Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-04-2011) 18-07-2011, n. 28245 Affidamento in prova Riabilitazione e cura

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 23.09.2010 il Tribunale di Sorveglianza di Catania rigettava la istanza proposta da F.M. volta alla concessione del beneficio di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94 (affidamento in prova al servizio sociale con finalità terapeutiche). A sostegno della decisione il giudice territoriale deduceva che l’istante era stato condannato, per il reato di cui all’art. 628 c.p., commi 1 e 3, nonchè per il reato di cui alla L. n. 895 del 1967, artt. 2, 4 e 7, commessi in (OMISSIS), alla pena di anni 8 di reclusione e che residuavano da espiare, al momento della decisione, anni 4, mesi 3 e giorni 12 di reclusione, di guisa che ricorrevano nella fattispecie cause ostative alla concessione del beneficio e cioè il titolo del reato, compreso tra quelli di cui all’art. 4 bis O.P. ed il limite di pena da espiare, superiore ad anni quattro.

A parte ciò riteneva altresì il Tribunale di motivare il rigetto anche nel merito, rilevando: che l’interessato non aveva preso alcuna iniziativa per risarcire il danno, notevole, cagionato dalla sua condotta delittuosa, che nel 2001 e nel 2002 si era reso interprete di altre condotte delittuose (estorsione ed usura); che permanevano frequentazioni con pregiudicati da parte dell’interessato, notizie tutte, quella appena sintetizzate, che non consentirebbero una prognosi positiva in ordine al futuro comportamento del F..

2. Ricorre per cassazione il F., assistito dal difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza anzidetta sulla base di due motivi di impugnazione.

2.1 Col primo di essi denuncia, in particolare, la difesa ricorrente violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94 e L. n. 354 del 1975, art. 4 bis, sul rilievo che: detta norma va interpretata nel senso che il riferimento all’art. 4 bis O.P. deve tener conto della sua intera disciplina e, quindi, dei profili di favore che ne collegano l’inapplicabilità al collegamento dell’interessato con la criminalità organizzata, circostanza non ricorrente nel caso di specie, con la conseguenza che, anche il limite temporale da espiare, verrebbe in questo caso meno.

2.2 Col secondo motivo di ricorso lamenta la difesa ricorrente difetto di motivazione nell’ordinanza impugnata posto che:

– lo stato di alcoldipendenza è nella fattispecie sicuramente accertato e curato dal 2008;

– nulla ha detto il tribunale sulle necessità di tutelare il diritto alla salute dell’istante;

– il carico pendente risale ad un decennio or sono e non può pertanto essere richiamato ai fini dell’attualità del pericolo di reiterazione;

– i detti precedenti sono pendenti ancora nel primo grado di giudizio e non è detto affatto che si concludano con condanne;

– da allora comunque l’interessato ha cambiato vita, si è sposato ed ha trovato lavoro;

– la frequentazione con pregiudicati non corrisponde a verità ed è articolata con formula di stile, generica ed aspecifica;

– la carcerazione interromperebbe il programma terapeutico con grave danno sociale ed alla salute.

3. Il P.G. in sede ha depositato articolata requisitoria scritta chiedendo che venga dichiarato inammissibile il ricorso.

4. La doglianza è infondata.

Ed in vero le ragioni di censura si appalesano generiche per un verso e di merito per altro verso.

Quanto al primo profilo giova richiamare il disposto normativo del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 94, un forza del quale l’affidamento in prova in casi particolari può essere concesso soltanto quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua, non superiore ad anni sei ovvero non superiore a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente un reato di cui all’art. 4 bis O.P.. Orbene, nel caso si specie il reato in espiazione, previsto e punito dall’art. 628 c.p., aggravato dai comma 1 e art. 3 c.p. e dall’uso delle armi, rientra tra quelli a vario titolo richiamati dalla disciplina di rigore di cui all’art. 4 bis O.P. e l’istante, inoltre, al momento della domanda, non vantava il requisito del tempo da espiare nei limiti di anni quattro (la circostanza è pacifica).

Di qui la mancanza di requisiti oggetti vi e soggettivi per il riconoscimento dell’invocato provvedimento che correttamente il tribunale ha rigettato.

Nè può darsi credito alla tesi giuridica illustrata con l’impugnazione ed innanzi sintetizzata, dappoichè il richiamo operato dalla norma di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94, all’art. 4 bis O.P. deve essere inteso riferito esclusivamente ai delitti ivi contemplati e non già anche alla particolareggiata regolamentazione ad essa norma affidata dal legislatore (per casi analoghi: Cass., sez. 1^, 13.1.2010, n. 5486, rv. 246119; Cass., sez. 1^, 13.5.2010, n. 24175, rv. 247948).

Il secondo motivo di doglianza, relativo al merito del provvedimento, rimane assorbito dalla ragione pregiudiziale dell’assenza dei requisiti necessari per l’accoglimento della domanda.

5. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali a mente dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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