Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-12-2011, n. 26240 Confini

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 3.5.89 ricorso G.E., proprietario di un fondo in (OMISSIS), citò al giudizio del Tribunale di Padova R.S., N. ed A., Z. G. e B.P., proprietari di fondi finitimi, al fine di sentir regolare i confini. Costituitisi i convenuti, aderirono alla domanda,chiedendo in via riconvenzionale, i R., la rimozione dei picchetti apposti dal G. e dallo Z., il B. il rilascio di una porzione di terreno occupata dall’attore e, in subordine dichiararsi la propria usucapione ad oggetto della stessa. Esteso il contraddittorio nei confronti di F.M., usufruttuaria del fondo R., ammessa ed espletata consulenza tecnica, con sentenza del 18/4-8/8/95 l’adito tribunale regolava il confine secondo la planimetria allegata alla relazione del c.t.u., ordinando al G. il rilascio di una porzione del mappale appartenente allo Z. e la rimozione di un cartello apposto su quello del B..

Avverso tale sentenza propose appello G.T., quale avente causa dall’attore da cui aveva acquistato, con atto del 9.3.92, il fondo interessato nelle vertenza, lamentando l’erroneità sotto vari profili della consulenza tecnica di ufficio,cui si era attenuto il primo giudice. All’appello resistettero sia i R., sia lo Z. ed il B..

La Corte di Venezia, dopo aver disposto ed espletato una nuova consulenza tecnica, con sentenza del 12.10.04, pubblicata il 18.3.05,dichiarava l’appello inammissibile,con condanna dell’appellante alle relative spese, rilevando il difetto d’interesse all’impugnazione, per mancanza di soccombenza della parte attrice, avendo la stessa,in sede di precisazione delle conclusioni, espressamente chiesto la delimitazione dei confini "come da perizia tecnica del c.t.u.", cui in concreto si era poi attenuto il Tribunale, così accogliendone la domanda. Avverso tale sentenza G.T. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui hanno resistito, con rispettivi controricorsi, i R. e, congiuntamente, lo Z. ed il B..

Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione degli artt. 112 e 100 c.p.c., nonchè dell’art. 950 c.c. lamentandosi che la corte di merito, pur avendo ritenuto fondata la richiesta di rinnovo della consulenza tecnica, avrebbe poi, sulla base di una "semplicistica e schematica motivazione", fraintendendo le conclusioni rassegnate in primo grado dalla parte attrice, sostanzialmente omesso di pronunziarsi sul gravame, con il quale si era evidenziato l’erroneità della determinazione dei confini suggerita dal c.t.u., sulla base del posizionamento grafico della linea di mappa, e non anche sul rilievo dello stato dei luoghi, pur risultante dalla relazione. Con il secondo motivo si lamenta che la corte veneta abbia rilevato di ufficio, così incorrendo in violazione dell’art. 112 c.p.c e art. 950 c.c., l’assunto difetto d’interesse dell’appellante. I motivi,che per la stretta connessione vanno esaminati congiuntamente,sono entrambi infondati. Dall’esame degli atti, consentiti dalla natura essenzialmente processuale delle censure, si rileva:

a) che con l’atto di citazione,introduttivo del giudiziosa parte attrice aveva chiesto, nella parte conclusiva, "la delimitazione dei confini tra le proprietà di cui sopra disponendo, se del caso, una consulenza tecnica";

b) che nelle conclusioni finali,trascritte nell’epigrafe della sentenza di primo grado, la suddetta parte aveva testualmente chiesto "voglia il tribunale delimitare i confini tra le proprietà come da perizia tecnica del c.t.u.", senza altro aggiungere;

c) che il giudice di primo grado, preso atto delle richieste, sostanzialmente conformi delle parti, aveva pertanto regolato il confine, con la conseguente statuizione restitutoria dovuta alla non corrispondenza dello stato di fatto a quello di diritto, attenendosi alle conclusioni cui era pervenuto il consulente tecnico di ufficio.

Ne consegue la correttezza del giudizio di inammissibilità pronunziato dalla corte di merito, giustificato dalla mancanza di soccombenza, sia pur parziale, della parte attrice, da valutarsi con riferimento alle richieste dalla stessa proposte sia nella fase introduttiva, sia in quella finale, del giudizio a quo, con conseguente difetto d’interesse a quell’impugnazione che, melius re perpensa, ha poi ritenuto di proporre, così contraddicendo alle posizioni assunte nel grado precedente e, peraltro, senza neppure precisare se in quella sede avesse specificamente confutato le conclusioni finali dell’ausiliare.

Tale difetto,attinente ad una condizione preliminare dell’azione prescritta dall’art. 100 c.p.c., che nel giudizio di appello assume carattere processuale e sorge dalla soccombenza, ben poteva essere rilevata di ufficio (v. per tutte S.U. n. 12637/08), come lo è stata dal giudice di secondo grado, a nulla rilevando che lo stesso avesse, in precedenza, disposto un inutile rinnovo della consulenza tecnica.

Vanamente, pertanto, il ricorrente si attarda a confutare, ancora in questa sede, le conclusioni del c.t.u. poste a base della sentenza di primo grado (peraltro, confermate da quello nominato in appello).

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio in favore dei resistenti, in misura di complessivi Euro 1.200,00 di cui 200 per esborsi per ciascuna posizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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