Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-05-2011) 18-07-2011, n. 28436 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Napoli avverso la ordinanza del Tribunale del riesame con la quale, in data 5 gennaio 2011, è stato annullato il provvedimento applicativo della misura della custodia in carcere emesso nei confronti di C.G. in relazione alla contestazione provvisoria di concorso in tentato omicidio (in danno di C. F.) aggravato L. n. 203 del 1991, ex art. 7.

Era accaduto, secondo la ricostruzione di una serie di collaboratori di giustizia, che il C. era entrato nel mirino di un gruppo costituito dai S.G. e E.N.C. e C.C., Ca.Ca. ed altri. Il gruppo di fuoco aveva deciso di utilizzare, per l’agguato, l’abitazione della madre di C.G. – nelle more ristretto agli arresti domiciliari in un diverso luogo- perchè ubicata in posizione favorevole.

Tuttavia durante l’attesa il programma aveva subito una improvvisa accelerazione per una iniziativa non prevista della vittima e il tentativo di omicidio, posto in essere da soggetti diversi da coloro che erano stati prescelti per la esecuzione materiale della azione delittuosa, non era andato a buon fine.

Il Tribunale aveva posto in risalto la contraddittorietà delle fonti dichiarative che avevano contribuito alla ricostruzione dell’attentato, con riferimento alla posizione dell’indagato C..

Si trattava delle dichiarazioni di S.G., di quelle di E.C. e Ci. e infine delle dichiarazioni di Ca.Ca..

Ebbene, le prime, affermava il Tribunale, erano state dapprima vaghe e solo in un secondo tempo di natura accusatoria; quindi apparivano tardive e per giunta de relato, sicchè era più utile analizzare direttamente la fonte delle conoscenze del S.: E. C..

Costui, al pari del fratello Ci., aveva accusato il C. di avere posto a disposizione il proprio appartamento come base logistica per l’agguato, venendo anche ad accogliere i sodali.

Invece il Ca. dapprima aveva escluso del tutto la circostanza dell’uso dell’appartamento ma poi l’aveva ammessa tuttavia negando qualsiasi coinvolgimento del C. perchè residente altrove agli arresti domiciliari.

Il Tribunale riteneva di non potere sciogliere il dubbio derivante dalle contrapposte affermazioni e annullava l’ordinanza cautelare per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza.

Deduce il PM la erronea il vizio di motivazione.

Degli indagati del tentativo di omicidio, ben quattro sono divenuti nelle more collaboratori di giustizia.

Tutti ( S.G., S.S., Ca.Ca. e E.C.) hanno fatto riferimento all’uso dell’appartamento del C. come base per la esecuzione del delitto, garantendo la stessa una buona visuale sulla casa dalla quale sarebbe uscita la futura vittima. Si discute dunque, sotto il profilo indiziario, solo della consapevolezza e volontà del C. in ordine al fatto che la casa della propria madre sarebbe stata utilizzata per la esecuzione del delitto.

In più i due E. hanno fatto riferimento anche alla presenza del C. al momento dell’ingresso del gruppo di fuoco nell’appartamento; invece Ca.Ca. la avrebbe negata.

Ebbene il PM evidenzia la illogicità del fatto di preferire il racconto del Ca. a quello concorde di altri due collaboratori, essendo anche stata misconosciuta la dubbia attendibilità intrinseca delle affermazioni del Ca. che ha dapprima negato e poi ammesso l’uso dell’appartamento dell’amico ed è stato perciò definito dallo stesso Tribunale, poco credibile.

Inoltre, per la credibilità del Ca. era stata valorizzata una circostanza del tutto irrilevante sia in astratto che in concreto, e cioè il fatto che formalmente il C. fosse altrove agli arresti domiciliari.

Infine il PM denuncia la mancata considerazione anche delle dichiarazioni di S.G. del 15 giugno 2010, descrittive della figura del C. come intraneo alla organizzazione camorristica capeggiata dai S..

Il ricorso è fondato.

E’ noto che l’intervento della Cassazione può essere utilmente sollecitato non già per una rivalutazione delle emergenze di causa ma solo se e in quanto vengano fondatamente prospettati vizi nella tenuta logica della motivazione del provvedimento impugnato o carenze argomentative su punti rilevanti.

Ebbene questo sembra il caso di specie.

Invero deve qualificarsi come manifestamente illogica, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), l’affermazione contenuta nella motivazione della ordinanza in esame secondo cui le dichiarazioni concordi e conformi di due collaboratori di giustizia circa la messa a disposizione dell’appartamento da parte del C. possono ritenersi bilanciate e neutralizzate da quelle- sul punto difformi- di altro dichiarante il quale, in ragione del cambio di versione su una circostanza fondamentale come quella dell’utilizzo o meno dell’appartamento, dapprima negata e poi ammessa, è stato definito dallo stesso Tribunale del riesame, a pag. 3, autore di dichiarazioni "intrinsecamente poco credibili".

Un secondo vizio di motivazione, nella forma della mancanza assoluta, è da individuarsi con riferimento al contenuto delle dichiarazioni di S.G., rese nel corso dell’interrogatorio del 16 giugno 2010: dichiarazioni che il Tribunale conosce e utilizza in parte qua (v. pag. 2) tralasciando però di valutarne la parte -debitamente evidenziata dal PM impugnante- in cui lo stesso S. descrive C.G. come intraneo per lungo tempo alla associazione camorristica da esso capeggiata, col ruolo di autista e, all’occorrenza, di percettore dei proventi estorsivi. Ebbene, un simile elemento indiziario non avrebbe potuto essere tralasciato ai fini di una disamina completa in ordine alla posizione del C. con riferimento alla condotta in contestazione, rilevando evidentemente l’eventuale ruolo di uomo di fiducia della organizzazione, nell’ottica di individuarne il grado di consapevole (o meno) partecipazione alla realizzazione di un reato per la cui esecuzione appariva di fondamentale importanza l’uso del suo appartamento.

In terzo luogo va sottolineata la manifesta illogicità del ragionamento col quale il Tribunale ha ritenuto di poter affermare la maggiore attendibilità delle affermazioni del Ca. rispetto a quelle degli E. in ragione di un elemento dalla valenza assolutamente incerta: il fatto cioè dell’essere il C. formalmente destinatario di una misura cautelare di arresti domiciliari in luogo diverso dall’appartamento in questione: si tratta infatti di una misura che non comporta una assoluta impossibilità di movimento per l’interessato e che, anche se rispettata, non avrebbe potuto dimostrare – in sè- una ragionevole assenza di consapevolezza, da parte del ristretto, in ordine all’effettivo uso dell’appartamento in suo possesso.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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