’impugnato provvedimento aveva violato il principio del contradditorio, non avendo il giudice accolto l’istanza di estenderlo alle figlie del condannato, attuali proprietarie dell’immobile e firmatarie delle istanze di condono.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Va in primo luogo rilevato, con riferimento alla dedotta nullità, che trattandosi di incidente di esecuzione promosso dal condannato, correttamente il giudice ha individuato lo stesso quale parte destinataria dell’avviso di cui all’art. 666 c.p.p., la cui partecipazione al procedimento di esecuzione non è peraltro necessaria, salva la possibilità di essere sentito se ne fa richiesta.

Il provvedimento impugnato individua peraltro la data di cessione del fabbricato in epoca di due anni successiva a quella del passaggio in giudicato della sentenza di condanna e la cessione medesima è irrilevante ai fini dell’esecuzione dell’ordine di demolizione impartito dal giudice con tale pronuncia, pur potendo i terzi interessati promuovere autonomo incidente di esecuzione o ricorrere agli strumenti civilistici per tutelarsi dagli eventuali effetti negativi sopportati in via pubblicistica.

Ciò posto, deve rilevarsi che corretto appare il richiamo effettuato dal ricorrente alla giurisprudenza di questa Corte circa la nozione di ultimazione delle opere che, ai soli fini del condono edilizio, corrisponde alla realizzazione del rustico completo di tamponature laterali e copertura.

Infatti, come disposto dalla L. n. 47 del 1985, art. 31, comma 2 (applicabile anche nella fattispecie), si intendono come ultimati alla data indicata "gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente".

Tale disposizione di favore, che non può trovare applicazione al di fuori del limitato ambito di operatività assegnatole dal legislatore con riferimento al condono, è stata interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che "la realizzazione al rustico del manufatto comporta che la copertura deve essere completata e i muri perimetrali debbono essere tamponati. Non costituisce completamento della costruzione al rustico la semplice realizzazione delle strutture portanti in cemento armato, senza le tamponature laterali." (Sez. 3^ n. 5452, 17 marzo 1999).

Tuttavia, proprio il richiamo a tale consolidata giurisprudenza rende evidente che, nella fattispecie, le opere non potevano considerarsi ultimate al rustico.

Determinanti, a tale proposito, appaiono non solo i riscontri della polizia giudiziaria valorizzati dal giudice, ma soprattutto la stessa descrizione dell’intervento risultante dal ricorso e dal verbale allegato allo stesso.

Risulta infatti che l’intervento edilizio recava una copertura in "lamiere coibentate".

Tale tipologia di copertura non può certo ritenersi definitiva e completa con riferimento ad un manufatto in calcestruzzo e muratura destinato a civile abitazione, come emerge dalle dichiarazioni del tecnico comunale il quale, nel riferire sugli importi autoliquidati a titolo di oblazione, indica tra i coefficienti di riduzione quello "per la prima casa" (F. 7 verbale allegato al ricorso).

La presenza della copertura provvisoria e non definitiva impedisce, pertanto, che un manufatto per il quale sia richiesto il condono edilizio possa ritenersi ultimato al rustico.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *