Cass. civ. Sez. VI, Sent., 06-12-2011, n. 26236 Somministrazione di energia elettrica Consumatori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p. 1. Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 1 giungo 2010, ha accolto l’appello proposto dall’Enel Distribuzione s.p.a. avverso la sentenza del Giudice di Pace di Barra, che aveva accolto la domanda di D.B., intesa ad ottenere il risarcimento del danno da responsabilità contrattuale derivato dall’avere dovuto sborsare le tasse postali per il pagamento delle bollette di energia elettrica, in conseguenza dell’inadempimento da parte dell’Enel alla Delib. 28 dicembre 1999, n. 200, art. 6, comma 4, con cui l’Autorità per L’Energia Elettrica ed il Gas (A.E.E.G) aveva imposto agli esercenti il servizio di distribuzione e vendita dell’energia elettrica e, quindi, all’Enel, di "offrire al cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta". p. 2. L’appello dell’Enel si era articolato, per quanto interessa riferire ai fini della presente decisione, con l’assunto che nella specie l’art. 6, comma 4, non aveva avuto efficacia integrativa del contratto ed il Tribunale ha accolto tale prospettazione ed ha, in particolare escluso che detta efficacia si fosse dispiegata ai sensi dell’art. 1339 c.c., sia per la genericità della delibera, sia perchè l’efficacia integrativa non si poteva ad essa riconoscere in quanto era prevista per la sua inosservanza l’irrogazione di sanzioni pecuniarie, sia in fine perchè l’autorità non aveva richiamato in essa la L. n. 481 del 1995, art. 37. p. 3. Avverso la decisione del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi la D..

Ha resistito con controricorso l’Enel servizio Elettrico s.p.a.

(nella duplice qualità, giusta i riferimenti ai relativi atti notarili, di procuratrice speciale dell’Enel Distribuzione s.p.a. e di beneficiaria del ramo di azienda di quest’ultima costituito dal complesso di beni e rapporti, attività e passività relativi all’attività di vendita di energia elettrica a clienti finali).

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

p. 1. Con il primo motivo di ricorso si deduce "violazione o falsa applicazione della L. 14 novembre 1995, n. 481, art. 2" e vi si prospetta la tesi che tale norma avrebbe conferito all’A.E.E.G. il potere di integrare i contratti di somministrazione dell’energia elettrica e del gas.

Con il secondo motivo si denuncia "violazione e falsa applicazione della L. 14 novembre 1995, art. 2, lett. H e comma 37, in relazione all’art. 1339" e vi si prospetta la tesi che la normativa ora indicata della citata legge avrebbe conferito all’A.E.E.G. il potere di integrare con le sue delibere ai sensi dell’art. 1339 c.c., i contratti di utenza in via migliorativa per l’utente".

Con il terzo motivo si deduce "difetto di motivazione i ordine ad un fatto decisivo controverso" e vi si adduce che la Delib. n. 200 del 1999 e particolarmente l’art. 6, comma 4, di essa, nonchè la Delib. n. 55 del 2000, concernenti la previsione di una modalità gratuita di pagamento ed il conseguente onere di informazione su tale possibilità, sarebbero state sufficientemente determinate, sì da imporre l’obbligo di osservanza all’Enel per il tramite dell’integrazione dei contratti di utenza.

Con il quarto motivo si deduce "violazione e falsa applicazione della L. n. 481 del 1995, art. 20", censurando l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui l’integrazione dei contratti di utenza non si sarebbe potuta verificare perchè la violazione della delibera sarebbe stata sanzionabile ai sensi della detta norma. p. 2. I quattro motivi possono essere trattati congiuntamente, afferendo tutti alla questione della idoneità dell’art. 6, comma 4, della nota deliberazione a svolgere efficacia integrativa del contratto, possono essere considerati unitariamente ed appaiono infondati al lume del precedente di cui alla decisione di questa Corte resa (a seguito dell’udienza dell’8 giugno 2011) con la sentenza n. 17786 del 2011 su un ricorso dell’Enel propositivo della stessa questione in una controversia di identico tenore decisa in senso opposto dal giudice di merito, nonchè di numerosissime decisioni rese a seguito della stessa udienza dell’8 giugno 2001 su ricorsi proposti da utenti contro decisioni di tribunali che avevano rigettato domande come quella proposta dal l’intimato.

