Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-12-2011, n. 26243 Assemblea dei condomini

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 25 gennaio 1998, la signora V.M., quale proprietaria di un’unità immobiliare sita nel condominio di (OMISSIS), di Roma, conveniva quest’ultimo dinanzi al Tribunale di Roma per sentir dichiarare la nullità della delibera adottata, in data 22 ottobre 1998, dall’assemblea dei condomini relativamente al punto n. 1 dell’ordine del giorno, denunciando la violazione dell’art. 1135 c.c., nn. 2 e 3, poichè l’assemblea non aveva alcun potere e/o legittimazione di revisionare i bilanci condominiali di dieci anni prima già regolarmente approvati. Nella costituzione del convenuto condominio, il tribunale adito, con sentenza del 1 luglio 2001, rigettava la domanda.

A seguito di rituale appello interposto dalla suddetta V. M., la Corte di appello di Roma, nella resistenza dell’appellato condominio, con sentenza n. 1214 del 2005 (depositata il 16 marzo 2005), rigettava il gravame e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

A sostegno dell’adottata sentenza, la Corte territoriale confermava la correttezza della declaratoria di inammissibilità della domanda nuova, siccome proposta tardivamente, relativa al mancato inoltro dei documenti giustificativi delle spese effettuate negli anni per i quali si era ridiscussa l’approvazione, e, inoltre, rilevava che l’assemblea condominiale era pienamente legittimata ad adottare la delibera impugnata, non essendo ravvisabile, nella specie, alcuna contrarietà alla legge o al regolamento.

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la V.M., articolato in due motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimato Condominio, il quale, a seguito di ordinanza interlocutoria depositata il 25 febbraio 2011, ha prodotto la delibera assembleare (del 9 maggio 2011) autorizzativa a resistere nel presente giudizio.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 35 reg. cond., art. 1105 c.c., e art. 1135 c.c., nn. 2 e 3, art. 183 c.p.c., nonchè per contraddittorietà della motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). In particolare, con tale doglianza la ricorrente ha contestato la sentenza della Corte territoriale nella parte in cui aveva ritenuto inammissibile, in quanto ritenuta domanda nuova, l’eccezione dalla stessa formulata ex art. 35 reg. cond., art. 1105 c.c., e art. 1135 c.c., nn. 2 e 3, in ordine al mancato inoltro da parte dell’amministratore dei documenti giustificativi delle spese degli ascensori (risalenti al 1988) come da ella espressamente richiesto con racc. del 10 novembre 1997 e dei documenti giustificativi delle spese effettuate negli anni per i quali si era ridiscussa l’approvazione.

1.1. Il motivo è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.

Con motivazione logica ed adeguata, fondata sul riscontro degli atti processuali e sulla corretta interpretazione della domanda introduttiva del giudizio di primo grado in relazione all’oggetto dedotto, la Corte capitolina ha rilevato che, con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5, (nella versione "ratione temporis" applicabile anteriormente alla modifiche intervenute con le novelle processuali del 2005 e del 2006), la ricorrente aveva introdotto in giudizio un’ulteriore ragione di supposta nullità (relativa al mancato inoltro dei predetti documenti giustificativi) da ricondurre all’impugnativa della deliberazione assembleare oggetto della controversia, che, in quanto tale, esulava dall’ambito del contendere e, quindi, era da qualificarsi nuova e, perciò, inammissibile.

Peraltro, la Corte territoriale ha ritenuto che, nella fattispecie, non ricorressero i presupposti per ravvisare l’accettazione del contraddittorio, quanto meno in forma implicita, sulla proposta domanda nuova, ma, a tal riguardo, si rileva che, con riferimento alla controversia in questione, introdotta successivamente all’entrata in vigore della L. n. 353 del 1990 (l’atto di citazione in primo grado risulta, infatti, notificato nel 1998), non era nemmeno necessario valutare l’eventuale sussistenza di tale circostanza (invero valorizzabile solo nel regime processuale anteriore), poichè l’inammissibilità della domanda nuova era, in ogni caso, rilevabile d’ufficio (correggendosi, pertanto, per questa parte, la motivazione della sentenza impugnata).

2. Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2377 c.c., artt. 324 e 329 c.p.c., nonchè il vizio motivazionale della sentenza impugnata, avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con questa doglianza la V. allega l’inesattezza e la carenza di motivazione della sentenza oggetto di ricorso nella parte in cui era stato confermato, ancorchè implicitamente, il collegamento operato dal Tribunale in primo grado all’art. 2377 c.c..

2.1. Il motivo, ancor prima che infondato, appare inammissibile. Con una doglianza complessivamente confusa la ricorrente ha posto riferimento ad una serie di delibere assembleari (e segnatamente a quelle del 28 aprile 1989 e del 18 maggio 1989) per asseverare l’assunta fondatezza del motivo, senza riportare il contenuto delle stesse in osservanza del principio della necessaria autosufficienza del motivo stesso, onde poter desumere le eventuali violazioni prospettate. Nè la ricorrente, richiamando l’improprio riferimento al richiamo operato da Tribunale in primo grado all’art. 2377 c.c., ha svolto il motivo in modo tale da rendere intellegibile l’eventuale violazione di legge o il difetto di motivazione riconducibili alla sentenza del giudice di appello. Invero, quest’ultimo, nel riportare il contenuto del secondo motivo dedotto con il formulato gravame, ha congruamente evidenziato che, con lo stesso, era stato richiesto che la sentenza di primo grado avrebbe dovuto essere riformata in relazione alla mancata valutazione della sussistenza della manifesta violazione del disposto dell’art. 1135 c.c., nn. 1 e 2. Al riguardo va evidenziato che la Corte territoriale, con motivazione altrettanto sufficiente e pertinente, ha compiutamente argomentato sulla insussistenza dei supposti vizi di legittimità della delibera impugnata, evidenziando come il condominio avesse agito nell’ambito dei propri poteri senza ravvisare alcuna contrarietà alla legge o al regolamento e avesse legittimamente provveduto sulla revisione dei bilanci pregressi in forza della sentenza, emessa "inter partes", n. 3693/1992 del Tribunale di Roma con la quale era stata accolta parzialmente la domanda proposta dalla stessa V. con riferimento all’impugnativa della delibera de 28 aprile 1989 (a seguito della quale era stata respinta la dichiarazione di illegittimità della ripartizione riguardante le spese per la sostituzione degli ascensori).

3. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso della V. deve essere integralmente rigettato, con la sua conseguente condanna, in quanto soccombente, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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