Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-05-2011) 18-07-2011, n. 28425

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propongono ricorso per cassazione C.S. e C. F. avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli in data 9 ottobre 2009 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna per il reato di ingiuria in danno di N. S., fatto del (OMISSIS) (prescrizione 21/5/2011 per 828 gg. di sospensione).

Gli imputati sono stati accusati di avere proferito all’indirizzo del N., col quale era nata una discussione a proposito di lavori eseguiti sul muro di confine, la frase "vatti a ricoverare, non ci stai con la testa".

Deducono:

la erronea applicazione della legge penale ( art. 594 c.p.) e il vizio di motivazione anche nella forma del travisamento della prova.

La frase in questione era prova di attitudine offensiva e la Corte d’appello, alla quale la questione era stata posta, ingiustamente l’aveva pretermessa con una motivazione apodittica.

Invero la difesa aveva sostenuto che la frase era stata pronunciata con un seguito e cioè unitamente alla affermazione "il muro è mio".

Essa costituiva la replica al fatto che la persona offesa, in lite da tempo con i vicini per la gestione del muro di confine (come accertato nella sentenza di primo grado) aveva fatto rimostranze perchè i prevenuti avevano applicato piastrelle sulla facciata del muro prospicente la loro proprietà.

Non si era trattato dunque di una affermazione fine a sè stessa e di natura quindi solo offensiva ma della ovvia replica dei ricorrenti ad una pretesa assurda della controparte.

In altri termini, se la frase fosse stata contestualizzata, come la giurisprudenza di legittimità pretende si faccia, anche la rilevanza penale della frase sarebbe rimasta automaticamente esclusa.

Si trattava infatti di una espressione strettamente connessa e funzionale a liti di natura squisitamente civilistica mentre la Corte, senza motivazione alcuna, aveva escluso tale circostanza.

Il ricorso è fondato.

Non risulta escluso neppure nella sentenza impugnata che le frasi di cui alla imputazione furono pronunciate fra le parti nell’ambito di una discussione causata dalla esecuzione dei lavori sul muro di confine: la persona offesa, si legge in sentenza, aveva contestato il diritto dei C. di eseguire i detti lavori. La discussione vedeva entrambe le parti ricorrere a toni alterati e per sua natura "poteva risolversi in sede civilistica".

Nella sentenza di primo grado si legge, poi, che già in passato si erano verificati episodi simili a proposito della apertura, sul muro divisorio delle proprietà, di canaline necessarie ai C. per far passare fili elettrici e poi richiuse su insistenza de N..

Ciò dimostra che il muro era oggetto di continui scontri e che i C. avevano inteso apporre le piastrelle sul muro quali migliorie per impedire infiltrazioni.

Da tutto ciò discende che il giudice a quo non si è attenuto ai principi in materia formulati dalla giurisprudenza di questa Corte , principi secondo cui al fine di apprezzare la lesività di detta espressione, è necessario contestualizzarla e cioè rapportarle al contesto spazio-temporale nel quale è stata pronunciata, avuto riguardo allo standard di sensibilità sociale del tempo (Rv.

239109).

Invero proprio nelle motivazioni esibite si da atto della ragione della contrapposizione verbale, da individuarsi nella assoluta diversità di vedute circa la gestione del muro di confine.

Nel caso di specie, cioè, risulterebbe sganciata dal resto del tessuto motivazionale, la considerazione che la espressione di cui alla imputazione esulerebbe dalla diversità di vedute sulla questione civilistica.

La Corte di merito quale giudice del rinvio dovrà rinnovare il proprio giudizio valutando se i C., con la frase incriminata, si siano trovati nella condizione soggettiva e oggettiva di sintetizzare una giustificata e congrua critica a quella a loro volta ricevuta dal N., e cioè se i ricorrenti abbiano o meno inteso qualificare la tesi del contraddittore come assolutamente pretestuosa, con un riferimento cioè più alla oggettività della pretesa di costui che a caratteristiche realmente soggettive della persona offesa: e ciò nella prospettiva di valutare la esistenza o meno della portata offensiva delle espressioni, atteso il contesto nel quale esse sono state pronunciata e tenuto conto altresì che non è comunque dedotto il travalicamento del limite della continenza.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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