Nella suddetta decisione (come nelle altre), alle cui ampie motivazioni il Collegio rinvia, si è anzitutto affermato il seguente principio di diritto: "Il potere normativo secondario (o, secondo una possibile qualificazione alternativa, di emanazione di atti amministrativi precettivi collettivi) dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. h), si può concretare anche nella previsione di prescrizioni che, attraverso l’integrazione del regolamento di servizio, di cui al comma 37 dello stesso art. 2, possono in via riflessa integrare, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il contenuto dei rapporti di utenza individuali pendenti anche in senso derogatorio di norme di legge, ma alla duplice condizione che queste ultime siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle stesse parti, e che la deroga venga comunque fatta dall’Autorità a tutela dell’interesse dell’utente o consumatore, restando, invece, esclusa – salvo che una previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad efficacia diretta – non la consenta – la deroga a norme di legge di contenuto imperativo e la deroga a norme di legge dispositive a sfavore dell’utente e consumatore".

Dopo di che, sempre con ampia motivazione alla quale nuovamente si rinvia, si è concluso che deve "escludersi che la prescrizione della Delib. A.E.E.G. n. 200 del 1999, art. 6, comma 4, abbia comportato la modifica o integrazione del regolamento di servizio del settore esistente all’epoca della sua adozione e, di riflesso, l’integrazione dei contratti di utenza ai sensi dell’art. 1339 c.c., di modo che l’azione di responsabilità per inadempimento contrattuale esercitata dalla parte attrice risulta priva di fondamento, perchè basata su una clausola contrattuale inesistente, perchè non risultava introdotta nel contratto di utenza.

La stessa decisione (lo si rileva per completezza), avuto riguardo al riferimento della sentenza allora impugnata ad una integrazione per effetto della deliberazione dell’A.E.E.G. anche ai sensi dell’art. 1374 c.c., ha ribadito che al riguardo valgono le stesse considerazioni svolte a proposito della inidoneità a svolgere la funzione di cui all’art. 1339 c.c., soggiungendo, altresì, che "Mette conto di osservare, tuttavia, che la pertinenza nella specie dell’istituto di cui all’art. 1374 c.c., sembrerebbe doversi escludere, poichè la norma postula l’integrazione del contratto con riguardo ad aspetti non regolati dalle parti e, quindi, svolge tradizionalmente una funzione suppletiva e non di imposizione di una disciplina imperativa, come accade per l’istituto di cui all’art. 1339 c.c." e che "Nella logica del sistema di cui alla L. n. 481 del 1995, la previsione del potere di integrazione del contratto di utenza, esercitarle dall’A.E.E.G. nei sensi su indicati, è certamente espressione non di supplenza, ma di imposizione di un regolamento ritenuto autoritativamente dovuto".

E’ da rilevare che nella memoria di parte ricorrente si prospetta del tutto infondatamente una sorta di contrasto fra la giurisprudenza di questa Sezione innanzi citata circa l’inidoneità per indeterminatezza della Delib. 200 del 1999 ad integrare i contratti di utenza e la decisione di cui a Cons. Stato n. 2507 del 2010 che ha confermato la validità della sanzione irrogata dall’A.E.E.G. all’Enel per l’inottemperanza alla nota delibera. Ciò, ad avviso del ricorrente evidenzierebbe che la delibera è stata considerata determinata dal giudice amministrativo ed indeterminata da questa Corte. L’assunto è infondato: è sufficiente rimandare parte ricorrente alla lettura del paragrafo 3.7. della motivazione di Cass. n. 17786 del 2011, dove si spiega che la nota delibera assegnava un obbligo di perseguimento di un risultato la cui inosservanza era sanzionarle dall’A.E.E.G., come lo è stata. p. 3. Sulla base del citato precedente e di quelli identici formatisi a seguito dell’indicata udienza il ricorso dev’essere rigettato, perchè il dispositivo della sentenza impugnata appare corretto in base alla prima motivazione enunciata dal Tribunale. p. 4. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro seicento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

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