Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-06-2011) 18-07-2011, n. 28229 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gip presso il Tribunale di Milano, con decreto del 12/11/2010, disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di n. 52 orologi, nei confronti di G.G., indagato dei reati di cui all’art. 416 c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 2, art. 646 c.p..

Il Tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi sulla istanza di riesame avanzata dalla difesa del G., con ordinanza dell’1/12/2010, ha confermato il decreto impugnato.

Propone ricorso per cassazione la difesa dell’indagato, con i seguenti motivi: -la misura cautelare reale è stata applicata in difetto dell’accertamento specifico relativo al profitto del reato associativo ipotizzato e del valore sequestrabile; il decidente, di poi, non ha considerato gli undici milioni restituiti dal G., nonchè l’insieme delle somme già confiscate agli altri associati (giudicati con rito ex art. 444 c.p.p.); rilevasi, ancora, che il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti, anche per l’intera entità del profitto accertato, ma è chiaro ed inconfutabile che essa non può superare i limiti quantitativi del profitto medesimo e che tali limiti sarebbero oltrepassati nel caso in cui non si decurtassero dal valore sequestrabile le somme eventualmente già confiscate agli altri imputati.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato.

La argomentazione motivazionale, adottata dal decidente a sostegno del mantenimento della misura cautelare reale, si palesa del tutto logica e compiuta.

La difesa del G. censura il decisum, rilevando che il Tribunale ha argomentato in presenza di un grave deficit cognitivo, riguardante i presupposti stessi del sequestro per equivalente, ovvero la quantificazione del profitto e la quantificazione del valore sequestrabile, pronunciandosi sulla scorta di dati in parte erronei e in parte mancanti.

Il Tribunale evidenzia che il p.m. ha specificato il valore sequestrabile, posto che nella imputazione, di cui alla richiesta di rinvio a giudizio, ex art. 416 c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, il provento dei reati contestati è stato indicato nella somma di 27 milioni di Euro e che, pertanto, l’importo di 11 milioni di Euro, restituito dal prevenuto, di certo non copre la predetta somma.

Peraltro il quantum confiscato ai correi, a seguito delle sentenze di patteggiamento, unitamente al valore dei beni sequestrati al G., sommati ai predetti 11 milioni da costui versati, non andrebbe a coprire il provento, frutto dell’attività illecita, contestata al prevenuto, e ciò vale già a ritenere correttamente mantenuta la misura cautelare reale.

Si osserva, di poi, che con la legge finanziaria del 2008 è stata estesa la applicazione dell’art. 322 ter c.p. anche ai delitti tributari, in specie a quelli previsti al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11.

Il dettato legislativo stabilisce, nel caso di condanna o di sentenza di applicazione della pena, ex art. 444 c.p.p. e segg. la confisca obbligatoria dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo della attività illecita, salvo che essi beni appartengano a persona estranea al reato.

Un primo aspetto innovativo rispetto al modello di cui all’art. 240 c.p. è da individuarsi nell’obbligo della confisca anche del profitto del reato, che, ai sensi della disciplina generale, sarebbe, invece, facoltativa.

L’art. 322 ter c.p.,, comma 1, in particolare, equipara prezzo e profitto quali oggetto di confisca ed è da osservare come i concetti di prezzo e profitto non abbiano, agli effetti della citata disposizione codicistica, esattamente lo stesso significato che viene loro attribuito in sede di interpretazione dell’art. 240 c.p., in quanto essi indicano complessivamente qualsiasi utilità, economicamente valutabile, immediatamente o mediatamente derivante dalla condotta illecita posta in essere, ossia il frutto del reato stesso, ciò che si ottiene direttamente dal commetterlo, o, indirettamente, da un successivo reimpiego di quanto ricavato dall’averlo commesso.

Di poi, questa Corte ha avuto modo di affermare che in caso di pluralità di indagati, qualora nella impostazione accusatoria non sia possibile individuare la quota di prezzo o profitto attribuibile al singolo prevenuto, il sequestro preventivo può essere adottato, per l’intero importo, nei confronti di ciascuno dei concorrenti, in vista della eventuale futura confisca, destinata, comunque, ad operare in termini differenziati tra i concorrenti o in solido, e, quindi, senza duplicazione dell’importo da confiscare; sicchè la misura cautelare in vista della confisca per equivalente e la confisca operano su piani differenti, posto che la prima ha natura provvisoria, ragion per cui, in fase cautelare, non può eccepirsi che si sia determinata una duplicazione tra quanto sequestrato e quanto, già, confiscato agli altri correi (Cass. 30/7/07, n. 30966).

Quanto rilevato permette di ritenere corretta la ordinanza, resa dal Tribunale di Milano, con cui si è confermato il mantenimento del vincolo reale.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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